Cina e Giappone alluvionati, Usa flagellati da incendi e siccità, Regno Unito alla sua estate più fredda e Brasile diviso a metà, con allagamenti da una parte e due anni senza pioggia dall’altra. Il clima globale sembra davvero impazzito. E in Italia? Secondo la Forestale, il caldo ha portato a un aumento degli incendi del 76% nei primi sei mesi di quest’anno, rispetto al primo semestre del 2011. Ma a cosa è dovuto tutto ciò? Dopo i risultati dell’Università di Reading, un altro rapporto eseguito da diversi centri di ricerca e coordinato dal Met Office (Regno Unito), il National Oceanic and Atmospheric Administration (Usa) ribadisce il messaggio: il climate change è da collegare alle attività umane.
I cambiamenti climatici non significano solo scioglimento dei ghiacci polari e innalzamento dei mari, ma anche e soprattutto eventi meteorologici estremi. Un fenomeno che non può più essere ignorato, se non altro per i costi che comporta, sia in termini economici che di vite umane. Ne sanno qualcosa la Cina e soprattutto il Giappone, che dopo il terremoto e lo tsunami si è trovato ad affrontare una delle sue peggiori alluvioni. Con decine di migliaia di persone coinvolte ed almeno 26 morti, il Paese del Sol Levante è flagellato nel suo meridione da piogge che hanno allagato anche le strade della sua capitale storica: Kyoto. Dall’altra parte del Pacifico, negli Stati Uniti, ondate di caldo anomalo e siccità stanno compromettendo coltivazioni di mais, soia e cotone, e generando decine di incendi. Nel solo mese di giugno, sono state registrate le temperature più alte di sempre: valori-record segnalati più di 170 volte. A causa della peggiore arsura mai vista nella storia del Paese, sono in stato di emergenza ben 1016 contee in 26 Stati, ovvero più della metà degli Usa.
In Europa la situazione non è da meglio. Le alte temperature in Italia, ad esempio, riducono drasticamente le disponibilità irrigue del nord-est e le “gonfiano” nel nord-ovest. In Piemonte, infatti, diversi fiumi (in particolare la Dora Baltea) sono ad un livello anche superiore al dovuto, a causa del troppo rapido scioglimento non solo delle nevi invernali, ma anche delle riserve idriche dei ghiacciai alpini. Il tutto mentre nell’Emilia Romagna del post-terremoto l’insufficiente umidità del terreno, dovuta a caldo ed assenza di precipitazioni, ha portato la siccità al più alto livello dell’ultimo cinquantennio. Non va meglio nel Regno Unito, dove però il problema è opposto: quella attuale è l’estate più fredda e piovosa di cui si abbia memoria. Una vera e propria beffa, dopo che lo scorso autunno si è avuto il secondo novembre più caldo dal 1659, anno in cui si sono iniziate a registrare le temperature britanniche. Causa maltempo, concerti ed eventi sportivi sono stati annullati in abbondanza. Ma sono gli ultimi dei problemi, in un Paese a sua volta colpito da alluvioni che da settimane sommergono intere città. Secondo Peter Stott, ricercatore del Met Office britannico, oggi è molto più sicuro “attribuire gli effetti atmosferici al cambiamento climatico” di quanto non si potesse fare una decina di anni fa, e l’influenza umana sul clima non è più in forse. Per gli scienziati autori del rapporto, infatti, l’eccezionale caldo dello scorso novembre è stato ampiamente causato dal cambiamento climatico indotto dall’uomo, più che da variazioni naturali dei sistemi meteorologici della Terra, e ha portato alle piogge torrenziali di questi giorni. Un fenomeno dovuto alle temperature più elevate che, dagli anni ‘70 ad oggi, hanno provocato “un aumento del 4% dell’umidità sopra gli oceani”, spiega Stott, rendendo più probabili “periodi di piogge più estreme”.
Per la dottoressa Kate Willett, autrice del capitolo dello studio dedicato al clima globale, stiamo vivendo “negli anni d’oro della tecnologia satellitare”. Il che ci permette di “vedere ben oltre l’aumento delle temperature”, ed osservare “gli importanti effetti che questi cambiamenti hanno sulle nostre vite quotidiane”. Proprio per questo, secondo Sergio Castellari, referente italiano dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) e senior scientist presso il Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (Cmcc), più che dibattere sulle cause naturali o meno degli eventi estremi serve trovare modi per farvi fronte. “Sarebbe opportuno investire su politiche nazionali di adattamento a questi fenomeni atmosferici, sulla resilienza della nostra società”, afferma lo scienziato a ilfattoquotidiano.it: “Se una società è meno vulnerabile, magari perché ha gestito meglio il suo territorio, gli eventi estremi possono avere un impatto negativo minore”. Per Castellari la cosa più importante in questo momento, quindi, è “impostare un’azione per controbattere questi eventi, se possibile in maniera preventiva”.
Fonte: ilfattoquotidiano.it