Occupazione e Lavoro: discutiamo con Mario PANSERA la visione di MDF

da | 4 Mar 2021

Un contributo del Gruppo Tematico Economia&Decrescita (*)

 

Prosegue l’attività di confronto con esperti ed opinion leader che il gruppo tematico Economia e Decrescita di MDF porta avanti da tempo per ampliare e meglio definire i contenuti della Visione O&L.

In questo caso l’interlocutore è il Prof. Mario Pansera, Docente di Gestione dell’innovazione e tecnologie per la decrescita all’Università Autonoma di Barcellona, ma da febbraio all’Università di Vigo per gestire un nuovo progetto finanziato dall’UE centrato proprio sulla transizione verso un mondo senza crescita (Prospera = prosperare senza crescita), per capire come creare delle organizzazioni che innovano senza l’imperativo della crescita.

Come di consueto qui di seguito una sintesi del confronto. In fondo all’articolo il video completo.

 

Cosa pensi della nostra Visione su “Occupazione e Lavoro”? Che suggerimenti ci puoi dare?

Sui vostri documenti non c’è nulla su cui io sia in disaccordo! Quello che serve è tradurre queste idee in proposte politiche concrete, a livello territoriale o anche nazionale, cercando di mobilitare più persone possibile.

Condivido sia ciò che dite sul ruolo e l’importanza che sono attribuiti al Lavoro Retribuito nella società occidentale (con particolare riferimento all’Italia) che il fatto che questo ruolo e questa importanza vadano ridimensionate

Per questo passo subito ai suggerimenti e stimoli circa alcuni degli elementi della Matrice Temi-Ambiti che sono al centro di mie riflessioni e studi.

Vi segnalo in particolare, rispetto al tema del “fare impresa” presente nella matrice, di un punto che vale la pena approfondire che è quello della democrazia nei luoghi produttivi, specie in Italia che ha una lunga e forte tradizione cooperativa (anche se poi alcune come la Coop poi hanno virato su un modello diverso….). Su questo c’è molto lavoro teorico da cui poter partire, ad esempio gli scritti del Prof. Iossa sul futuro del lavoro e delle cooperative.

È necessario un capovolgimento della gestione delle imprese, ad esempio come nel famoso “Lucas Plan” realizzato in Inghilterra negli anni ’70 per la riconversione della Lucas Aerospace verso prodotti più innovativi e sostenibili e verso una fabbrica auto-gestita. Nella matrice c’è troppa enfasi sull’imprenditore, ora bisogna liberarsi della schiavitù del lavoro salariato anche nelle fabbriche, in cui i dipendenti siano anche padroni. Bisogna cambiare prospettiva: non è il capitale che remunera il lavoro ma, al contrario, di fatto è (deve essere) il lavoro che remunera il capitale, pagando un interesse ai “padroni”.

Questo stesso schema si dovrebbe impiegare oggi, ad esempio per crisi come la Whirlpool a Napoli, per riconvertirla in un centro non solo di produzione ma anche di riparazione di lavatrici, a servizio ed insieme a tutto il territorio. Nazionalizzare è giusto e forse necessario, ma per farci cosa? È forse una cosa utopica, ma non più di rendere i lavoratori napoletani competitivi con quelli coreani o cinesi. vedi questo link

Tornando al fatto che il ruolo e l’importanza del lavoro (retribuito) vadano ridimensionati vi dico che per me il lavoro è un imperativo morale, anche se oggi gran parte del lavoro non è più necessario. Anzi, una ricerca in UK ha determinato che almeno il 30% dei lavori attuali sono inutili, se non dannosi (link a Bullshit Jobs di David Graeber). La domanda fondamentale è: come mai un sistema che dovrebbe essere massimamente efficiente, non solo non le alloca in modo ottimale, ma produce tanti scarti ed inutilità? Il punto è che il lavoro non è necessario per produrre beni o servizi utili, ma per mantenere un certo sistema di potere, in modo quasi feudale, specie nelle aziende molto grandi e strutturate. Di fatto, la struttura della produzione industriale è determinata dalle relazioni sociali, come dicevano già Gortz ed Illich.

