Articolo tratto da www.slowfood.it
La rete di Indigenous Terra Madre e Slow Food si rivolge ai rappresentanti nazionali in occasione del Consiglio dei governatori e del Forum dei popoli indigeni dell’Ifad.
Il 42° Consiglio dei governatori dell’Ifad ha scelto come tema l’innovazione e l’imprenditorialità rurale. Per noi di Slow Food c’era Dalí Nolasco Cruz, membro di Slow Food Messico e dell’Advisory Board della rete di Indigenous Terra Madre, invitata a raccontare di come i contadini indigeni “buoni, puliti e giusti” lavorano per proteggere colture e paesaggi e per adattarsi al cambiamento climatico: «Spesso l’essere contadino viene accostato all’essere povero e quindi senza importanza. Niente di più lontano dalla realtà. E finalmente stiamo capovolgendo questo fraintendimento, perché i contadini hanno un ruolo essenziale per il futuro dell’umanità».
L’edizione di quest’anno del Forum organizzato dall’Ifad ha puntato i riflettori sulla promozione del sapere e dell’innovazione dei popoli indigeni in tema di resilienza al cambiamento climatico e sviluppo sostenibile. Ha dato l’opportunità alle popolazioni indigene e allo staff dell’IFAD di analizzare e imparare dalle esperienze passate, consolidando ulteriormente la collaborazione per la trasformazione rurale.
L’impegno dell’IFAD a sostegno dei popoli indigeni è stato evidenziato dai partecipanti e dai membri dello Steering Committee del Forum. Victoria Tauli-Corpuz, relatore Speciale delle Nazioni Unite per i diritti dei popoli indigeni, ha espresso il proprio accordo con l’analisi presentata, evidenziando tuttavia che la strada è in salita: «gli spazi democratici si riducono in molti paesi, aumentano i discorsi d’odio e le campagne sui social media contro popoli indigeni e difensori dell’ambiente (etichettati come “guerriglieri” o persino “terroristi”), così come gli omicidi degli attivisti indigeni (207 nel 2017, la maggior parte in America Latina). Si dovrebbe adottare un approccio di tolleranza zero, a livello globale, nei confronti di questi omicidi e della violenza. È necessario che le persone che lottano per salvaguardare la biodiversità e il pianeta siano protette in tutto il mondo.»
Ma ci sono anche note positive che riporta Tauli-Corpuz: «I popoli indigeni vivono meglio se dotati di governi autonomi (auto-dichiarati o riconosciuti): riescono a difendere i loro territori dalle grandi aziende (e quindi da attività minerarie, estrazione petrolifera, costruzione di dighe), godono di più elevati livelli di istruzione, maggior accesso al cibo, usano gli ecosistemi in modo sostenibile e proteggono la biodiversità, e molto altro. In alcuni casi, le “guardie” indigene hanno tenuto lontani i cartelli della droga dai loro territori e hanno impedito che reclutassero i loro giovani.»
Dalí Nolasco Cruz, donna Nahua del Messico, ha aggiunto: «Se davvero vogliamo pensare all’impatto a lungo termine dei progetti dell’IFAD, è fondamentale che si rivolgano a giovani e donne. Devono essere integrati da componenti di formazione e follow-up sui diritti dei popoli indigeni, con particolare riferimento a questi due gruppi di persone».
Per noi c’era anche, Luis Francisco Prieto, che ha raccontato della collaborazione tra Ifad e Slow Food incentrata sulle nuove generazioni e la sovranità alimentare: «Quando nascono i progetti dei Presìdi Slow Food, i giovani e le loro comunità si incontrano per decidere le attività e il relativo budget. L’innovazione di Slow Food risiede nel suo doppio approccio: da un lato, il miglioramento dell’intera filiera (dal campo ai consumatori, per influenzarne comportamenti e scelte alimentari), dall’altro la creazione di connessioni tra le comunità e la più ampia rete di Slow Food, presente a livello locale e globale. Tutto il sapere raccolto dalla base viene condiviso con la rete, spesso in occasione di eventi. Partecipare a questi eventi significa potenziare autostima e identità. I giovani che partecipano agli incontri internazionali, una volta rientrati a casa sono motivati a lavorare a livello di comunità»
La filosofia di Slow Food è stata esposta anche durante l’accoglienza dei partecipanti che hanno avuto la possibilità di scoprire il legame tra tra cibo, alimentazione e clima grazie ai pannelli illustrativi allestiti per l’evento. In particolare, l’intento era quello di spiegare come i sistemi alimentari indigeni, ricchi di biodiversità, possono contribuire a una vita e a un ambiente sani. Nelle loro borse di benvenuto, i partecipanti hanno inoltre trovato una barretta di “cioccolato” fatta con la farina di carruba del Presidio dei Frutti selvatici di Gran Chaco, un ingrediente dalle grandi proprietà nutrizionali.
Tra i principali risultati di questo Quarto Forum globale c’è stato indubbiamente lo scambio di saperi e buone pratiche, oltre all’opportunità di lavorare su piani d’azione regionali per il 2019. Alla fine del 2018 si sono tenuti quattro seminari di consultazione regionali in Africa (Nairobi, Kenya), Asia (Bogor, Indonesia), America Latina e Caraibi (Panama, Repubblica di Panama), e Pacifico (Nadi, Fiji) in preparazione al Forum. Dalle loro diverse prospettive, i partecipanti hanno messo in luce una serie di temi e raccomandazioni da discutere a Roma, tra cui la necessità di creare partnership per accedere al Fondo verde per il clima e sostenere così le azioni e iniziative di comunità per l’adattamento e la mitigazione del cambiamento climatico, e l’esigenza di identificare gli elementi strategici della gestione della biodiversità nei diversi territori come pilastri della resilienza climatica.
Questo è un importante punto di contatto con Slow Food.
Ifad e Slow Food condividono la stessa visione: supportare meccanismi di produzione e consumo su piccola scala e diversificati, orientati al miglioramento della vendita dei prodotti locali. Tali meccanismi riflettono principi di qualità, biodiversità e conservazione ambientale. Garantiscono inoltre un prezzo equo per i prodotti agricoli, che compensi adeguatamente il lavoro delle famiglie di piccoli produttori.
Fin dall’inizio della loro partnership, Slow Food e IFAD si adoperano per realizzare uno spazio di discussione condiviso per i popoli indigeni all’interno della rete di Terra Madre.
L’incontro mondiale dei popoli indigeni è stato lanciato nel 2011 come processo permanente di consultazione e dialogo tra rappresentanti delle istituzioni e delle organizzazioni dei popoli indigeni, di Ifad e dei governi.
L’importanza del coinvolgimento dei popoli indigeni nelle politiche e nelle azioni sul cambiamento climatico è stata riconosciuta dalla Conferenza delle Parti (COP) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici nel 2015 a Parigi. L’attuazione operativa della Piattaforma delle Comunità Locali e dei Popoli Indigeni creata dalla COP 23 nel 2017 e l’adozione, da parte del Fondo verde per il clima, di una Politica per i popoli indigeni nel 2018, sono due importanti progressi nella partecipazione dei popoli indigeni al processo decisionale relativo alle azioni per combattere il cambiamento climatico e alla protezione dei loro diritti.