Cadrebbe tra un mese, per la cronaca, il mercoledì delle ceneri che “sei cenere e cenere ritornerai” dei buoni parroci di una volta. Preti buoni, burberi e consapevoli della fragilità della storia e della politica del mondo. Ceneri, ormai, che è perfino difficile trovare in città, se non fosse per le discariche abusive e per i forni dei ristoranti e delle pizzerie. Ceneri, eppure, quanto mai attuali come metafora del tempo in cui stiamo transitando. Il mercoledì delle ceneri è giorno di digiuno e di penitenza. E per la Repubblica Italiana questo mercoledì è già arrivato. Cadrà, oggi, 17 gennaio, quando, a Camere già sciolte, il Parlamento approverà il nuovo decreto sulle missioni militari all’estero. Due in più rispetto alle 33 già in atto in tre continenti. Niger e Tunisia saranno le “novità” di rilievo. E, a essere onesti, proprio di ceneri si tratta. Ceneri di una democrazia ostaggio dell’opzione militarista. Ceneri accumulate da missioni militari finanziate per mantenere il Paese nel cerchio ristretto dei sei o sette Grandi che arredano la divisione del mondo.
È il mercoledì delle ceneri della Costituzione per la quale molti hanno dato la vita e dalla quale tanti altri hanno tratto motivo di ispirazione e di azione politica. Siamo un Paese arreso e persino venduto alla politica cosiddetta “realista”, al commercio di vite umane barattate in cambio di accordi e commesse industriali.
È tutto falso quanto ci viene detto, perché c’è solo una parte di verità. Provate a mettervi fuori delle coalizioni che riportano la pace attraverso la guerra senza fine: sarete esclusi dall’industrialmente corretto. Dagli anni del primo Iraq, la Serbia, il Kosovo, l’Afghanistan, il Libano al confine con Israele, e finalmente l’atteso Sahel che garantirà guerre senza fine sulle rotte degli interessi strategici delle Potenze occidentali e asiatiche. Prendiamo il Niger, tra i Paesi più poveri del pianeta secondo il Rapporto sullo sviluppo umano. Paese di sabbia e di vento, commerciale per via dell’uranio, il petrolio e altre possibili risorse. Le italiche autorità politiche, ripetono che la prevista nostra presenza militare risponde a una domanda del Governo di Niamey. Parlate con la gente del popolo, e ve lo dirà. La legittimità dell’attuale governo è perlomeno dubbia. Una quarantina di ministri messi assieme come premio di consolazione dopo le ultime elezioni presidenziali evasive. E milioni iniettati per foraggiare un regime la cui accondiscendenza geografica è senza limiti, come la corruzione nei vari ministeri. Provate a domandare alle gente cosa pensa dei droni armati che prima o poi mancheranno di bersaglio, e chiedete se si può davvero parlare di “controllo” dei movimenti terroristi. Il nostro paese di cenere, con questa missione militare, contribuisce al terrorismo di stato nel paese di sabbia.
È una cenere che tutto avvolgerà. Le aule della votazione, gli occhi del partito di governo e quelli di un’inesistente opposizione, le mani che si alzeranno e gli spettatori del naufragio. A Giuda i trenta denari erano serviti almeno a comprare il “Campo del Vasaio”, per seppellirvi i morti senza patria. Ora ci viene lasciata solo cenere in eredità. Per tutti noi concittadini, per gli uomini e le donne che camminano nel deserto, per i missionari come me, per un Papa lasciato troppo solo a parlare di pace. E infine per quel mondo (falsamente) umanitario che si frega le mani perché ci sarà pane (cosparso di cenere) assicurato per molti anni a venire.
Niamey, gennaio 2018
Mauro Armanino
missionario in Africa