Una lettura decrescente della Triarticolazione Sociale di Steiner

da | 13 Gen 2022

Un contributo di Paolo FUSCO, socio del circolo di Lucca e membro del Gruppo Economia di MDF(*)

Nell’immagine di apertura (di Adrian Müller, disponibile su Pixabay) il Goetheanum, costruito su progetto di Steiner

«Comprenderemo il processo economico solo quando ci saremo resi conto che l’essere umano, nella sua vera essenza, appartiene a due mondi: il mondo della natura e il mondo dello spirito»[1]
Christopher Houghton Budd

Accostare i temi dell’economia e della spiritualità non deve apparire una forzatura; tantomeno deve essere visto come una moda, un po’ stravagante, di alcuni pensatori contemporanei – ahimè – sempre alla ricerca di trovate con cui stupire e accaparrarsi il plauso delle masse. No.

La questione viene in realtà da molto lontano. Senza voler qui scomodare Platone e i filosofi greci, per gli scopi del presente scritto è sufficiente ricordare brevemente il pensiero di Rudolf Steiner che, tra l’altro, presenta punti di contatto interessanti con la visione economica proposta da MDF.

Steiner propose negli anni ’20 un nuovo modo di concepire lo stato sociale in cui coesistono tre ambiti, le cui istituzioni, in modo paritetico e sinergico, pur occupandosi ognuna del proprio settore, contribuiscono di fatto alla salute della società nel suo insieme. Questa triarticolazione, come la battezzò egli stesso (alcuni usano il termine tripartizione), deriva direttamente da una concezione spirituale e presenta una intima corrispondenza sia con la struttura fisiologica che con la struttura animica del singolo.

In fisiologia si può parlare di:

  • Un sistema neuro-sensoriale, che identifichiamo con l’organo del cervello, con il sistema nervoso e con gli organi di senso. Collochiamo idealmente questo sistema nella testa, e lo identifichiamo con la funzione del pensare.
  • Un sistema ritmico, (sistema respiratorio e cardio-circolatorio), collocato idealmente nel torace, a livello del cuore e idealmente connesso con la funzione del sentire.
  • Un sistema del ricambio, (digerente), che collochiamo idealmente nell’addome, connesso idealmente con la funzione del volere.

L’organismo umano si dice sano, quando questi tre sistemi funzionano indipendentemente l’uno dagli altri e tuttavia in perfetta armonia tra loro. Nessuno di essi prevale o comanda gli altri due, in quanto i loro ambiti funzionali consentono loro di autoregolarsi. Questi sistemi adempiono anche a funzioni di relazione:

  • – Il sistema neuro-sensoriale (pensiero) mette in relazione l’uomo con il mondo esterno. Tramite gli organi di senso infatti noi percepiamo il mondo esterno e ci formiamo idee su di esso.
  • – Il sistema-ritmico (sentimento) ci mette in relazione con i nostri simili, verso i quali appunto proviamo sentimenti.
  • – Il sistema del ricambio (volontà) mette ognuno di noi in relazione con sé stesso: nutrendoci infatti ci prendiamo cura del nostro corpo.

L’intuizione di Steiner (che fu già di Platone) è stata che tutto questo può essere riferito non solamente al singolo organismo fisico umano, ma anche all’organismo sociale, ovvero ad una comunità di individui (a qualsiasi livello) che vivono insieme, dove avremo:

  • – Un sistema economico-produttivo che, analogamente con il sistema neuro-sensoriale, mette in relazione il singolo uomo con il resto del mondo. Il singolo ha dei bisogni, deve acquistare beni e servizi, e si rivolge al sistema economico per soddisfarli.
  • – Un sistema giuridico-amministrativo, che analogamente al sistema ritmico (sentimento) mette in relazione il singolo con i suoi simili (la legge stabilisce infatti le regole di civile convivenza e regola i rapporti tra i singoli).
  • – Un sistema spirituale-culturale (costituito dalla scuola, ma non solo) preposto a fornire conoscenze, ovvero nutrimento intellettuale, allo stesso modo in cui il sistema del ricambio fornisce nutrimento fisico.

