Gli americani a Falluja hanno usato armi vietate e sconosciute

da | 23 Nov 2011

Aborti, deformazioni congenite, disfunzioni al sistema nervoso. Effetti collaterali del dramma di Falluja, la città irachena devastata dai bombardamenti Usa del 2004: non solo per via dell’uso di armi proibite, come fosforo bianco e uranio impoverito, ma addirittura a causa dell’uranio arricchito. Lo rivela una sconvolgente ricerca curata dal professor Christopher Busby, dell’Università di Ulster, e pubblicata in Conflict and Health. L’analisi dei capelli dei genitori di molti bambini nati con gravi deformazioni o già malati di tumore sembra provare l’impatto devastante delle bombe americane: una scoperta stupefacente, con “molte implicazioni a livello globale” a carico dell’esercito a stelle e strisce, reo di avere utilizzato nella distruzione della cittadina armi non solo vietate, ma addirittura sconosciute alla letteratura scientifica.

Entro la fine di quest’anno l’esercito Usa lascerà l’Iraq. Ma il Paese dovrà fare i conti con la pesante eredità della guerra. Soprattutto Falluja, che grazie all’utilizzo di questi armamenti anche contro la popolazione civile, è alle prese con aborti, deformazioni congenite, disfunzioni al sistema nervoso. Impressionanti i numeri della catastrofe sanitaria che ha colpito i bambini: secondo i dati di un recente rapporto dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, “nel 2006 si sono verificati 5.928 nuovi casi di malattie fino ad allora inesistenti a Falluja, delle quali circa il 70 per cento sono cancri e malformazioni in bambini minori di 12 anni”. Nei primi sei mesi del 2007, invece, i nuovi casi sono stati 2.447, “di cui più del 50% riguardanti i bambini”. Oggi la situazione rimane gravissima in tutto il Paese, con un tasso di cancro infantile che, in Iraq, è 14 volte quello dell’Egitto.

Una situazione denunciata sin dall’inizio dai medici locali, e supportata negli anni dall’evidenza scientifica di numerose ricerche. L’ultima, in ordine di tempo, è uno studio epidemiologico realizzato dal professor Busby assieme a Malak Hamdan, presidentessa della fondazione Cancro e Malformazioni Congenite, e Eleonore Blaurock-Busch, responsabile del laboratorio tedesco che ha eseguito le analisi. Con la fondamentale collaborazione di due pediatri dell’Ospedale generale di Falluja, i dottori Samira Alaani e Muhammed Tafash. Oltre al suolo e alle acque del posto, i due hanno analizzato i capelli dei genitori dei bimbi malati. “Abbiamo trovato alti livelli di diversi elementi comuni: calcio, alluminio, stronzio, bismuto e mercurio” afferma Busby: “Ma l’unica sostanza che abbiamo rilevato e che potrebbe spiegare l’alto tasso di malattie genetiche è l’uranio, un elemento radioattivo”.

Uranio che, però, in questo caso non è impoverito, bensì arricchito. Quello che “si usa nelle bombe atomiche o nei reattori nucleari”, ricorda Busby. Un fatto decisamente anomalo, che ha portato i ricercatori ad una conclusione: a Falluja, oltre alle bombe al fosforo, sono stati utilizzati nuovi esplosivi con che non si erano mai visti prima. “Quello che abbiamo trovato dimostra chiaramente che esiste una nuova generazione di armi”, fa presente il professore.

Ma come fanno gli scienziati ad essere sicuri del fatto che questa forte presenza di uranio sia attribuibile agli attacchi del marzo 2004? “L’uranio è espulso dai capelli, e questi crescono ad un ritmo di un centimetro al mese”, rivela Busby che continua: “Abbiamo ottenuto campioni di capelli molto lunghi da alcune donne, ed abbiamo misurato i livelli di uranio attraverso la loro lunghezza”. Un test che ha confermato l’alta esposizione di queste persone all’elemento radioattivo in particolare fra il 2004 ed il 2005. “Ma soprattutto – insiste lo scienziato – prova l’esistenza di nuove armi all’uranio”. Ordigni “che fanno decisamente paura”.

L’equipe di ricercatori fa presente che qualcosa di simile è stato riscontrato anche in un cratere in Libano causato da una bomba israeliana. Per questo, secondo gli studiosi, “L’identità delle armi all’uranio arricchito usate a Falluja e in altri luoghi deve restare una questione aperta fino a quando i militari israeliani e statunitensi non rilasceranno maggiori informazioni”.

Per Hamdan, coautrice della ricerca, “questa straordinaria scoperta dovrebbe far sì che il mondo si svegli”. Non si può continuare ad ignorare gli effetti di queste armi radioattive sulla popolazione civile, denuncia la studiosa, perché “un altissimo numero di persone innocenti sono morte e moriranno in futuro, senza contare gli innumerevoli padri e madri che guarderanno con orrore e pietà i loro figli”