Borghi da riabitare

da | 15 Nov 2020

Un contributo di Remo RONCHITELLI, socio del Circolo di Cagliari

“Andiamo a vivere fuori città: … É l’effetto del lockdown causa Covid. Coppie di anziani o intere famiglie che – dopo mesi reclusi nei propri piccoli appartamenti in città – hanno deciso di stabilirsi in campagna o in montagna. Qualcuno sfruttando la seconda casa, altri invece con un vero e proprio investimento e relativo trasloco. E’ evidente che in molti casi si tratta di un escamotage…. Con lo smart working e il lavoro agile non è più necessario abitare in città o vicino all’ufficio. E, quindi, volete mettere affacciarsi al balcone ed essere immersi nel verde e nella natura? Non fare code per un certificato o per fare la spesa? Se però poi devo dannarmi perché la linea telefonica fa i capricci o la rete non sempre è accessibile, se mancano i collegamenti e le strade non vengono curate.. tutto diventa più difficile. L’ emergenza Covid ci sta obbligando anche a cambiamenti sociali di ampia rilevanza. Siamo preparati? “  (Il Punto di Beppe Gandolfo vedi Nota1).

Esistono poi numerosi “cittadini” che vorrebbero riorganizzare le loro vite abitando zone rurali dove sia possibile far crescere i bambini a contatto con la natura, avere cibo fresco a filiera corta ricco di sapori magari autoprodotto, spostamenti “dolci”  e un “maggior tempo di vita” per sè e la propria famiglia.

Molte famiglie giovani tentano una soluzione intermedia andando a vivere in villette singole o multifamiliari con giardino, o in piccoli condomini in aree urbanizzate vicine ai centri urbani dotati di servizi e di offerte di lavoro. Strategica per queste giovani famiglie la vicinanza di nonni e parenti che costituiscono la “catena della solidarietà” necessaria per sopravvivere nel post-welfare. Ma non è facile. Ad esempio nella pianura padana questo processo che dura da molto tempo ha creato una città diffusa che ha lasciato una bassa percentuale di terreno scoperto (si parla del 60%). Che ha lasciato aree deiindustrializzate con problemi di inquinamento. Resta allora l’alternativa radicale di spostarsi da queste zone, un tempo attrattive per l’offerta di lavoro ed il livello di vita, in cerca di nuovi stili di vita e di una maggiore qualità della vita.

Ma il problema del lavoro, di un lavoro che dia reddito spendibile sul Mercato, è determinante. Quali sono i lavori possibili nelle Aree Interne Rurali? Agricoltura, allevamento, agriturismo (che poi è la cosiddetta “agricoltura multifunzionale”), servizi al turismo, smart working (possibile ad intellettuali, artisti, informatici).

Sono molti quelli che pensano di realizzare questa “nuova immigrazione” dalla Città ai Borghi, sia giovani con professionalità elevate ed alto livello scolastico, sia anziani alla ricerca di clima, salute, natura, cibo genuino, tranquillità, vita di relazione. Giovani ed anziani.

Si pone come centrale allora la necessità di una forte integrazione sociale tra questi “immigrati interni” ed i residenti, per curarne la organizzazione in modo strategicamente mirato. Come vivono lo stesso problema, cioè la mancanza di lavoro e di servizi, i residenti nelle Aree Interne Rurali?

Prendiamo come riferimento la Sardegna, la regione nella quale vivo. Su 377 Comuni 315 sono al disotto dei 5.000 abitanti. Questi Comuni coprono aree molto vaste la cui biodiversità è importante mantenere come ricchezza nazionale.

Questi Comuni rischiano di sparire a causa dello spopolamento costante, soprattutto rischiano di sparire anche da un punto di vista amministrativo, perdendo rappresentanza di Sindaco, Giunta, Consiglio Comunale e relativi servizi, in quanto sotto una determinata soglia di numero di abitanti.

Questi Comuni, parlo della Sardegna, possono essere invece una grande ricchezza e l’inizio di un nuovo modello di Sviluppo Locale. Vedi le Linee Programmatiche 2016-2021 del Comune di Baradili, il più piccolo comune della Sardegna con appena 78 abitanti (Nota 2).

E’ chiaro ed evidente che la Sardegna ha bisogno di costruire, e può costruire, un suo proprio modello di sviluppo, una sua stabilità socio-economica con alta qualità della vita, diffusa a tutti i livelli (la direttrice “Equità sociale, di genere, di territorio” del PNRR), sia nelle aree altamente urbanizzate sia nelle Areee Interne.

