Il mese di novembre, che si apre con la celebrazione dei Santi e dei morti (ed anche con il Capodanno Celtico, più noto come Halloween), prosegue (e non per caso) con altre due celebrazioni internazionali: il 20 novembre è la giornata dei Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza[1]; il 25 quella per l’Eliminazione della Violenza sulle Donne[2]; occasioni di riflessione imperdibile per chi come me si occupa di rapporti tra generi e generazioni.
Temi, che a mio parere, non trovano lo spazio che meriterebbero nella teoria e nelle azioni che si muovono attorno alla Decrescita. Fortunatamente nella Conferenza Mondiale di quest’anno a Venezia ho notato il rilievo dato al Femminismo e all’Ecofemminismo, nella presenza di molte relatrici e nell’interesse manifestato da parte degli uomini nel conoscere questo pensiero e recuperarne gli oggetti di studio, ma soprattutto le buone pratiche, a partire dal cambiamento che comincia dalle conoscenza di sè e dal quotidiano.
Mi ero chiesta come mai la tematica delle pari opportunità fra i sessi e dell’educazione dei figli, per me questioni basiche nel promuovere un cambio di paradigma, avessero un ruolo marginale. E proprio da Venezia sono tornata con una possibile risposta: nei pensieri degli economisti “storici” (Latuche per primo ammette che di questione femminile non ne sa nulla) il grande assente è quello per cui le donne dagli anni ’70 in poi si battono: il riconoscimento del lavoro riproduttivo (ossia quel lavoro di cura materiale con cui si mantiene la vita: dall’allevamento dei figli, alla custodia della casa, alla cura degli anziani, al mantenimento delle relazioni familiari e di vicinato ecc… tradizionalmente delegati alle donne).
Connesso a questa c’è la grande “trasparenza” riguardo la questione della differenza, il non vedere come il pensiero ed il metapensiero sia sempre e comunque una dimensione dove il soggetto di riferimento è sempre maschio (ed in occidente, maschio, bianco, di classe e cultura media, potenzialmente vincente) è tutto il resto è “altro”, considerato nella sua divergenza dalla norma… e nella sua potenziale inferiorità, da un pensiero che funziona in termini di maggiore/minore[3] – seppure la teorizzazione in proposito sia vecchia di almeno 60 anni, dato che l’opera miliare, il “Secondo sesso” di Simone de Beuvoir è stato pubblicato in Francia nel lontano 1949.
Questa “dimenticanza” fa si che tanto quanto si parla di incremento il P.I.L. di Decrescita, o di “lavorare meno=lavorare tutti” non si preveda il lavoro non retribuito di cui sopra e la sua suddivisione, ma fa anche sì che tutte le questioni legate all’educazione – settore considerato “femminile”, negli addetti come nelle attribuzioni – necessariamente passino in secondo piano.
Un altro apetto strettamente interconnesso alla questione femminile è la sopravvivenza dei legami sociali nel senso della Comunità: da quando le donne hanno cominciato a lavorare fuori casa, per dovere o per volere – questo in Italia è cominciato negli anni ’60 – la rete locale di vicinato e di sostegno ha cominciato a vacillare…. chiaro segno di “a chi” era stato delegato nei secoli il silente, paziente, nascosto filo dell’interconnessione pratica degli esseri umani[4]. E quando si dice che in Italia l’insufficente welfare è quasi del tutto sostenuto dal familismo, si da per scontato il doppio/triplo lavoro delle donne: ufficio, casa e figli fino alla pensione, casa, nipoti e genitori/suoceri anziani poi.
Quindi, se il pensiero della Decrescita vuole avere braccia e piedi per dare forma ai suoi progetti nel mondo, se siamo d’accordo nel dire che le nuove generazioni, le relazioni, i legami sociali siano un “bene comune”, è necessario che di queste risorse della natura umana e della loro gestione, manutenzione, cura, ci si faccia carico tutti noi, uomini e donne insieme.
Questo non significa certo un “ritorno ai bei vecchi tempi andati”, come qualcuno invoca e molti temono, con le suddivisioni rigide dei compiti e le violenze tradizionali, ma la predisposizione ad affrontare anche in questo campo la crisi come risorsa, rendendoci disponibili a sperimentare soluzioni innovative e nuovi intrecci di ruoli, di carichi di lavoro, di responsabilità, tradotti in pratica umile, silente, quotidiana, di quella cura che, per citare Heiddeger, è “la struttura stessa della nostra esistenza[5]“.
E farlo, non a prescindere, ma a cominciare dalla nostra famiglia, che ha un ruolo fondamentale come fucina di sperimentazione di nuove allenza tra i sessi e le generazioni, necessarie, per citare Christa Wolf “a passare la mezzanotte”[6].
Personalmente l’approccio che io sperimento e propongo in ogni ambito relazionale, è quello di una pratica educativa e comunicativa nonviolenta, un pensiero dell’equivalenza che rifugge i giochi a somma zero… ma di questo ne parleremo in una prossima puntata.
Isabella Landi
consulente pedagogica
Borgomanero
[1] . Il 20 novembre 1989 è una data storica in cui si ricorda l’approvazione da parte dell’ONU della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza, ratificata dall’Italia con la Legge n. 176/91.
[2] . La scelta del 25 novembre nacque da un accordo delle partecipanti all’Incontro femminista Latinoamericano e dei Caraibi – Bogotà 1981-, quando accettarono il sollecito della delegazione della Repubblica Dominicana che proponeva di rendere omaggio alle sorelle Mirabal, tre dissidenti politiche assassinate nel 1960 per ordine del dittatore Trujillo. Con la risoluzione 54/134 del 17 dicembre 1999, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato il 25 novembre Giornata Mondiale per l’Eliminazione delle Violenza sulle Donne, invitando governi, organizzazioni internazionali e ONG ad organizzare attività ed eventi per accrescere la consapevolezza dell’opinione pubblica su questo tema.
[3] . Concetto ripreso dal sistema dell’educazione nonviolenta elaborato da Pat Patfoort
[4] . Piccolo test: nella vostra famiglia chi si occupa dei colloqui con le maestre, delle feste dei bambini, delle ricorrenze coi parenti, di celbrare le festività, di invitare a cena i vicini, di scegliere le scuole, il pediatra, il medico di base e gli specialisti, la baby sitter, la colf, la badante, i supermercati ed i negozi dove fare la spesa?
[5] . Heiddeger “Essere e tempo”
[6] . Wolfe “Cassandra”