Per avere la salute dell’organismo sociale quindi i tre sistemi, come avviene nel corpo fisico umano, devono agire in modo indipendente l’uno dall’altro. Non è possibile organizzare efficacemente la vita sociale tramite uno Stato centrale che si occupi di tutto. Se si riuscisse a suddividerne le funzioni in questi tre ambiti in modo indipendente, potremo osservare che, come avviene per le funzioni fisiologiche, esse si autoregolano, mantenendo l’organismo complessivo in armonia.

Una esposizione così sintetica non può evidentemente essere esaustiva; al momento ci preme evidenziare soprattutto alcuni aspetti relativi alla sfera economica, pur ricordando il monito perentorio di Steiner: «Il successo unilaterale di una parte è il massimo insuccesso del tutto. Perché nulla mette in pericolo la triarticolazione più della riuscita in un unico settore…». La questione sociale dovrebbe quindi essere affrontata nel suo complesso. Se qui ci si sofferma solo sull’economia è unicamente perché in questo ambito si ravvisano le analogie più evidenti con il pensiero di MDF. La speranza è che questo possa fungere da stimolo per approfondire poi anche i restanti due ambiti, politico e culturale.

STEINER E L’ECONOMIA

Chi fa politica, chi amministra il territorio, chi fa le leggi e le fa rispettare, dovrebbe occuparsi solo di questo: di ciò che rende gli uomini uguali (tra di loro e di fronte alla legge). Questo è l’ambito democratico. Altri dovrebbero occuparsi di economia, poiché il settore economico ha a che vedere con le attitudini e con le capacità dei singoli (per cui ognuno è diverso dagli altri). Se il sistema giuridico-amministrativo dovrebbe basarsi sul principio dell’uguaglianza, allo stesso modo il sistema economico dovrebbe basarsi su quello della solidarietà o fraternità e il sistema culturale su quello della libertà.

Come può il sistema economico, lasciato a sè stesso, autoregolarsi? Non è che Steiner risolva tutto con le privatizzazioni. La triarticolazione non è neoliberista. Il problema economico è l’eccessivo potere derivante dall’accumulo di denaro, che crea lobby potenti che poi possono far pressione anche in ambito politico. La soluzione è talmente semplice che in molti, oggi, potremo giudicarla impossibile (tanta è la nostra assuefazione al pensiero dominante). Eccola: il denaro deve deperire con il tempo.[2]

Il denaro è come il sangue, come linfa vitale che deve circolare. Se lo si accumula (senza investirlo), deve perdere di valore. Questo significa interessi negativi. E denaro a scadenza. Un istituto bancario pubblico (che qualcuno, come Nicolò Bellia ha chiamato “la Banca degli italiani“)[3] dovrebbe operare concretamente questa decurtazione periodica che di fatto andrebbe a sostituire TUTTE le tassazioni attuali. Niente più tasse sul reddito (IRPEF), o sulla produzione (IVA). Un’unica tassa sul denaro.[4]

Le risorse ottenute da questa tassazione verrebbero utilizzate per due scopi principali: pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici ed erogazione a TUTTI i cittadini di un reddito di cittadinanza nella misura da consentire il soddisfacimento dei bisogni primari.

Secondo Steiner, un reddito in tal senso libererebbe la contrattazione individuale del lavoratore da tutte le pressioni cui siamo abituati: non si sceglierebbe più un lavoro perché ci serve per sopravvivere (perché ciò sarebbe già garantito), ma unicamente perché ci piace. Il lavoro diverrebbe quindi reale espressione delle attitudini dei singoli.

A questo si dovrebbe aggiungere una riorganizzazione generale del settore produttivo in modo che esso sia orientato non al profitto, ma al soddisfacimento dei bisogni reali. L’economia dovrebbe in poche parole essere “guidata” dai consumatori e non dai produttori. Come? Steiner suggerisce di abolire le contrattazioni sindacali (tra imprenditori e lavoratori) ed istituire dei tavoli di confronto di categoria, non tra due, bensì tre soggetti. Accanto a imprenditori e lavoratori dovrebbero sedere anche rappresentanti dei consumatori, che avrebbero in questo modo voce diretta nelle decisioni delle aziende produttrici.[5]

Altra cosa da abolire secondo Steiner è la trasmissione ereditaria automatica delle imprese industriali.

