A cura del Gruppo Tematico Economia&Decrescita (*)
In questi tempi molto concitati si moltiplicano e si sovrappongono tante proposte e riflessioni attorno all’ipotesi di “garantire un reddito a tutti”.
Le denominazioni sono tante Reddito di Cittadinanza, di Emergenza, Minimo, di Esistenza, di Garanzia, di Base, Universale, Incondizionato, e chi più ne ha più ne metta, ma la sensazione è che l’idea sia sempre la stessa: “garantire un reddito a tutti”.
Solitamente il dibattito fra le varie proposte si sviluppa attorno al “modo” per attuare un simile obiettivo, ragionando su chi debba essere interessato (solo i lavoratori, tutti i maggiorenni purchè si impegnino a cercare lavoro, ogni cittadino maggiorenne, ogni capofamiglia, ciascuno dalla nascita alla morte, ecc…) o su quanto debba essere l’importo da erogare, per quanto tempo, a fronte di cosa in cambio, ecc…
Nel dibattito invece non si ragiona quasi mai (e comunque mai approfonditamente) sul “perchè” sia opportuno “garantire un reddito a tutti”
Infatti da questo punto di vista la quasi totalità delle proposte è finalizzata a garantire, attraverso la disponibilità di quel reddito, il sostegno ai consumi ed in particolare in questo periodo la loro ripresa più rapida possibile ed attraverso ciò la più rapida possibile ripresa dell’economia ed il “ritorno alla normalità”.
Ai più ciò può sembrare oltremodo scontato, ma non a chi crede che quando l’emergenza sarà finita non dovremo assolutamente tornare alla “normalità di prima”.
Fra questi, ovviamente, c’è chi, come il Movimento per la Decrescita Felice, crede che l’occasione dell’attuale emergenza possa e debba essere utilizzata per costruire un modo di vivere e produrre completamente diverso da quello sempre più frenetico e dispendioso di energie e risorse cui ci siamo abituati in questi ultimi decenni. Ma soprattutto un diverso modo ed un diverso fine del nostro stare insieme come comunità e società. Noi riteniamo infatti che questa emergenza debba essere sfruttata per mettere in discussione la centralità delle relazioni conflittuali e competitive a vantaggio di quelle conviviali e cooperative, finalizzate alla ricerca ed alla costruzione del bene comune e non del profitto a tutti i costi. E che questo modo di relazionarsi non debba riguardare solo gli umani ma anche come relazionarsi con gli altri viventi (animali e vegetali), con l’ambiente in cui questi vivono (naturale ed antropizzato che sia) e con quanto di inanimato (ma pur indispensabile per la vita) esiste in questo ambiente.
Questo significa rimettere in discussione alcuni paradigmi dominanti, primo fra tutti quello della centralità dell’economia come unico modo per produrre valore, e del lavoro retribuito come motore dell’economia ed unica attività socialmente utile.
Apparentemente tutto ciò non ha nulla a che fare con il “perché” sia necessario “garantire un reddito a tutti”, a meno che non si rimetta in discussione il fatto che il reddito debba servire per “consumare” e si sostituisca questo concetto con quello di garantirsi il necessario. Ed allora si comprenderebbe che piuttosto che dare un reddito che consenta, per esempio, di pagare la bolletta del gas o dell’acqua o dell’energia elettrica, sarebbe utile garantire, gratuitamente e a tutti, un tetto, una adeguata quantità di gas di acqua e di luce, l’istruzione dei propri figli. Si tratterebbe cioè di garantire tutto ciò che è necessario (in termini di beni e servizi) per una esistenza dignitosa piuttosto che del danaro da spendere per tenere in piedi un sistema economico che fa acqua da tutte le parti.
In questa logica ogni forma di “sussidio al reddito” così come proposta attualmente in Italia, dal nostro punto di vista ha senso solo come primo passo per la realizzazione di una società e di un sistema economico nel quale la dignità dell’esistenza di ciascuno sia garantita dalla collettività a prescindere da ogni condizione e quindi indipendente dalla disponibilità di un lavoro retribuito, quale presupposto per avere accesso ai servizi e beni indispensabili per tale esistenza dignitosa. E che sia garantita non necessariamente attraverso la mediazione del denaro, ma direttamente, lasciando al denaro -al reddito di esistenza quindi- solo la funzione di facilitare l’accesso a quei beni e servizi indispensabili non fruibili altrimenti. Senza tralasciare il fatto che ove l’accesso a questi beni e servizi di base fosse garantito tramite il denaro sarebbe forte la tentazione di mercificare anche gli ultimi servizi e beni attualmente accessibili gratuitamente, con un risultato opposto a quello da noi auspicato.
Ciascuno, liberato dalla schiavitù di un lavoro che serve per sopravvivere, sarebbe nelle condizioni di compiere il dovere previsto dall’art. 4 della costituzione e cioè “il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.”
In tale contesto sarebbe possibile, per la Repubblica, riconoscere “a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto” come prevede ancora lo stesso articolo. E non sarebbe necessario alcuno sforzo a che si realizzi la previsione dell’art.41 che garantisce che “L’iniziativa economica privata è libera.” ma anche che la stessa “Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.”
