Tino Aime: la solitudine della bellezza che ci hanno rubato

da | 11 Gen 2012

“Considerate se questo è un uomo”, scrisse Primo Levi introducendo il suo diario tristemente universale, battuto a macchina al ritorno da Auschwitz nelle notti insonni trascorse nell’ufficio del suo primo impiego, in valle di Susa. La stessa valle alpina che mezzo secolo dopo sarebbe divenuta famosa per la battaglia popolare No Tav è anche l’osservatorio privilegiato di un grande artista, Tino Aime, amato da scrittori vicinissimi a Primo Levi, come Nuto Revelli e Mario Rigoni Stern. Un singolare sodalizio lo ha legato ad autori popolari, da Mario Soldati a Nico Orengo, fino a indagatori più appartati come Francesco Biamonti, Davide Lajolo, Massimo Mila, affascinati dal talento visionario di un artista antropologo, perdutamente innamorato delle invisibili periferie del mondo.

Cosa c’era, già allora, di tanto insolito e straordinario, nella pittura solitaria di Aime? Oggi ce lo rivela giorno per giorno la grande crisi: in quei dipinti Tino Aime abita ancora un mondo autentico, frugale e fragrante. Un umanesimo elementare, di cui soffriamo quotidianamente la dolorosa estinzione. Tino Aime ne registrò l’eclissi nelle vaste latitudini del “mondo dei vinti”, la montagna povera e incantata: niente vette, nessuna cartolina, nemmeno l’ombra di torrenti scroscianti. Piuttosto, un lunghissimo backstage, raffinato e rarefatto, senza bisogno di didascalie: unico suono, la carezza della neve. “I segni del silenzio”, proprio loro, danno il titolo alla grande mostra antologica che il Museo Nazionale della Montagna di Torino dedica all’arte di Aime. Curata da Angelo Mistrangelo, la personale propone anche opere ormai storiche, dei primi anni ’60, quando l’allora giovane artista cuneese cresciuto al cenacolo di Idro Colombi respirava l’aria della Torino di Casorati, come testimoniano le “Periferie” dipinte nel 1978: pietà civile e orgoglio operaio di sobborghi assediati dagli orti, all’ombra di gasometri imponenti.

Dal limitare magro dell’ultima città, la ricerca risale le valli e si addentra nel cuore poetico del mondo di Aime, visitato da rari fantasmi indaffarati e chini sul fardello di ogni giorno, affacciati a una finestra vuota. A parlare per loro sono le cose: i fiori secchi, bellezza nuda su davanzali disadorni, materia usata e già dimenticata che si strugge e si rifugia verso l’orizzonte domestico del bosco, oltre i gerbidi e l’ortaglia dove uccelli neri fanno festa attorno all’albero dei cachi. Terra che parla, pietre, tetti: un cantico di neve Tino Aime: "Andrea, la mia nipotina" (particolare)spolverata, passi perduti nella notte, povere case a grappolo, l’esilio dell’inverno. E poi l’acuto solitario di risvegli e tenaci resistenze: la fioritura del ciliegio, il pettirosso, il viaggio lento della luna sulle ultime colline dove riposa il genio partigiano di Fenoglio.

Considerate se questo è un uomo, che lotta per mezzo pane. Un testamento muto, quotidiano e postumo, di minoranze silenziose, prima che tutto il mondo, nel suo precipitare, diventasse minoranza. Tino Aime sembrò intuirlo già allora, a modo suo, nel vortice convulso del boom, in mezzo a tanta frenesia collettiva, durante gli anni ciechi e smemorati della stagione che chiamarono sviluppo e pretesero infinita, illimitata. Manuale pittorico per un’ipotesi non infelice di decrescita, l’opera di Aime testimonia una vocazione poetica alla contemplazione consapevole come necessità vitale: non la consolazione di un comodo rifugio per mettersi al riparo dalla catastrofe incombente, ma una sorta di fede lucida e severa, astratta e senza liturgie, nutrita di eleganza scabra e illuminata dal dono dell’incanto. Solo così può capitare di commuoversi, riconoscendo luoghi in realtà mai frequentati. Paesaggio parlante, indelebile, vissuto da un’umanità tradita: a cui si scopre, più che mai, di appartenere.

(Tino Aime, “I segni del silenzio”, mostra inaugurata il 2 dicembre 2011 e aperta fino al 5 febbraio 2012 al Museo Nazionale della Montagna “Duca degli Abruzzi” di Torino, con la collaborazione della Regione Piemonte, della Città di Torino e del Club Alpino Italiano. Info: www.tinoaime.it). 

Fonte: Libre