Il modello che qui propongo è lo Sviluppo Locale basato su Comunità, che possono essere Comuni o Unioni di Comuni, dove Attori Locali si organizzano in Cooperative o Imprese di Comunità mirate alla costruzione dei Beni Comuni Locali necessari ad una alta qualità della vita per i residenti, per gli emigranti di ritorno, per i “nuovi immigrati”, e per un turismo sostenibile in equilibrio con la “Comunità Ospite”, per attrarre Imprese ad Impatto Sociale Innovative, smart workers, intellettuali e creativi.  Ci sono molti Comuni o Unioni di Comuni in Sardegna che hanno già intrapreso questa strada e tentano vie creative di uno sviluppo locale basate sulle risorse locali: Modolo, Nughedu Santa Vittoria, Villanovaforru, Fluminimaggiore, ed altri ancora.

Questo modello ancora al Territorio ed ai suoi abitanti le risorse che si sviluppano localmente, senza chiudersi ai mercati o agli scambi. Le Cooperative di Comunità e le Imprese di Comunità garantiscono nel loro statuto questa priorità “sociale” rivolta alla Comunità, pur nel rispetto di una sana amministrazione di costi e ricavi. Anche il Turismo tradizionale, oggi all’ombra della ristrutturazione imposta dalla Pandemia e della disperata ricerca di una stagione che duri più dei classici due mesi, potrebbe beneficiarne.

Il rilancio autonomo delle Aree Interne le renderebbe attrattive anche a questo tipo di Turismo, trasformato in senso sostenibile dal flusso di informazioni e relazioni che i “neoturisti” possono innescare, favorendo un turismo tendenzialmente “stanziale” con lunghi periodi di presenza. Quella sarda è una situazione regionale difficile con percentuali altissime di spopolamento, dispersione scolastica, disoccupazione giovanile ed emigrazione giovanile, crisi demografica, dipendenza alimentare, degrado ambientale e perdita di biodiversità.  Lo scoglio principale su cui si sono infrante tutte queste lodevoli iniziative è la mancanza di fondi. Nel piano Operativo SIA di Horizon 2020 si distingue tra i fondi per iniziare il Progetto Locale ed i fondi di “esercizio”, ovvero tra i fondi per il processo di start up ed i fondi che gli Attori Locali si impegnano a trovare e gestire attraverso un rigoroso studio di Fattibilità.

I Fondi Europei per lo Sviluppo Regionale mirano soprattutto a coprire la fase iniziale dei progetti. Ora altri fondi potrebbero essere disponibili, grazie al Recovery Fund lanciato da Ursula von der Leyen della Commissione Europea ed al PNRR (Piano Nazionale per la Ripresa e la Resilienza) lanciato dal governo italiano.

Come utilizzare questi fondi? Quali progetti lanciare e realizzare con questi fondi? Emiliano Deiana, presidente di Anci Sardegna (Associazione Nazionale Comuni Italiani sezione Sardegna), sindaco di Bortigiadas (SS) di 750 abitanti, ha esortato  a “guardare anche all’entroterra, dove istituzioni ed enti locali stanno facendo un grande sforzo per fronteggiare la crisi, puntando su assi importanti come innovazione, superamento del digital divide, reti e connessioni e tutela dell’ambiente” (Nota 3).

Emiliano Deiana è in contatto con Stefano Boeri (il noto architetto) per un piano di rilancio dei Comuni e delle Città. Un progetto su cui si potrebbe investire una parte dei 209 miliardi del PNRR. É necessario seguire un filone preciso su cui far convergere Fondi, Associazioni, Buone Pratiche, Know-How culturale, tecnologico e soprattutto sociologico (in primis di Sociologia Economica). Dunque quale filone potrebbe riunire tutte queste risorse verso una Innovazione Sociale che sia al tempo stesso Top/Down (Know How, Fondi, Cooperazione Politica di Stato, Regione, Comuni) e Bottom/Up (Attori Locali o “Innovatori Locali” che si impegnano direttamente a sviluppare le risorse locali ed attrarre risorse esterne, umane, tecnologiche, culturali)?

Con l’attivazione del progetto “L’Italia dei Borghi Dismessi” dal 2006 i docenti Nicola Flora (Facoltà di Architettura di Ascoli Piceno, Università di Camerino), Paolo Giardiello (Facoltà di Architettura di Napoli, Università Federico II) e Gennaro Postiglione (DPA-Politecnico di Milano) hanno avviato una collaborazione per lo sviluppo di una indagine teorica e progettuale a partire dal fenomeno della crescente dismissione dei borghi rilevabile su tutto il territorio italiano.

É il progetto portato avanti anche da Stefano Boeri, da Fabrizio Barca (SNAI), dai “territorialisti” sparsi ed attivi in Italia tra cui architetti, urbanisti, geografi e soprattutto sociologi.

In questa “Transizione dalle Città ai Borghi” (non si tratta solo di smart working, ma lo smart working può essere una grande occasione) si possono inserire tutte le buone pratiche già sperimentate sul Territorio (autoproduzione alimentare, culturale, energetica, tecnologica), una visione globale di cambiamento del sistema economico, i metodi decisionali partecipativi e consensuali su cui c’è un accordo generale.

