Facciamo pace con la Terra

da | 22 Apr 2020

Un’azione globale per una nuova democrazia della Terra. La proposta, nel 50° Earth Day, arriva da una rete di 500 organizzazioni da 50 Paesi del mondo

Comunicato di Navdanya Internetional per la Giornata Internazionale della Terra, 22 aprile 2020

Nella cinquantesima Giornata della Terra, una ampia rete di associazioni, attivisti e comitati da tutto il mondo propone impegni precisi per la salvaguardia del pianeta e per il passaggio “a un paradigma in cui la responsabilità ecologica e la giustizia economica siano il fondamento per la creazione di un futuro sano e prospero per l’umanità”.

Navdanya International, Naturaleza de Derechos, Health of Mother Earth Foundation – HOMEF, insieme a 500 organizzazioni e reti da 50 paesi hanno infatti lanciato oggi un comunicato planetario e un appello all’azione urgente, perché la salute e il benessere di tutti i popoli e del pianeta vengano posti al centro di tutte le politiche governative e istituzionali, della costruzione della comunità e dell’azione civica. All’appello, sottoscritto anche dalla presidente di FederBio Maria Grazia Mammuccini, hanno aderito, tra gli altri, Vandana Shiva, Adolfo Perez Esquivel, Maude Barlow, Patrizia Gentilini, Carlo Triarico, Lucio Cavazzoni. 

 “La Pandemia del Covid-19 – si legge nella nota diffusa dalla rete – rappresenta un allarme che la Terra ha lanciato all’umanità. Siamo una cosa sola con Terra, non siamo separati da essa, non siamo i suoi dominatori, proprietari e conquistatori, non siamo superiori ad altre specie, come il dogma antropocentrico vorrebbe farci credere. Questa pandemia non è un ‘disastro naturale’, come non sono disastri naturali l’estinzione delle specie e i fenomeni climatici estremi. Le epidemie emergenti sono antropogeniche provocate dall’agire umano”.

Per una nuova democrazia della Terra

A partire dunque da queste considerazioni, gli aderenti all’appello si sono impegnati per una nuova “democrazia della Terra”. Che si traduce in impegni e ricette molto concreti. 

Per quanto concerne l’alimentazione, “la promozione di cibo locale, biologico e sano attraverso sistemi e culture alimentari biodiverse locali e di economie di cura (mercati agricoli, biodistretti, gruppi solidali di acquisto- CSA)”, si chiede di “disincentivare l’industria del cibo spazzatura e i sistemi alimentari malsani basati su prodotti tossici e nutrizionalmente vuoti” e “porre fine al sistema delle monocolture, delle manipolazioni genetiche e degli allevamenti intensivi di animali che provocano la diffusione di agenti patogeni e resistenza agli antibiotici”.

Allo stesso tempo, per tutelare la bioversità bisogna “fermare la deforestazione, che si sta espandendo in modo esponenziale attraverso monocolture industriali per gli interessi delle multinazionali”, “praticare un’agricoltura sostenibile basata sull’integrazione della diversità delle colture, degli alberi e degli animali” e ancora “conservare, coltivare e rinnovare varietà di semi tradizionali in grado di preservare la biodiversità e quindi la diversità necessaria alla nostra salute: una banca di semi viventi e non un ‘museo’ del germoplasma”. 

Sul tema della salute pubblica, ancora più urgente in questo momento di pandemia globale, è necessario secondo i firmatari dell’appello “valutare i costi reali dei danni alla salute e all’ambiente causati dalle sostanze chimiche da parte delle istituzioni e applicare il principio del ‘chi inquina paga’ e ricordare che la salute pubblica deve avere la priorità sugli interessi corporativi. Il principio di precauzione deve essere attuato nei confronti dell’utilizzo di prodotti chimici e pesticidi nell’alimentazione e nell’agricoltura”.

Infine, l’economia: la rete chiede di “promuovere le economie circolari e locali che aumentano il benessere e la salute delle persone” e di smettere di utilizzare Crescita e Pil come misure della salute dell’economia. Il Pil si basa sull’estrazione delle risorse dalla natura e sull’accaparramento delle ricchezze dalla società. Si può invece adottare il livello di benessere dei cittadini come misura della salute dell’economia.

Il Covid19, insomma, può essere un volano per ripartire in modo sostenibile e rispettare la Terra.