Quanta decrescita?

da | 14 Ott 2021

Un contributo del Gruppo Tematico Economia & Decrescita (*)

Che la civiltà umana stia affrontando una grave crisi  ecologica è ormai sotto gli occhi di tutti, come confermato anche dal recente ultimo rapporto dell’IPCC. In mancanza di prove storiche di disaccoppiamento fra il PIL e l’impatto ambientale, molti studiosi (e pochi politici) sono usciti dall’idea della crescita, dichiarandosene “agnostici” o dimostrando la possibilità di una “Prosperità senza crescita” (Jackson 2019) o di una  “Economia della ciambella” (Raworth 2017). Queste idee, però, non fanno i conti con la necessità non solo di non crescere più, ma di ridurre in modo significativo il nostro utilizzo di risorse ed energia, per riportare l’economia in equilibrio con il mondo vivente e migliorare il benessere umano. 

Proprio per questo il gruppo “economia e decrescita” di MDF ha elaborato un documento dal titolo “Quanta decrescita?”, che si pone il tema di “quanta decrescita” sia necessaria per riportare economie e società umane in equilibrio col nostro pianeta. Il documento è all’attenzione della cattedra UNESCO dell’università di Torino per farlo evolvere in un vero e proprio report ufficiale “accademicamente validato”, ma intanto vogliamo riassumerne e condiverne i principali risultati a cui siamo giunti.

Come premessa, possiamo dire che, secondo noi, l’obiettivo dell’Unione Europea di azzerare le emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050, è per noi un obiettivo importante ma irraggiungibile (insieme alla crescita economica) e, soprattutto, insufficiente a risolvere la grave crisi ecologica che stiamo vivendo.

Infatti, l’aumento della temperatura e le emissioni di CO2 sono solo una parte del problema in cui ci troviamo, perché in questi decenni, in tutti i Paesi del Nord Globale, abbiamo abbondantemente superato molti dei limiti legati ai principali indicatori biofisici del pianeta. Inoltre, se l’andamento del PIL può essere (in una certa misura) disaccoppiato dalle emissioni di carbonio, esso non può essere disaccoppiato dall’uso di energia e materia. Per questo motivo, a preoccuparci non deve essere solo il cambiamento climatico ma anche, e forse soprattutto, lo sforamento di tutti gli altri limiti planetari (come si vede nelle figure 1 e 2).

               

Figure 1 e 2: rappresentazione grafica e tabella descrittiva dei “Limiti planetari” (Rockström et al., 2009). Cliccare sull’immagine per ingrandirla

Quindi, per assicurare a tutti gli esseri (umani e non, presenti e futuri) “una vita giusta nei limiti biofisici del pianeta”, occorre non solo eliminare le emissioni di CO2 e di tutti i gas a effetto serra (GAS), ma ridurre “il peso” complessivo delle nostre economie per “rientrare” nei limiti biofisici del pianeta che abbiamo superato. Capire di quanto dobbiamo ridurre questo  “peso” è una questione molto complessa e non possiamo addentrarci in tutti i dettagli scientifici, ma possiamo fare riferimento ad alcuni importanti studi.

Il primo studio è quello sviluppato dal Global Footprint Network che misura da anni l’Overshoot Day, cioè il giorno del calendario in cui la domanda di risorse e servizi ecologici da parte di una popolazione in un dato anno supera ciò che il suo territorio può rigenerare in quell’anno. Come si vede nella figura 3, nonostante tutti i buoni propositi degli ultimi decenni, l’impronta ecologica provocata dalle attività umane (ossia data dall’energia e dalla materia utilizzate e dai rifiuti prodotti) è aumentata incessantemente, tanto che l’Overshoot Day continua ad anticiparsi (con l’eccezione del 2020, a causa covid-19) e nel 2021 è caduto il 29 luglio a livello globale, il 13 maggio in Italia, il 14 marzo negli USA ed addirittura il 9 febbraio per il Qatar.

            

Figura 3: Overshoot Day by Year                                         Figura 4: Overshoot Day by Country 

Partendo da questi dati, basta un semplice calcolo per rendersi conto che, per riportare l’Overshoot Day al 31 dicembre, serve una riduzione dell’impatto ambientale umano del 42% a livello globale, del 62% in Italia, del 79% negli USA e dell’88% in Qatar.

