In un recente annuncio il Premier Monti ha messo in dubbio la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale nel lungo periodo, secondo motivazioni strumentali all’orientamento politico che vuole dare al Paese. Infatti, pur essendo Presidente di un Governo “tecnico”, Monti ha fin qui dimostrato un’attitudine assai politica nel privilegiare alcune entità socio-economiche, piuttosto che altre. L’annuncio è nel puro stile della Shock doctrine, ben descritto da Naomi Klein, nel quale si  proclamano enunciati ad effetto, volti a spaventare l’opinione pubblica circa il rischio di collasso di un servizio essenziale. In tal modo, sarà più facile far accettare il ridimensionamento o la liquidazione del servizio in oggetto.

È da tempo che si può osservare un progressivo “svuotamento” dei servizi sanitari: molte delle prestazioni sono diventate onerose, e gli operatori vengono messi sempre più in difficoltà da tagli indiscriminati, che non entrano affatto nel merito degli interventi davvero utili per razionalizzare un sistema complesso come quello della cura della salute. Per questo è apprezzabile il richiamo del Presidente Napolitano che afferma la necessità di “intervenire in modo puntuale, con grande attenzione selettiva, nel riformare la sanità pubblica”.

Non v’è dubbio che la spesa sanitaria italiana rischi di andare fuori controllo, così come non v’è dubbio che le risorse disponibili potrebbero essere utilizzate per il miglioramento delle cure e per offrire servizi migliori. Ma anche per investire nel campo della prevenzione primaria, nell’educazione sanitaria fin dai banchi di scuola, nella promozione di stili di vita e di comportamento più consoni al mantenimento della salute. La sola riduzione della morbilità e mortalità per incidenti stradali e infortuni sul lavoro comporterebbe un risparmio immediato di decine di milioni di euro ogni anno. Prevenire, si sa,  è meglio che curare, e costa pure meno!

Temiamo tuttavia che non siano queste le nobili riflessioni e le motivazioni che ispirano il pensiero dell’algido burocrate a capo del cosiddetto “governo tecnico”, i cui ragionamenti sono ispirati a semplici considerazioni contabili secondo le quali è necessario ridurre tout court la spesa sanitaria per “rassicurare i mercati” perché “ce lo chiede l’Europa”. L’Europa ci chiede anche di lasciare più spazio ai privati, che sulla salute potranno fare lucrosi affari, forse senza neppure assicurare una sufficiente qualità delle cure e sicuramente ingaggiando personale sanitario mediante una pericolosa licitazione al ribasso. In realtà ad oggi, con tutti i suoi limiti, il Servizio Sanitario Italiano è uno dei meno costosi tra i paesi occidentali (WHO: Global Health Expenditure Atlas  2011, OECD Health Data 2012) e uno dei più efficienti ed efficaci a livello mondiale (WHO: World Health Statistics 2012). Questi proclami allarmistici lanciati ad arte ci sembrano pertanto capziosi e strumentali, ma assolutamente inappropriati ad affrontare la questione nel merito.

Il tema è assai più complesso rispetto ciò che vorrebbe la banalizzazione contabile, e si riferisce all’incompatibilità logica tra aspirazioni infinite e risorse finite, tra l’astrazione delle speranze e la concretezza della realtà fattuale.

Attualmente, nel mondo non vi è alcun sistema sanitario che sia sostenibile a lungo termine e, se un sistema non è sostenibile, non potrà mai essere equo ed efficiente.  Anche il mondo della Sanità, dunque, deve porre fine all’”aziendalizzazione” spinta che ha caratterizzato almeno gli ultimi 15 anni e  iniziare a ragionare in termini di “Decrescita Felice”: è necessario riconsiderare l’idea di progresso infinito e di innovazione e tecnologica incontrollata. Questo comporta la ridefinizione di salute e malattia, nonché quella di cure e terapia.

Questo è un compito sia scientifico che organizzativo. Ma soprattutto etico. Che chiama in causa prima di tutto la Classe Medica. Perché, se non lo fanno coloro che sono preposti alle cure, lo faranno altri, con criteri astrattamente contabili o di altro genere che non saranno certo quelli corretti ed appropriati per affrontare adeguatamente i problemi che abbiamo di fronte. La nostra società deve porsi l’obiettivo di avere meno malati che siano curati sempre meglio, non il contrario!

Avremo così non solo un Servizio Sanitario sostenibile ma una società più sana e più felice!

 Dr. Pier Paolo Dal Monte

Vedi anche: https://www.decrescitafelice.it/2012/12/sostenibilita-e-salute/

Pier Paolo Dal Monte, chirurgo, libero professionista, ha partecipato come relatore a numerosi congressi internazionali su tematiche chirurgiche, di bioetica e sostenibilità in sanità. Da molti anni studioso di problematiche relative alla crisi del modello socioeconomico delle società industriali. Relatore in numerose conferenze su temi relativi alla sostenibilità e alla ridefinizione del paradigma culturale che informa la società della crescita compulsiva. Fondatore e presidente dell’associazione culturale Vita Activa (affiliata al Movimento della Decrescita Felice). Membro del Consiglio Direttivo del Movimento della Decrescita Felice col ruolo di responsabile del settore cultura.

 

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