Vivere sostenibile: la regola mancante (prima parte)

da | 5 Set 2011

Fra i molti testi che circolano sulla rete aventi come argomento le buone regole del vivere sostenibile me ne è giunto uno che mi ha colpito per la sua esemplare tipicità, per essere un perfetto compendio di pregi e difetti, di presenze e assenze che caratterizzano l’ambientalismo oggi, in Italia e, probabilmente, non soltanto. Il documento riporta 18 regole per praticare una vita all’insegna della sostenibilità. Cominciamo col classificarle:

5 regole riguardano i trasporti

3 regole riguardano i rifiuti

3 regole riguardano i prodotti naturali per la casa

2 regole riguardano il cibo locale

2 regole riguardano l’acqua

1 regola riguarda una moneta alternativa

1 regola riguarda la televisione

1 regola riguarda le energie rinnovabili

0 regole riguardano le scelte alimentari.

La prima cosa da dire è che tutte le regole presenti in quantità maggiore di zero sono ovviamente giuste, tanto che anch’io mi sforzo di seguirle. Però, adesso confrontiamo tutto ciò con il mondo reale.

Nel mondo reale il principale responsabile degli impatti ambientali provocati dalle attività umane sulla Terra è il settore agroalimentare con il 31% del totale, contro il 18,5 dei trasporti e il 23,6 della costruzione e gestione degli edifici (queste 3 voci, da sole, coprono poco meno dell’80% del totale).

Da studi apparsi su riviste scientifiche internazionali risulta che la provenienza locale del cibo è la variabile meno importante dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente mentre più importante (8 volte di più per l’esattezza) è il fatto che il cibo sia di origine vegetale. Quest’ultimo punto inoltre è tre volte più importante del fatto che il cibo sia prodotto biologicamente. I cibi a più alto impatto ambientale sono la carne di manzo, il pesce, il latte e i formaggi. Tutti questi si situano nettamente al di sopra dei limiti della sostenibilità, indipendentemente da come sono prodotti.

Inoltre, il 70% dei consumi mondiali di acqua è provocato dall’agricoltura mentre i consumi domestici sono appena l’8%. La maggior parte dell’acqua dunque la consumiamo non quando beviamo o ci laviamo bensì quando mangiamo. Una parte rilevante di ciò che viene classificato sotto la voce agricoltura inoltre è in realtà zootecnia e perfino una parte rilevante di ciò che è agricoltura propriamente detta è oggi deviata verso la produzione di mangimi zootecnici (e questo è, fra l’altro, il principale motivo per cui 800 milioni di persone patiscono la fame). Possiamo dunque precisare meglio la frase precedente: la maggior parte dell’acqua la consumiamo non quando beviamo o ci laviamo bensì quando mangiamo cibi di origine animale.

Ora, soffermiamoci ad esempio sulla regola che nella lista presa in esame porta il numero 6: “uso solo borse di tela” (giusto ovviamente: lo faccio anch’io) e immaginiamo un ipotetico ambientalista-tipo mentre, con la sua borsa di tela, entra in un certo negozio di prodotti alimentari, compra un etto di un certo alimento, se lo fa impacchettare e mette questo pacchettino piccolo piccolo in quella borsa in linea con le regole auree della perfetta sostenibilità. Improvvisamente si accorge che la borsa è diventata pesantissima tanto da non riuscire più a sollevarla. Quanto pesantissima? Esattamente 2000 Kg (2 tonnellate).

Spiegazione. Guardiamo l’insegna del negozio: c’è scritto Macelleria. Il piccolo pacchettino contiene un etto di carne di manzo, per produrre il quale sono stati necessari 2000 litri, cioè appunto due tonnellate di acqua. Due tonnellate che il nostro ambientalista, così attento a mettere i nonsocosa che mescolano aria all’acqua del rubinetto, ha buttato nel cesso in un colpo solo. E magari le cose andassero così! Perché in realtà la sua borsa rimane leggerissima. È altrove che grava il peso di quelle due tonnellate. Ma un altrove, e di questo ben pochi ancor oggi se ne rendono conto, che fa presto a ricadere su ciascuno di noi. Ed è quello che sta effettivamente accadendo sulla Terra adesso. Sarà forse ora di cominciare a preoccuparci più del contenuto che del contenitore, mi pare.

Insomma, queste 18 regole sono sì giuste ma il problema, il grosso e grave problema è che mancano, come al solito, le più giuste. Senza le quali non si fa un solo passo avanti. Come ha scritto Maurizio Pallante in La Decrescita Felice (edizione 2011): “È più ambientalista un vegetariano che guida un SUV che un carnivoro che va in bicicletta”.

Fonti e blbliografia

AA. VV., Livestock long shadow, FAO, 2006.

AA. VV., Cibo e sostenibilità ambientale (Atti del convegno), Milano, 2010.

C. L . W eber e H. S. Matthews, Food-Miles and the Relative Climate Impacts of Food Choices in the United States, Environmental Science & Technology, Vol. 42, No. 10, 2008.

M. Tettamanti, L. Baroni e altri, Evaluating the environmental impact of various dietary patterns combined with different food production systems, European Journal of Clinical Nutrition, ottobre 2006.

M. Pallante, La Decrescita Felice (Seconda edizione), Edizioni per la Decrescita Felice, Roma, 2010

Fonte: Il Cambiamento