D’altra parte non possiamo pensare di vivere in un mondo della decrescita senza fabbriche, però servono fabbriche che funzionino “al contrario” (rispetto ad oggi)!

Poi bisogna vedere bene dove il modello cooperativo funzioni bene e perché, studiando i tanti casi che abbiamo anche solo tra Italia e Spagna.

Per il resto si deve disincentivare il lavoro e dobbiamo ragionare su come si possa fare. Ci sono due aspetti paralleli, uno legislativo (ad es. un reddito di base o di cura) ed uno morale, perché per molti non è accettabile che chi non lavori possa guadagnare e vivere senza lavoro. Questo è un fatto proprio della nostra cultura, ad esempio nella società greca antica il lavoro salariato non esisteva proprio (tranne i soldati, per brevi periodi tempo – anche se i greci avevano gli schiavi…); così come è un’invenzione recente quella del mercato del lavoro. Non saprei quale delle due barriere sia più difficile….. ma d’altra parte il sistema attuale non è più sostenibile.

Il punto è come muoverci in modo organizzato verso un capitalismo senza crescita, che poi in realtà è dove già siamo! Non è decrescita, è recessione, ma comunque viviamo già in un capitalismo senza crescita. da cui deriva che non è vero che le due cose non possono convivere, perché già convivono  ma generando sempre più problemi e disuguaglianze![1]

Come si fa a raccontare o “vendere” questa conversione alle imprese attuali? O alle filiere (es. agro-alimentare)?

Non è una domanda facile, il mio nuovo progetto europeo mira proprio a questo, a capire come un’azienda possa innovare in un mondo senza o post crescita, e poi come possa sopravvivere o prosperare in un sistema “avverso”, tanto che spesso oggi queste aziende finiscono per fallire per l’ostilità e la competizione delle imprese convenzionali

Poi dobbiamo studiare tutte le organizzazioni “liberate”, sia dalla crescita che dal lavoro salariato. oggi c’è il caso della Rimaflow (https://rimaflow.it/ ) che però non è più una fabbrica che produce, è diventato solo un contenitore di iniziative. Oppure si deve provare a partire dalle fabbriche in crisi e vedere con i lavoratori se hanno voglia di avviare un percorso di questo tipo. Il problema è che però non siamo più abituati a lavorare in forma autonoma! Per esercitare la democrazia ci vogliono individui allenati alla democrazia, che non è il voto ma molto di più! Il voto è tipico delle società fatte di uomini armati, perché solo con la violenza la maggioranza si possa imporre sulla minoranza. Il consenso è molto diverso dal voto! Potremmo cominciare con una mappatura delle realtà alternative già esistenti.

È possibile un sistema capitalistico senza profitti? Quali sono i limiti che poi ti impone il mercato?

In primo luogo non è detto che non ci debba essere un profitto, nessuno lo nega: è piuttosto un problema di quanto profitto sia “giusto” poter fare! Anche nelle società liberali come gli USA ci sono state tassazioni marginali del 90% o anche oltre per le persone o le società, piuttosto che redditi massimi, ci vuole solo la volontà politica di imporle (o meglio di ri-proporle). Basta una riforma fiscale seria! Il profitto (o il surplus in generale) non sono incompatibili con la decrescita, però ci vogliono dei limiti.

Altro tema è quello della pianificazione economica, che è diventato un altro tabù ma che, specie con gli strumenti ed i dati oggi a disposizione, sarebbe molto efficace. Non è vero che il sistema di mercato sia sempre il più efficiente per allocare tutte le risorse, lo vediamo tutti i giorni. È un problema ideologico più che tecnico. Il modello neoliberista non ha in realtà niente di scientifico, è un modello ideologico. Ad esempio lo fa la Cina, con qualche successo!

