La siesta è sempre più nordica. Il grande Nord Europa, che nell’immaginario collettivo equivale a impegno, lavoro, dedizione, sta mostrando qualche crepa nell’assiduità lavorativa, e la Norvegia – secondo dati concordanti – rappresenta una di quelle più profonde.
Forse grazie anche alle ricche riserve di petrolio, la nazione scandinava sta diventando il ‘paese della siesta’, la quintessenza del riposino, l’esaltazione del cosiddetto P.o.e.t’s day, un acronimo che nel mondo anglosassone significa ‘stacca presto, domani è sabato’ (Piss off early, tomorrow’s Saturday). Il giornale online in inglese, ‘The Foreigner’, ricorda che la legislazione norvegese, basata sul Norway Working Environment Act, sancisce un quadro preciso quanto a orari, turni, lavoro festivo ecc. La legge prevede un massimo di nove ore lavorative al giorno o 40 settimanali, che si riducono a 38 per chi presta la sua opera la domenica, in notturno, o per chi è turnista. I contratti collettivi raggiunti attraverso la mediazione sindacale, consentono invece la settimana lavorativa di 37,5 ore e la pausa è obbligatoria quando l’arco di impegno superi comunque le cinque ore e mezza. Ma niente paura: i dati che riguardano i viaggi sui treni pendolari il venerdì o i passaggi ai varchi autostradali che portano da Oslo o dalle altre grandi città verso i luoghi di vacanza o delle seconde case, la dicono lunga su come i norvegesi intendano l’impegno lavorativo del fine settimana.
The Foreigner snocciola le cifre: le ferrovie statali hanno rilevato oltre un 30 per cento in meno di passaggi sui treni per pendolari il venerdì mattina (segno che è in aumento chi fa il week end ‘lungò). E così la società autostrade, che segnala per l’anno scorso 14mila automobili in meno dirette nel centro di Oslo l’ultimo giorno della settimana lavorativa. I lavoratori interpellati dall’istituto di statistica hanno ammesso di prendere frequentemente «il venerdì libero», ma hanno anche aggiunto che questo non ha nulla a che vedere con il part time; semmai molti ormai si dedicano al telelavoro e il loro ufficio è la casa. Dall’ultimo studio dell’Ocse (l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) risulta ad esempio che in Norvegia la media delle ore lavorate nell’anno è di 1.414 a fronte delle 1.749 nei paesi Ocse.
L’organizzazione ha recentemente pubblicato uno studio accurato su cosa rende più soddisfacente e felice la vita nei vari paesi. La Norvegia, mette al primo posto tra gli indicatori la salute e l’ambiente e ha un alto livello di soddisfazione di vita (a fronte dell’ Italia che al primo posto piazza la sicurezza e la socialità e quanto a soddisfazione di vita lascia a desiderare). L’andamento generale è insomma quello che fa dire al direttore della comunicazione dell’organizzazione Abelia, che riunisce i lavoratori del settore tecnologico, che «la cultura del venerdì non lavorativo è un mito». Del resto basta visitare il sito ufficiale del P.o.e.t’s day, divertente Bibbia dei cultori, che si autodefinisce «un modo di pensare, uno stile di vita, un’attitudine» e stila un elenco di cose da fare: lasciarsi alle spalle il lavoro, rilassarsi, eliminare lo stress e…«dirigersi verso il pub». Norvegesi avvertiti, e consigliati.
Fonte: Leggo