Cultura: “Dall’economia all’euteleia”. Una recensione e una video intervista

da | 5 Dic 2014

Pubblichiamo di seguito un’interessante recensione del libro di Alessandro Pertosa “Dall’economia all’Euteleia. scintille di decrescita e d’anarchia” ed. Movimento per la decrescita felice, apparsi sulla rivista Left e su una tv locale.

Alcuni titoli recenti configurano un felice rilancio del pensiero anarchico: Homo comfort di Stefano Boni (Eleuthera), ritratto puntuale del nuovo tipo umano (e delle facoltà sensoriali che ha perso con il “progresso”), Cristiani e anarchici di Lucilio Santoni (Infinito), sulle molte analogie tra due filoni di pensiero radicali e spesso fraintesi (un diario morale che ha pagine di grande forza poetica) e Dall’economia all’euteléleia di Alessandro Pertosa (Edizioni per la decrescita felice, pref. di M.Pallante), in cui l’anarchia diventa «proposta culturale, spirituale e politica libertaria che invita il singolo io a rifiutarsi di esercitare un qualsiasi potere dispotico».

Soffermiamoci su quest’ultimo. Tutto comincia in Grecia nel V secolo quando Senofonte codifica l’oikonomia, intesa come spazio caratterizzato dal potere tirannico, da rapporti di dominio, a partire dalla famiglia e poi via via fino alla polis. L’intero pensiero occidentale non farà che rielaborare e riformulare il testo di Senofonte (perfino i padri della Chiesa) fino alle celebri pagine di Hegel sulla dialettica servo-padrone.

Ma a questo si contrappone un’altra corrente filosofica (minoritaria però agguerrita: Cusano, Duns Scoto, il monachesimo, e fino a Gramsci e a Illich…) che nega qualsiasi naturalità dell’oikonomia e intende invece costruire la eutéleia, uno spazio conviviale fatto di relazioni non-violente, fra uguali.

La riflessione di Pertosa, filosofo freelance 34enne, si avvale di uno stile logico-argomentativo serrato e di una conoscenza di prima mano delle opere filosofiche. Unisce rigore intellettuale e passione etica, concedendosi anche un piglio spavaldo con cui stronca in poche pagine Marx o Emanuele Severino (che pure considera un suo maestro). La sua proposta evita poi certo pedagogismo autoritario alla Latouche che assume la decrescita come obiettivo e non come mezzo per uscire dall’oikonomia.

Insomma, se l’essere umano ogni tanto desidera legittimamente il lusso, il gadget di moda (spesso sono belli!), la dissipazione, etc. (Woody Allen parlava di come garantirsi il «caviale quotidiano») non bisogna imporgli uno stile di vita ascetico-monastico, ma solo ricordargli l’utilità dell’inutile, il piacere di perdere tempo, la bellezza di tutto ciò che non si compra né si vende.

Filippo La porta. Fonte: Left.it

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