Su “Il Manifesto” si parla del mito della crescita verde

da | 19 Mar 2021

di Linda Maggiori per Il Manifesto (ripubblichiamo qui con il consenso dell’autrice)

 

La crescita economica è compatibile con la riduzione dell’impatto ambientale?

Il report edito dall’European Environmental Bureau e tradotto in italiano dal Movimento Decrescita Felice, con postfazione di Michel Cardito e Karl Krahmer (edizioni Luce 2020) è un libro agile, chiaro, puntuale, corredato da molti dati e ricerche.

TUTTI I SOSTENITORI della cosiddetta «Crescita Verde» si basano sull’assunto che sia possibile raggiungere il «disaccoppiamento», ovvero ottenere una crescita economica e contemporaneamente ridurre gli impatti ambientali (rigenerare le risorse, abbattere le emissioni…). Purtroppo, secondo il report, finora non è mai stato osservato un disaccoppiamento assoluto, permanente (capace di durare nel tempo) e globale (in tutto il mondo), tale da permettere una efficace riduzione delle emissioni per limitare il riscaldamento globale entro 1,5°, come previsto dall’accordo sul clima di Parigi.

IL DISACCOPPIAMENTO è avvenuto solo localmente, nei paesi ricchi, anche a causa della delocalizzazione di molte industrie nei paesi più poveri (dove vigono vincoli sociali e ambientali molto meno stringenti): le emissioni quindi sono state soltanto «spostate» e non ridotte globalmente.

PRENDENDO in considerazione tutti gli impatti, e non solo le emissioni di gas serra, si nota inoltre come l’estrazione globale di materie prime è moltiplicata enormemente, di pari passo alla crescita economica. Anche l’impronta ecologica è aumentata in modo direttamente proporzionale alla crescita economica (aumento del 6% ogni 10% di crescita del Pil) nei paesi ricchi.

LO SPAZIO OCCUPATO pro capite è aumentato, e con esso la superficie cementificata (case più grandi, indipendenti, più auto, più parcheggi…) con il crescere del reddito. «L’effetto rimbalzo» è uno dei fattori che limita la possibilità di disaccoppiare crescita economica e impatto ambientale: quando si afferma una tecnologia più efficiente, spesso se ne abusa.

NUOVE SOLUZIONI tecnologiche così possono creare nuovi problemi o peggiorarne altri: se puntiamo tutto sull’auto elettrica, senza ridurre il tasso di motorizzazione, e senza incentivare alternative più sostenibili (bici, piedi, mezzi pubblici), ci troveremo con gli stessi problemi di occupazione di spazio, incidenti e cementificazione ma anche con altri problemi, come l’estrazione dei metalli rari (litio rame e cobalto) che sono necessari per costruire le batterie, e che hanno essi stessi un elevato impatto sull’ambiente.

IL LIBRO NON METTE in dubbio la necessità di sviluppare tecnologie efficienti e incentivare l’energia rinnovabile, per poter uscire dall’era fossile. I ricercatori sostengono però «la necessità di integrare le politiche per l’efficienza, con politiche per la sufficienza».

LO STESSO RICICLO non può essere la panacea dei mali ambientali, in quanto non tutte le risorse possono essere riciclate al 100% e anche il riciclo implica un dispendio energetico. Il materiale riciclato (pensiamo alla plastica) non è riciclabile infinite volte, ad ogni passaggio perde di qualità, fino a diventare non più riciclabile.

OGNI ANNO SI CONSUMANO più risorse di quelle che il pianeta è in grado di riprodurre nel corso dello stesso anno: il debito con i paesi impoveriti e con le future generazioni è sempre più drammatico.

AMMINISTRATORI, DECISORI e cittadini dei paesi più ricchi dovrebbero iniziare a ragionare su un nuovo modello di economia e di società basato sulla sufficienza: ridurre il tasso di motorizzazione, mangiare meno carne, consumare e produrre meno (e anche diminuire le ore di lavoro), comprare cibo locale e di stagione, ridurre lo spazio che serve per stare bene, condividere gli oggetti, autoprodurre. Soluzioni alternative che già si stanno sperimentando da reti di cittadini, associazioni e movimenti.

IN FONDO, «L’IDEA CHE tutti i paesi del mondo possano raggiungere gli attuali livelli di ricchezza e consumo, è pura illusione. La riduzione dei consumi (e della produzione) nei paesi ricchi, è la base di una giustizia ecologica globale e intergenerazionale».

 

 

(I proventi del libro, salvo le spese vive, saranno devolute al Movimento per la Decrescita Felice)