“In futuro non ci sarà più nessuno capace di vivere la cultura boscimane se non ostentandola davanti ai turisti, per le agenzie che ci sfruttano per profitto.” Questa affermazione, fatta da Roy Sesana, leader dei Boscimani a una giornalista della BBC, riassume al meglio le assurde condizioni del suo popolo nei cosiddetti “campi di re-insediamento governativi”.
Decrescita non è desiderio di evitare ai popoli del mondo non industrializzato di “svilupparsi”, ma un tentativo di evitare che anche loro facciano gli stessi disastrosi errori. Detto ciò, è anche utile sapere come il nostro mondo, appunto, riesce a minacciare l’esistenza di intere popolazioni. Una di queste è sicuramente quella dei Boscimani.
Il governo del Botswana sembra volere compromettere l’esistenza degli ultimi cacciatori-raccoglitori del Kalahari. Alla nota minaccia per queste popolazioni dovuta alla vorace industria dei diamanti, infatti, negli ultimi tempi se n’è aggiunta una forse ancora più pericolosa: quella del fracking. Che, con l’apertura della Central Kalahari Game Reserve (CKGR), sfrutta il gas del sottosuolo consumando enormi quantitativi di acqua e generando sottoprodotti chimici estremamente tossici.
“In quanto membro di Conservation International, il presidente Khama dovrebbe sapere bene che gli ambientalisti criticano aspramente il fracking”, fa presente Survival International, l’associazione che si batte per i diritti dei popoli indigeni: “Eppure, ha scelto di ignorarlo, così come continua a ignorare la Corte suprema del suo Paese, che nel 2006 ha chiuso il lungo processo giudiziario intentato dai Boscimani con una sentenza storica che riconosce loro il diritto di vivere e cacciare liberamente nella terra ancestrale”.
Da quando sono stati rinvenuti giacimenti di diamanti nella riserva, molti anni fa, i Boscimani hanno cominciato a essere perseguitati dalle autorità in modo sistematico. “Sono stati sfrattati dalle loro case e costretti a vivere in squallidi campi di re-insediamento”, rivela Survival: “Sono stati privati dell’acqua, intimiditi, arrestati e persino torturati con l’accusa di cacciare”. La pratica ancestrale della caccia, infatti, è stata vietata sebbene sia alla base dell’auto-sostentamento di queste popolazioni.
In una situazione che rischia ormai di degenerare, oggi le autorità costringono i Boscimani anche a chiedere un permesso temporaneo per visitare le loro famiglie. Non solo, ora come ora fermarsi nella CKGR oltre il limite comporta l’arresto. Eppure, il popolo dei Boscimani rappresenta ancora una risorsa per l’economia del suo Paese, anche se nel più squallido senso del termine: come attrazione turistica.
“Dopo anni di sofferenze e vessazioni, è tempo di giustizia. Non possiamo permettere che la crudele politica di Khama cancelli un’umanità che è parte irrinunciabile del nostro futuro”, scrive Survival in una nota: “E poiché l’informazione e la pressione dell’opinione pubblica sono gli unici strumenti che abbiamo per fermarlo, allora, per favore, aiutateci a far giungere la protesta lontano, fino a lui e in tutto il mondo”.
In effetti, se qualcosa è stato fatto a favore dei Boscimani è stato proprio per le pressioni internazionali. I recenti sviluppi, infatti, sono stati resi noti da un servizio della BBC, mentre ciò che queste persone hanno ottenuto a livello legale è stato possibile grazie al loro avvocato difensore, un britannico oggi non a caso bandito dal Paese.
Se volete aiutare anche voi i Boscimani facendo sentire al governo del Botswana che anche in Italia ci si sta muovendo per non permettere a gas, petrolio e diamanti di prevalere sui diritti umani di un’intera popolazione, scegliete una delle azioni proposte da Survival sul suo sito. Perché, come fa presente l’associazione, “se i Boscimani saranno costretti a lasciare per sempre la loro terra, di loro non resterà più traccia”.
Fonte: Greenme.it