L’imprenditore deve essere essenzialmente una persona capace, e disponibile a mettersi al servizio del bene comune. Poiché non è detto che il figlio di un imprenditore sia a sua volta capace quanto il padre, nè che voglia seguire le orme paterne, perché l’azienda di famiglia dovrebbe passare a lui di diritto? In questo caso lo Stato (cioè l’amministrazione giuridica) potrebbe intervenire e destinare la proprietà dell’azienda non al legittimo erede, bensì ad altra persona, o consorzio, che si dimostri capace di proseguire l’attività imprenditoriale. Steiner non vuole abolire la proprietà privata, l’amministrazione non potrebbe in nessun caso “statalizzare” l’impresa, ma unicamente destinarla, tra i privati, a quelli che sono più capaci di produrre quanto necessario per la collettività.

Secondo Steiner esiste già un ambito in cui questo equilibrio tra interessi privati e bene collettivo viene garantito con grande equanimità ed a cui dovremmo guardare appunto come esempio: è il caso dei diritti d’autore (che egli chiama “proprietà spirituale”). Trascorsi un certo numero di anni dalla morte dell’autore, i diritti passano dalla famiglia degli eredi alla collettività (attenzione: non allo Stato!) che può disporne liberamente per il bene di tutti.

Ultimo e più delicato aspetto: il diritto del lavoro dovrebbe essere di competenza della sfera giuridico-amministrativa e non di quella economica.

In ambito giuridico dovranno essere fissati tutti i requisiti universali dei contratti di lavoro (durata del lavoro, retribuzione, ferie…). Chiunque si rivolga ad un imprenditore in cerca di un lavoro, non avrebbe quindi da discutere su alcuna di queste variabili, già stabilite per legge. La contrattazione sarebbe così paritetica e (grazie anche al reddito di cittadinanza) il datore di lavoro non potrebbe più far valere la sua posizione preminente rispetto al singolo lavoratore.

Si tratta di concetti che Steiner espose nella Germania degli anni ’20 e che evidentemente devono essere attualizzati e adattati alla situazione italiana attuale, cionondimeno la base concettuale resta valida, come dimostrano molteplici esperienze che in ogni periodo hanno visto la luce anche nel nostro paese. Uno dei massimi esponenti della visione di Steiner fu Adriano Olivetti, che operò concretamente in tal senso, per quanto la situazione del tempo gli consentì.

Ma anche molti spunti che il movimento MDF ha colto, persino in pensatori più recenti, mostrano una analogia di fondo con la visione triarticolata. Ad esempio la visione di Francuccio Gesualdi esposta nel suo scritto “L’altra via“[6], giustamente citata dal gruppo tematico economia di MDF, è in piena sintonia con quanto detto sopra. La “tassazione del tempo” proposta da Gesualdi, ovvero l’obbligo per ogni lavoratore di offrire due-tre giornate lavorative mensili per opere di pubblica utilità, si può inserire perfettamente nell’istituto del reddito di cittadinanza che, anzi, ne verrebbe rafforzato.[7]

La partecipazione diretta dei consumatori alle decisioni aziendali suggerita da Rudolf Steiner, inoltre, pare strizzare l’occhio all’avversione di MDF verso le aziende multinazionali o comunque di eccessive dimensioni. Rilocalizzare e ridimensionare sembrano concetti in linea con la visione olivettiana che appunto vedeva nelle comunità locali la dimensione ottimale per esprimere questa nuova visione sociale.

E l’idea del denaro a scadenza e degli interessi negativi potrebbe facilmente essere sperimentata in un altro ambito caro da tempo alla visione di MDF: quello delle monete locali complementari. Questo avrebbe il vantaggio di provare “sul campo” l’effettiva efficacia dello strumento, in una scala, anch’essa, di “comunità locale” che consentirebbe di operare l’inevitabile messa a punto senza timori eccessivi di errori che potrebbero compromettere l’economia nazionale.[8]

Arrivati a questo punto potrebbe sorgere spontanea la domanda di cosa ne sia della questione ambientale, per noi oggi così determinante, all’interno della visione Steineriana.