Molte aziende già oggi non vogliono crescere per non snaturare la loro natura e la loro produzione…

Non è affatto vero che l’uomo sia “per forza” indirizzato a voler sempre crescere senza limiti: molte aziende sanno che la crescita va a scapito della qualità e del controllo, ma a volte ci sono dei meccanismi “strutturali” come quelli finanziari che “costringono a crescere”. Ci vogliono delle leggi che diano degli incentivi che favoriscano (o almeno non penalizzino) questo tipo di scelte, anche magari a livello locale.

Come possono fare queste imprese a fare sistema? Quale è la loro “complessità” massima? Fin dove possono arrivare?

Anche questa è una domanda centrale, a cui non c’è ancora una risposta. Bisogna forse provare a ridefinire cosa sia l’innovazione. Di fatto ogni grande impresa ed innovazione, alla base, è stata finanziata dallo Stato. Infatti una parte del mio progetto si occuperà di come ristrutturare le istituzioni che finanziano ed organizzano la scienza e la ricerca. Già sappiamo che alcune tecnologie non sono compatibili con la democrazia, ad esempio l’energia nucleare è compatibile solo con un regime autoritario, in cui ad un certo punto qualcuno decide qualcosa e basta (ad esempio dove mettere i rifiuti). Non sappiamo quali sono i limiti a cui possiamo arrivare, però ad esempio Linux è un grande progetto tecnologico, di altissimo livello, fatto a livello collettivo. Il primo passo è quello di democratizzare la gestione della scienza, come ci ha dimostrato anche il covid-19: di fronte alla disinformazione vista in questi mesi, è aumentata la percentuale dei no-vax! Va spiegato chiaramente che la ricerca e la scienza sono processi politici e non meramente tecnici, che devono essere aperti a meccanismi deliberativi. Questo sarebbe il primo passo.

Ci hai detto che molte imprese che “non vogliono crescere” sono in Germania: quanto dipende questo dalla loro diversa cultura, anche sindacale?

Precisamente non lo so, ma scommetto che la gran parte delle aziende nel mondo non ha voglia di imbarcarsi in progetti di crescita, lo fa perché “lo fanno tutti”. Il sindacato attuale invece andrebbe semplicemente azzerato e ripensato completamente, perché è completamente fuori tempo sulla globalizzazione, il cambiamento climatico, ecc. Il mondo della decrescita non è stato in grado non solo di creare una “egemonia culturale” (nel senso gramsciano del termine) ma neanche di “infiltrare” partiti e sindacati per portare una prospettiva diversa: non c’è stata finora nessuna attività seria di proselitismo culturale, quindi su questi temi sono tutti molto indietro. Il reddito di base certamente spiazzerebbe una grande fetta del sindacato!

Come si fa a superare quella barriera morale che ci hai spiegato prima?

Ci potrebbe volere del tempo, di solito i cambiamenti culturali e morali richiedono diversi secoli, come è sempre stato il passaggio da una tipo di società ad un’altra. Un punto importante è che MDF e gli altri movimenti della decrescita dovrebbero essere dei movimenti di lotta politica, non circoli di intellettuali, quindi proporre concrete azioni politiche, specie ai movimenti a noi più vicini, come alcuni meetup del M5S.

 

 

 

(*) Gruppo Tematico Economia & Decrescita MDF

Il Gruppo Tematico è nato nel giugno 2015 allo scopo di affrontare il rapporto tra Decrescita ed Economia in modo sistematico, sia a livello microeconomico (proposte economiche in ambiti specifici) che a livello macroeconomico (definizione dei parametri che possono caratterizzare uno scenario economico con un impatto ecologico sostenibile).

Unisciti a noi: Chiunque può entrare nel Gruppo Tematico, manifestando il proprio interesse e scrivendo la propria disponibilità all’indirizzo email: info@decrescitafelice.it

Per approfondire: I contributi, i modelli e gli articoli redatti dal Gruppo Tematico Economia & Decrescita MDF sono consultabili in questa sezione del sito