“Che io possa spesso entrare in case piene di libri con giardini pieni di rose” diceva un antico poeta persiano. Per i libri è chiaro, il Poeta sperava di avere a che fare con gente di cultura, di poter arricchire il proprio spirito parlando con persone sapienti. Ma perché giardini pieni di rose? Nell’antica Persia si riteneva, giustamente, che la cultura da sola non fosse affatto sufficiente per il completo sviluppo consapevole ed armonico di un individuo. Ecco allora che il giardino delle rose, “goolestan” in persiano, assumeva un significato simbolico, era di fatto una metafora dell’esistenza. Oltre alle implicazioni di carattere estetico, legate alla bellezza complessiva del giardino, aveva grande rilevanza la cura e la coltivazione dei fiori. Nel creare una perfetta armonia di forme, di colori e di profumi, il colto padrone di casa “coltivava” in realtà se stesso, esprimendo le proprie evoluzioni spirituali ed il conseguimento di nuove consapevolezze attraverso la cura delle proprie rose. Il goolestan era lo specchio di sé e, usando un termine più attuale, la presentazione agli altri di colui che lo coltivava.
Naturalmente era un lusso riservato ai ricchi, o almeno ai benestanti. Ci voleva acqua, preziosa in luoghi desertici. Occorreva la terra buona e le mura per proteggere il giardino dai venti caldi dell’altopiano iranico. Però, in ogni caso, era una forma nobile ed intelligente di concepire il lusso.
Oggi i tempi sono cambiati e il lusso è generalmente interpretato tramite una gran varietà di oggetti costosi da sfoggiare. Il ricco presenta se stesso mediante una evidente dimostrazione della propria capacità di spendere. A volte gli oggetti lussuosi sono belli, a volte volgari e a volte solo appariscenti, ma in ogni caso rappresentano la capacità economica del soggetto, al massimo il suo buon gusto, ma non chi è in realtà. In ogni caso, anche in presenza di buon gusto, questo genere di lusso presenta dei risvolti etici negativi. Con l’aumentare della disparità economica fra i cittadini, il lusso da sfoggiare va sempre meno di moda. Infine chi ha molto denaro non sempre si preoccupa dell’impatto ambientale del suo stile di vita. Se può pagarlo pensa che se lo può permettere. Non sa che il suo stile di vita divora il futuro anche dei suoi figli.
Nella Decrescita Felice possiamo invece ravvisare nuove forme nobili, etiche ed intelligenti di Lusso. Ad esempio, trovare il tempo per sé e per le relazioni importanti nell’ambito di una vita semplice, ma non povera, elimina il dubbio o il sospetto che sia il denaro e non i sentimenti ad attrarre un’amicizia o un amore. Questo ai nostri tempi è certamente un lusso. Fare un lavoro utile per sé e per gli altri, mentre quasi sempre si lavora solo per avere uno stipendio, è certamente un’altra forma di lusso. Ma tra le nuove forme di lusso intelligente ed etico della Decrescita Felice, certamente quella più concreta e materiale è l’autoproduzione. Specie quella alimentare. In un mondo come quello odierno governato dall’avidità e dal denaro, quale persona, anche molto ricca, può essere sicura della qualità di ciò che mangia? Il cibo è pieno di additivi e veleni di ogni sorta e non è certo il prezzo alto o l’acquisto diretto da un agricoltore o da un allevatore che mette al sicuro il cliente. Oggi come oggi tutti vogliono guadagnare e anche la maggior parte di quelli che una volta erano contadini oggi sono “imprenditori agricoli”. Se il fine ultimo è fare soldi, non c’è amicizia o certificazione che tenga: il produttore userà tutti i mezzi che ritiene utili per conseguire l’obiettivo, fregandosene della salute del suo cliente. Solo chi fa un orto per sé e per la sua famiglia sa veramente cosa mangia e può permettersi il lusso della qualità e della genuinità. Tutti gli altri, per quanto ricchi siano, si devono fidare.
A volte i detrattori del Movimento per la Decrescita Felice, ci associano alla rinuncia, all’impoverimento. Decenni di lavaggio del cervello rivolto alla crescita ed al consumismo sono difficili da cancellare. Ma appare sempre più evidente come il nostro movimento, oltre ad offrire una interpretazione nuova e rivoluzionaria del nostro mondo ed una serie di valide soluzioni ai grandi problemi che ci affliggono, apre anche una via per trovare un nuovo equilibrio individuale. Nel cambiare il proprio stile di vita ci si ritrova a vivere nel vero lusso, quello di una vita consapevole e di qualità. Inoltre questo genere di lusso non toglie nulla a nessuno, anzi, semmai aggiunge qualcosa a tutti! Il lusso della Decrescita Felice perde anche l’antico criterio connesso di esclusività. Chiunque può coltivare rose e verdure perfino nel terrazzo di casa. Nessuno è escluso dal lusso del benvivere! Da questo genere di possibilità ci si può solo auto escludere per disinteresse, pigrizia o poca consapevolezza.
Se fosse vissuto ai nostri tempi e qui in occidente, il bravo poeta persiano al “giardino pieno di rose” avrebbe aggiunto anche un bell’orto pieno di buone verdure! Un tempo coltivare la terra per averne cibo non era considerata cosa “chic”. L’aratro e la vanga erano roba da contadini, da servi della gleba. Ma oggi le cose sono molto cambiate!
Giordano Mancini