Va ovviamente premesso che nel periodo in cui Steiner è vissuto (morì nel 1925) la questione ambientale per come la conosciamo noi non era ancora esplosa, gli equilibri planetari non erano ancora così irrimediabilmente compromessi e pertanto non c’era oggettivamente l’urgenza che invece avvertiamo oggi. Pur tuttavia è innegabile che la visione spirituale di Steiner comprenda, anche se sottinteso, un rigoroso rispetto per l’ambiente naturale.

Chi conosce solo un poco i principi base dell’agricoltura biodinamica che Steiner ha divulgato, sa bene a cosa ci si riferisce. Mai la natura è vista come una “risorsa” da depredare e ovunque c’è la più grande attenzione anzi a migliorare l’ambiente. Lo scopo delle pratiche biodinamiche è essenzialmente quello di migliorare la salute dei terreni. Che questo produca anche un aumento della fertilità e quindi una maggior qualità (non necessariamente quantità) delle produzioni agricole ne è la felice conseguenza.

Esistono ovviamente molte considerazioni di carattere prettamente spirituale collegate con la questione del rispetto dell’ambiente naturale, ma il loro approfondimento richiederebbe uno spazio che esula dagli scopi del presente articolo. Per chi voglia approfondire i temi della triarticolazione consigliamo la lettura del breve, ma intenso saggio di Christopher Houghton Budd citato in apertura (disponibile gratuitamente online) e, ovviamente, di una delle opere fondamentali in cui Steiner espone questa sua visione: “I punti essenziali della questione sociale”.

[1] Christopher Houghton Budd: Prelude in Economics. A new approach to economics, West Hoathly, England, 1979 – tr. it. di Bruno Paoletti Preludio in Economia. Un nuovo approccio all’economia, su www.tripartizione.it, 2012
[2] Si veda ad esempio l’articolo Una moneta decrescente per frenare l’accumulazione?
[3] Si tratterebbe di un istituto pubblico, ma non statale. Quello che chiamiamo Stato, e che nella visione triarticolata è il Sistema amministrativo-giuridico, non avrebbe niente a che fare con la sfera economica. La “Banca degli italiani”, come la chiama Bellia, sarebbe quindi una sorta di proprietà collettiva della comunità, ovvero un bene comune (si veda più avanti quanto riportato alla nota 5).
[4] Una tassa siffatta sarebbe per definizione equa e risponderebbe a pieno a criteri di progressività, poiché chi più possiede denaro (fermo) più se ne vedrebbe decurtare il valore. Renderebbe inoltre impossibile l’evasione fiscale, e quindi assolutamente certo l’ammontare del gettito fiscale su cui la comunità potrebbe far affidamento ogni anno con evidente miglioramento della programmazione economica. Quando Steiner concepì l’idea pensò ad una semplice data di emissione da stampare sulle banconote, che sarebbero state periodicamente ritirate e ristampate o aggiornate. Oggi evidentemente il meccanismo potrebbe anche essere diverso; quello che qui preme è far riflettere sulle potenzialità dell’idea, comunque facilmente adattabile alla situazione attuale.
[5] Qualcosa di simile sta già accadendo, seppur in piccola scala, con i GAS (Gruppi di Acquisto Solidale, dove i consumatori hanno voce diretta nelle decisioni del produttore e nella formazione del prezzo di vendita dei prodotti.
[6] Il testo di Gesualdi è disponibile sul sito del Centro Nuovo Modello di Sviluppo (www.cnms.it)
[7] Tutta la visione di Gesualdi, ed anche di MDF, tende a rivalutare il concetto di Beni comuni. La triarticolazione sociale di Steiner, pur usando una terminologia diversa, non si discosta molto da questa sensibilità.
[8] Un esempio che va in questa direzione è quanto propone Andrea Saroldi nell’articolo “Come potrebbe funzionare” raggiungibile a questo link. Anche se il tasso di deperimento proposto da Saroldi (-1% settimanale) è enormemente maggiore di quello proposto dagli antroposofi (circa -0,8% mensile), è tuttavia un buon esempio di come conciliare denaro deperibile e monete locali.

(*) Gruppo Tematico Economia & Decrescita MDF

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