Sono passati sei mesi da che mi hanno licenziata e questo è stato il mio primo Natale a casa, da mamma “full time”. A guardarmi indietro, sorrido e ricordo un’estate caldissima…sento ancora il sudore che scivola sulla schiena nelle mattine di luglio, al lavoro nell’orto. Perché si, da impiegata sono diventata contadina. Un cambiamento “radicale”, è il caso di dirlo. Nel cercare un nuovo futuro, ho trovato il mio passato: ho affondato le mani nella terra e vi ho visto le mie origini. In un pugno di terreno smosso, come il baluginio di pagliuzze d’oro, la mia bellissima e martoriata Campania, l’asprezza della Sardegna – sangue del mio sangue – e la terra di tutti.
Non è semplice comporre i mille sapori di questo contatto, ancor meno descriverli. La frescura della terra bagnata di primo mattino o la sensazione di rugiada mentre attraversi la siepe che separa casa dalla campagna coltivata sono esperienze da provare sulla pelle. Parlare del sorriso che senti aprirsi sul tuo viso al vedere i fiori di zucchina spalancarsi energici ad un sole ancora timido, mentre infili i guanti da lavoro e ti accovacci per liberarli dalle erbacce, costringe a cercare parole che vestono male le sensualissime sensazioni donate da una Terra così generosa. E’ la Vita, ti ripeti. Cos’altro può farti sorridere così?
E dire che un anno fa non avrei saputo immaginare la mia libertà. Pensavo che una stanchezza valesse l’altra, che a fine giornata fossimo tutti più o meno spossati e tutti più o meno felici. O infelici. Eppure…adesso percepisco la differenza tra il lavoro che stressa e consuma e la fatica che fa vibrare corpo e mente, ma che chiude, al tramonto, una giornata ben spesa.
La scuola, i compiti, le marmellate, le treccine di mia figlia, la magia del caffè alle due del pomeriggio, le pulizie che ho ripreso a fare da sola, il banco azzurro delle verdure che vendo, il cucito, i libri (tanti libri!), più amore, i regali di Natale che ho confezionato da sola , le torte…le riunioni di MDF, i convegni, gli studi forsennati, il mio blog, le manifestazioni, l’attivismo…E meno soldi, più ingegno, più risparmio, più scelta (non rinuncia), più attenzione, più faccio-da-me, meno vestiti, più salute, più amore…più amore…
Scrivevo, qualche mese fa, che avrei ricominciato da me. Beh, l’ho fatto. Ma non avevo ancora capito che, in realtà, avrei ricominciato da “noi”. Dalle persone. Ho ricevuto così tanto quest’anno che credo dovrò sentirmi in debito per sempre. Molti di quelli che conoscevo si sono stretti intorno a me e molti altri ne ho conosciuti che anche un solo, lieve, contatto, con loro è bastato a tramutare la siepe che escludeva il mio sguardo dal mondo in quella che, carica di rugiada, ora vedo solo come la porta del mio orto.
E come si fa, alla fine di un anno così, a non provare gratitudine?
Ero un’impiegata come tanti. Sono ora la sentinella della mia terra, una mamma sempre presente e una donna contenta del poco e del tutto che stringe nelle mani.
Abbiamo tutti, giustamente, paura dei cambiamenti, ma la resilienza, cioè la capacità di adattarsi ai rivolgimenti della vita, non è un dono: è un esercizio. Vivere diversamente da come ci dicono di fare sarà possibile se percepiremo il mondo non da dominatori, ma da custodi rispettosi. La ricchezza non risiede nel possesso. La ricchezza è un viaggio verso la nudità lungo il quale si impara a sorridere. E’ faticoso, certo, ma conoscete forse qualcosa che valga la pena di essere vissuto che non lo sia?
Perciò, auguri! Auguri a chi cambia e a chi ancora non lo fa. Auguri a chi combatte per avere una vita migliore e a chi si spende per rendere migliore quella degli altri, facendo risplendere la propria. Auguri ai semplici che riescono sempre a cogliere la bellezza della vita nell’occhiolino che ti stringono i dettagli e ai complicati che dimenticano quale sia la via più breve tra due punti.
E infine, auguri a noi…avremo davanti un anno differente se sapremo scegliere cosa vivere e sapremo coglierne l’essenzialità. Perchè è solo “nella rugiada delle piccole cose che il cuore trova il suo mattino e si ristora” (Gibran Khalil Gibran)
Miriam Corongiu