Lo scioglimento della calotta di ghiaccio della Groenlandia a luglio è “accelerato drammaticamente”. A rivelarlo sono le rilevazioni satellitari della Nasa, le cui immagini parlano chiaro: in soli quattro giorni, dall’8 al 12 luglio, la parte sciolta di coltre è passata dal 40 al 97%. Un fatto che, per gli scienziati, non solo è “straordinario”, ma anche tale da portarli a “sedersi per cercare di capire cosa stia succedendo”. Una situazione anomala, che potrebbe peggiorare nei prossimi due decenni e che interessa sia la Groenlandia che l’Artico. Ma a cosa è dovuto tutto ciò? Secondo uno studio dell’Università di Reading, le cause sono da attribuire sia ai cicli naturali del clima che alle attività umane. Per gli studiosi britannici, infatti, l’uomo è oggi responsabile per almeno il 70% del radicale declino dei ghiacci artici.
Quattro giorni. E’ il breve lasso di tempo in cui quasi tutto il ghiaccio della Groenlandia si è dissolto. Un fenomeno che né il satellite indiano Oceansat-2 né i due della Nasa che monitorano la zona avevano mai riscontrato, nei loro tre decenni di attività. Talmente incredibile che, da principio, ha portato gli scienziati a pensare che si trattasse di un errore di rilevazione. La causa, dicono gli studiosi, è da ricercare nell’aria più calda del normale che ha investito la Groenlandia nella seconda settimana di luglio. Ma se i ghiacci più sottili che si trovano vicino alle coste si sciolgono naturalmente durante i periodi estivi, ciò che colpisce maggiormente è il parziale scioglimento di ghiacci spessi anche centinaia di metri, o a tremila metri di altitudine, nella parte interna dell’isola.
Sull’origine di fenomeni “straordinari” come questo il dibattito è più acceso che mai: se per i negazionisti del climate change queste ondate di calore sono solo un fatto normale, che si ripresenta periodicamente sul pianeta, per i ricercatori dell’Università di Reading, alle porte di Londra, la spiegazione non è così semplice. In tutto l’Artico, rivelano gli studiosi, oggi solamente il 30% della perdita estiva di ghiacci è dovuta a cause naturali, e il ritmo di questi sconvolgimenti non è attribuibile alla sola natura. “Dagli anni ’70 c’è stata una diminuzione dell’estensione estiva dei ghiacci del 40%”, spiega Jonny Day, climatologo presso il National Centre for Atmospheric Science dell’Università inglese. Di questo passo, spiega, entro la fine del prossimo decennio l’Artico in estate potrebbe essere completamente privo di ghiacci.
Obiettivo di Day e della sua equipe era proprio determinare quanto questa perdita fosse dovuta a cause naturali, come l’Atlantic Multi-decadal Oscillation (AMO), origine principale della variabilità dell’estensione dei ghiacci del nord Atlantico nel periodo estivo. Un fenomeno naturale che si ripresenta ogni 65-80 anni, e che è nella sua “fase calda” dalla metà degli anni ’70. Una ricerca dai risvolti inattesi, quella di Day e colleghi. Che, avvalendosi di dati raccolti negli anni precedenti, osservazioni odierne e immagini satellitari, ha portato ad una conclusione che dà ragione a chi pensa al cambiamento climatico come un fenomeno soprattutto di origine umana: “Abbiamo potuto attribuire solamente il 30% [della perdita di ghiacci artici] all’AMO”, afferma Day: “Ciò significa che il resto è dovuto a qualcos’altro, e che questo è molto probabilmente da attribuire ai cambiamenti globali causati dall’uomo”.
Il “radicale declino” dei ghiacci che ricoprono l’Artico e la Groenlandia apre ora scenari ambientali e geopolitici tanto nuovi quanto inquietanti, avvertono gli scienziati britannici. Agli effetti avversi che un tale sconvolgimento potrà avere su diversi ecosistemi già nei prossimi due decenni, infatti, la sparizione della calotta artica aprirà nuove vie di accesso alle estrazioni gasifere e petrolifere. E, quindi, al facile reperimento di combustibili fossili: una delle principali cause dei cambiamenti climatici.
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