In questo modo, nessuno infatti sarebbe più disponibile a barattare la propria salute e la propria sicurezza per procurarsi un reddito necessario al minimo vitale per sé o per la propria famiglia e tanto meno a rendersi complice di disastri ambientali e sociali mettendo a disposizione di aziende senza scrupoli le proprie competenze e capacità, dietro compenso, se quel compenso serve per garantirsi l’agiatezza e non la sopravvivenza. Questa garanzia inoltre libererebbe tutti dalla necessità di dover accettare retribuzioni troppo basse e/o orari e condizioni di lavoro incompatibili con la propria vita privata. Non siamo così sprovveduti dal ritenere che ciò sarebbe sufficiente per far sparire le “aziende (e persone) senza scrupoli”, come non lo erano i nostri padri costituenti che nella seconda parte dell”art.41 saggiamente prevedevano che “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali” ma, per quanto sopra lo sforzo necessario in tal senso sarà certamente limitato.
Inoltre la riduzione della dipendenza dal lavoro retribuito derivante da una simile situazione consentirebbe a molte più persone di dedicarsi ad attività di alto valore sociale ed ambientale (agricoltura di prossimità, interventi sul dissesto idrogeologico, restauro del paesaggio, attività di sostegno di categorie deboli o dell’intera comunità, ecc…) in modo parzialmente o totalmente gratuito.
Tutto ciò supera il dogma produttivista che lega la nostra sopravvivenza come individui al lavoro retribuito e alla necessità di produrre per qualcuno che in cambio ci dia un reddito con cui comprare tutto ciò di cui abbiamo bisogno o desiderio E supera quindi il dogma della crescita del prodotto interno lordo in un contesto produttivo post-industriale che sta rendendo e renderà sempre meno necessario il lavoro umano nel processo produttivo, con grandi vantaggi quindi anche sul fronte dell’inquinamento sia in maniera diretta che indiretta (spostamenti da e verso il luogo del lavoro e tutte le attività di consumo indirettamente collegati). Senza considerare che diversi studi a livello europeo ed italiano hanno dimostrato che sia il modello “Business as Usual” che il modello “Green Growth” basato sulla conversione ecologica delle attività esistenti non sono sufficienti ad assicurare una sostenibilità ambientale. Fra questi basti citare il rapporto Decouplig Debanked, recentemente tradotto da MDF e disponibile QUI piuttosto che il modello 2METE sviluppato da MDF in collaborazione con l’Università di Pisa, disponibile QUI.
Come Movimento per la Decrescita Felice, ed in particolare come Gruppo Tematico Economia & Decrescita abbiamo lungamente studiato (e continuiamo a farlo) per immaginare cosa sarebbe necessario fare per innescare un processo di questo genere, un processo cioè che superi la centralità del lavoro retribuito all’interno della nostra società. Ma soprattutto che dia alla parola “lavoro” un significato più ampio di quello di “occupazione”, spostando l’accento da “attività necessaria per procurarsi un reddito” ad “attività socialmente utile”, ed inglobando quindi tutte quelle domestiche, di cura, di impegno sociale, ecc…
Riconoscendo che se è vero che l’art.1 della nostra costituzione si apre con la frase “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.” lo fa, come già ricordato, stabilendo all’art.4 che ciascuno ha “il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.” E sicuramente le attività di cura dei nostri cari e dei più deboli, di educazione dei figli,di manutenzione della nostra casa e dell’ambiente (antropizzato e/o naturale) che la circonda, di partecipazione attiva, di volontariato, di preparazione dei pasti (compresa ove e per quanto possibile di produzione delle materie prime che a ciò necessitano), ecc… ricadono in tale casistica anche e soprattutto quando svolte in forma gratuita.
Con queste premesse, il Movimento per la Decrescita Felice ha definito un documento denominato Visione MDF su Occupazione e Lavoro disponibile QUI, la cui versione “divulgativa” è fornita dall’Opuscolo MDF su O&L disponibile QUI.
In tale documento sono affrontate anche altre tematiche oltre quelle del reddito quali quelle di un diverso ruolo del sistema formativo piuttosto che delle strutturali modifiche a quello fiscale necessarie per togliere al lavoro retribuito il centro della scena. Siamo consapevoli che si tratta di un documento ancora incompleto, un punto di partenza per la costruzione di un paradigma culturale scientificamente supportato, o da arricchire con il contributo di tutti all’interno ed all’esterno del movimento. Invitiamo quindi chiunque fosse interessato a collaborare a scrivere all’indirizzo info@decrescitafelice.it per entrare in contatto con i membri del Gruppo Tematico ed accedere a tutti i materiali preparatori sin qui prodotti.
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(*) Gruppo Tematico Economia & Decrescita MDF
Il Gruppo Tematico è nato nel giugno 2015 allo scopo di affrontare il rapporto tra Decrescita ed Economia in modo sistematico, sia a livello microeconomico (proposte economiche in ambiti specifici) che a livello macroeconomico (definizione dei parametri che possono caratterizzare uno scenario economico con un impatto ecologico sostenibile).
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