Dati 2021MondoItaliaUSAQatar
Overshoot Day29-lug13-mag14-mar9-feb
% riduz.necessaria42%62%79%88%

 

Il secondo studio invece è “A Good Life For All Within Planetary Boundaries” (Leeds 2018). Esso identifica gli indicatori più adatti per misurare uno spazio di sviluppo “sicuro ed equo”, quantifica le risorse utilizzate da ogni paese e le confronta con i sette più importanti limiti planetari, “ricalcolati” per 151 paesi.

Riprendendo l’analisi di Hickel (2018), che normalizza tutti i dati di Leeds 2018, e facendo la media di tutti gli indicatori, si può calcolare che l’Italia, che supera di più del doppio ben 5 limiti biofisici su 7, dovrebbe  ridurre il proprio impatto sulla biosfera (cioè decrescere) del 78%, semplicemente per rientrare nei propri limiti. Valori analoghi si ottengono per la Francia, la UE27 e gli USA.

Biophysical Indicators (per person per year)StatoLimiteOvershoot% riduzione
Dati Italia – 2018(a)(b)(a/b)(1-a/b)
CO2 Emissions (tonnes CO2)101,65,9483%
Phosphorus (kilograms P)50,95,3381%
Nitrogen (kilograms N)478,95,3181%
Blue Water (cubic metres H2O)515574
eHANPP (tonnes C)22,6
Ecological Footprint (gha)41,72,4760%
Material Footprint (tonnes)247,23,2669%
MEDIA – Italia4,4678%
Media Francia5,0080%
Media UE274,2777%
Media USA5,4081%

Tabella 1: nostra elaborazione su dati Hickel 2019 / Leeds 2018

 

Infine, resta da capire come la riduzione dell’impatto biofisico si traduca in riduzione di PIL. Anche questa è una domanda molto difficile, perché dipende, settore per settore se non prodotto per prodotto, dai possibili miglioramenti di efficienza, dal grado di demercificazione, dal livello dei prezzi, ecc. Tuttavia, data la stretta correlazione tra impatto biofisico e crescita del PIL, data la mancanza di prove storiche di disaccoppiamento assoluto a lungo termine del PIL dall’uso delle risorse (come misurato dall’impronta materiale) e considerato anche il fatto che tutti i modelli esistenti prevedono che tale disaccoppiamento non possa essere raggiunto nemmeno in condizioni ottimistiche (Hickel & Kallis, 2020; Vadén, Lähde, Majava, Järvensivu, Toivanen, & Eronen 2020; Vadén et al. 2020b), riteniamo di poter dire che la riduzione economica (misurata dal PIL) sarà dello stesso ordine di grandezza di quella dell’impatto biofisico. 

                         

 Figura 5: Correlazione globale tra PIL ed emissioni di CO2     Figura 6: La copertina del rapporto EEB

Ciò significherà ritornare, più o meno, ai livelli di consumo degli anni Sessanta. Deve essere chiaro, però, che questa riduzione biofisica ed economica non implicherà necessariamente una diminuzione del benessere, il quale potrebbe invece addirittura aumentare, se decideremo di operare una ristrutturazione dei nostri modelli sociali, che miri a garantire a tutti il soddisfacimento dei bisogni fondamentali. Questo tipo di riorganizzazione, del resto, è ciò che molti autori della decrescita suggeriscono ormai da diversi decenni.

Se è vero che la profondità della trasformazione necessaria può spaventare, a ben guardare, il compito che abbiamo davanti potrebbe, in realtà, essere meno arduo di quanto sembri, perché per “salvare il mondo” non serve inventare cose nuove o difficili, ma ci basta fare quello che già sappiamo, solo meno e meglio. 

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(*) Gruppo Tematico Economia & Decrescita MDF

Il Gruppo Tematico è nato nel giugno 2015 allo scopo di affrontare il rapporto tra Decrescita ed Economia in modo sistematico, sia a livello microeconomico (proposte economiche in ambiti specifici) che a livello macroeconomico (definizione dei parametri che possono caratterizzare uno scenario economico con un impatto ecologico sostenibile).

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