Campania, appello contro abrogazione legge che impedisce cemento selvaggio

da | 9 Ago 2012

Un doppio appello per impedire che Elea Velia (Salerno), sito archeologico inserito nel parco nazionale del Cilento (Patrimonio intangibile dell’Umanità), e le pendici del Vesuvio vengano invase dal cemento. Il rischio, denunciato da enti associazioni e privati cittadini, è che con l’abrogazione di una legge, che per anni ha impedito gli scempi in quelle aree riparta, la costruzione selvaggia. Nino Daniele, responsabile regionale Anci, e Marco Di Lello, coordinatore nazionale Psi, firmano la richiesta da presentare al presidente della regione Campania Stefano Caldoro e al consiglio perché sia redatto un piano paesaggistico che protegga queste aree e lo metta a rischio cemento.

L’antica città di Elea-Velia ”costituisce una testimonianza fondamentale per la storia della nostra cultura e della nostra civiltà – si legge nell’appello – Le figure di Parmenide e Zenone, la Scuola Eleatica sono legate indissolubilmente alle rovine della città antica, sapientemente conservate nel parco archeologico il cui contesto è però stato, come in altre realtà, fortemente compromesso dall’intenso, spesso abusivo, sfruttamento edilizio”. Nel 2005 la regione Campania aveva promulgato la legge n. 5, rubricata come “Costituzione di un’area di riqualificazione paesistico-ambientale intorno all’antica città di Velia” perché venisse riqualificata. “Per quanto non ancora pienamente attuata, a causa di miopie, localismi, resistenze e malaffare, le legge ha conseguito, comunque, l’importante risultato di arginare, da subito, la speculazione in atto, ponendo un freno al cemento che assediava la città antica” argomentano i firmatari. Dopo sette anni la Regione Campania ne programma l’abrogazione “finalizzata a consentire, anche a ridosso della città antica, l’utilizzo delle norme derogatorie del cosiddetto “piano casa” e degli altri grimaldelli normativi di cui si è dotata la regione. Altro cemento, dunque”.

Stesso discorso per il Vesuvio e le sue pendici su cui si aggrappano migliaia di abitazioni, in alcune casi abusive. “Nel 2003 il Consiglio Regionale della Campania, con una decisione finalmente draconiana, pone fine all’edificazione di residenze e da inizio alla stagione della decompressione demografica. Unica strada per rendere possibile la convivenza tra antropizzazione e natura in un’area vulcanica dove la domanda non è se ma – si ricorda nell’appello – quando l’eruzione si verificherà. Ed anche l’unica strada, quella della congrua riduzione dei residenti, per rendere credibilmente gestibili i piani di protezione civile, fondati sull’allontanamento delle popolazioni in modo ordinato ed in tempo utile, e rilanciare uno sviluppo sostenibile e qualificato. Ora con una legge che dovrebbe servire a tutelare e valorizzare il paesaggio ed i valori storici e culturali della Campania si ritorna ad un funesto passato e si cancellano leggi di tutela e protezione”.

di Redazione ilfattoquotidiano.it