Il progetto Team SIA Sardegna, ove SIA sta per Social Innovation Actions, è basato su un Framework Operativo proposto da Horizon2020 nel quadro delle iniziative UE sulla Coesione Sociale che potrebbe formare i “facilitatori” che andrebbero a lavoarre per circa due anni nelle Aree Interne per l’attivazione dei più svariati progetti locali, convergenti nel progetto generale di una “ripopolazione”  dei Borghi Dismessi. Che si basa su due qualità fondamentali, oggi dismesse: la cooperazione ed il decentramento.

Progetto Team SIA Sardegna

La Sardegna come Regione ha la necessità di costruire un suo proprio modello di sviluppo dopo aver verificato l’insufficienza di quelli sperimentati nel corso degli anni: il modello di sviluppo agrario basato sulla piccola proprietà contadina (ETFAS, ERSAT, LAORE, etc), il modello dello sviluppo industriale basato su poli ad alta intensità di capitale fisso, il modello sullo sviluppo del terziario legato al Turismo, oggi un modello basato sul capitale finanziario (arabo, russo, cinese…). Ma, come dimostrano altre esperienze italiane, la possibilità di attrarre investimenti globalizzati si fonda sulla capacità di uno Sviluppo Locale basato su un autonomo Capitale Sociale (Carlo Trigilia, 2006, Laterza Editori). Le necessità urgenti che richiedono azioni ed innovazioni sociali, economiche, politiche, culturali, credo siano chiare a tutti: spopolamento, dispersione scolastica, disoccupazione giovanile ed emigrazione giovanile, crisi demografica, dipendenza alimentare, degrado ambientale e perdita di biodiversità. Come risultato dello spopolamento delle Aree  Interne, oltre all’emigrazione all’estero, si ha la congestione di vecchi e nuovi centri urbani sardi, dove le persone si ammassano cercando lavori precari, come nelle megalopoli delle periferie del mondo. Tutte queste pressanti esigenze devono funzionare come Triggers (grilletti)  per far scattare azioni di rinnovamento basate sulla comune percezione del problema, cui trovare una soluzione/progetto a livello locale cioè su scala Comunale o di Unioni di Comuni. La mia proposta è quella di agire alla periferia, nelle Aree Interne dove i Triggers si manifestano con più forza, adottando come Piano Operativo il Framework SIA (Social Innovation Actions) testato da Horizon 2020 della UE (vedi Nota4). Le caratteristiche del Piano Operativo SIA sono:

  • I fondi necessari per la partenza del progetto (start up) sono quelli necessari per pagare per due anni il lavoro di un facilitatore SIA
  • il facilitatore SIA coordina un gruppo di “innovatori” che definisce un progetto, lo implementa, ne valuta (accounting) lo sviluppo
  • Il progetto deve passare un rigoroso piano di fattibilità sul piano tecnologico, finanziario, legale, operativo, di “robustezza cooperativa”

Per “robustezza cooperativa” si intende la costruzione di un Sistema (o se si vuole di una Rete) che oltre agli attori locali, coinvolga la Comunità (i “beneficiari”), le amministrazioni politiche (Sindaci, Assessori, etc), le Associazioni, tutti i possibili Stakeholders locali e globali, gli Hub culturali, scientifici, tecnologici regionali (Università, Imprese High Tech come Tiscali nell’informatica o Arborea nell’agroalimentare).

In altri termini il facilitatore SIA deve organizzare un gruppo di “innovatori” locali che implementa il progetto definito da loro stessi in un ambito “cooperativo” con l’intera Comunità di cui fanno parte.

E’ questo il punto centrale di tutta la progettazione: il coinvolgimento operativo, culturale, “politico”, economico, dell’intera Comunità di riferimento. I flussi finanziari da cui gli “innovatori” possono attingere sono vari, promiscui, differenziati: Autofinanziamento, Servizi a pagamento, prestiti di Casse di Risparmio Locali, Banca Etica, Finanza ad Impatto Sociale, Circuiti di Moneta Complementare Locale, fondi del PNRR. Come già detto, lo strumento operativo proposto agli innovatori  è la Cooperativa di Comunità o, se si preferisce, la Impresa di Comunità, previste sul piano normativo e su cui è già disponibile una consulenza adeguata (Università di Cagliari).

Il Team SIA Sardegna agisce su scala regionale, coordina le varie SIA locali e svolge i seguenti compiti:

  • Formazione dei Facilitatori SIA che devono agire nel quadro di una Transizione Ecologica di mitigazione del Cambiamento Climatico e di sviluppo della biodiversità, sviluppando le direttrici del PNRR (Rivoluzione verde e transizione ecologica; Infrastrutture per la mobilità (ad es. auto elettrica e colonnine per la ricarica); Istruzione, formazione, ricerca e cultura (è previsto un forte incremento della spesa pubblica su questo tema); Equità sociale, di genere e territoriale; Salute (il ministro italiano Speranza ha avviato una collaborazione UE sul vaccino Covid19 ed un piano di decentramento della Salute in generale)
  • Formazione sullo Sviluppo Locale, le Cooperative di Comunità o le Imprese di Comunità
  • Knowledge Base aperto e consultabile delle SIA in corso, dei case stories, dei contatti utili

Il Team SIA si prefigura come un Hub che coordina le varie esperienze nel territorio e che fornisce i facilitatori che forma e da cui riceve il know how sulle esperienze locali. Know how che poi redistribuisce sul territorio direttamente o tramite i facilitatori SIA. Il Team SIA potrebbe essere esso stesso una Coop o Impresa di Comunità (su scala regionale o bio-regionale nel caso di più hub in Sardegna, come auspicabile). Tale Coop o Impresa di Comunità sarebbe noprofit pur avendo un suo budget. La sua organizzazione sarebbe simile a quella di una Fondazione di Sviluppo di Software Open Source (e di Conoscenza) con la differenza di avviare progetti di innovazione sociale (coordinati da esperti di sociologia/antropologia/economia) anzichè di produzione informatica. Non è una scuola di formazione di imprenditori di Aziende ad Impatto Sociale ma pur sempre rivolte principalmente al Mercato. L’Hub che coordina i facilitatori ha una sua propria “ragione sociale” di essere nello ispirarsi e nel collegarsi ai progetti sulle Aree Interne proposti dai Territorialisti:L’Italia dei Borghi Dismessi di Nicola Flora e del Polimi, lo SNAI di Fabrizio Barca, da urbanisti/architetti come Stefano Boeri, da Associazioni di Comuni e di Sindaci, da Associazioni ambientaliste come Legambiente, etc.

La proposta emersa di “Riabitare I Borghi” potrebbe configurarsi come un importante progetto di Convergenza di tutte le buone pratiche sinora sperimentate: agroecologia, agricoltura multifunzioanle, albergo diffuso, sviluppo della biodiversità, turismo sostenibile, esperienziale, culturale, sportivo, turismo “stanziale” di lungo periodo per pensionati, artisti, smart-workers. La decentralizzazione delle risorse prevista da questi progetti si sposa perfettamente con la “machinery” del Team SIA basata sulla Cooperazione, che è il nucleo del Framework SIA e del relativo Studio di Fattibilità, sulla attivazione dell’intera Comunità Locale da parte degli “innovatori” SIA, sull’utilizzo di una Cooperativa o Impresa di Comunità. Tale Convergenza si realizza sul piano Politico (attraverso il ruolo dei Sindaci), sul piano Economico (lavoro locale, diffusione locale di tecnologia sostenibile, flussi finanziari basati su Casse di Risparmio o Monete Locali), sul piano Culturale (Hub umanistici, scientifici, tecologici collegati a Università regionali o reti di Imprese High Tech). In tal modo le “Innovazioni Locali” SIA possono essere l’incubazione di una Transizione Ecologica e Sociale verso un modello Economico orientato alla logica della Minimizzazione dell’Input anzichè a quella della Massimizzazione dell’Output, tipica del neoliberismo. Questa “recovery” è necessaria a causa della crisi dell’economia liberista e del pericoloso avvicinarsi dell’emergenza ambientale.

Riferimento al progetto Team SIA Sardegna di ortosociale.org:
http://www.ortosociale.org/wiki/index.php?title=Sociologia97

 

Nota1.

https://www.targatocn.it/2020/09/07/leggi-notizia/argomenti/il-punto-di-beppe-gandolfo-2/articolo/andiamo-a-vivere-fuori-citta-2.html).

Nota2. Linee Programmatiche 2016/2021 di Baradili

https://www.comunebaradili.gov.it/it/images/documenti/Linee_programmatiche_2016-2021.pdf

Nota3. Aree marine protette, patto tra enti in Sardegna – Verso una Rete per lavorare assieme su ambiente e sviluppo

https://www.ansa.it/sardegna/notizie/2020/09/19/aree-marine-protette-patto-tra-enti-in-sardegna_64870e9f-510f-4a08-b7bc-f821939bf1a1.html

Nota4. Documentazione, Framework SIA di Horizon2020:

https://www.mdpi.com/2071-1050/12/4/1441

*Il dott. Remo Ronchitelli ha vissuto in più regioni di Italia e da trent’anni frequenta la Sardegna, dove vivo attualmente come residente. Da sempre ambientalista, ha lavorato come informatico e dopo la pensione ha studiato Sociologia a Padova. Considera la Sociologia l’arte o la scienza necessarie per affrontare e risolvere i problemi attuali.