Debito e soluzioni

da | 17 Dic 2012

La fine della seconda guerra mondiale determinò l’inizio di un nuovo ordine mondiale – il petrol-dollaro – che può essere sintetizzato in questo modo: l’espansione dell’economia del debito, la rifeudalizzazione e la privatizzazione del mondo attraverso la trasformazione del sistema monetario e bancario ed il predominio delle SpA sugli Stati. L’effetto politico più vistoso è il ridimensionamento dei diritti umani, l’assenza di partecipazione democratica dei popoli al processo decisionale della politica, e la crescita esponenziale delle superpotenze monetarie accumulate nelle SpA che dettano le linee politiche ai Governi.

Tradizionalmente gli Stati usano una banca centrale per emettere moneta e ricoprire la differenza fra entrate (tasse) ed uscite (spesa pubblica). Nel 1971 l’emissione monetaria fu sganciata dall’oro, oggi si può emettere moneta senza un controvalore equivalente. Dal 1981 in poi lo Stato italiano decise di avviare il processo di privatizzazione della Banca d’Italia e negli anni a seguire i Governi italiani hanno deciso di rinunciare al controllo delle politiche monetarie, in contrasto con gli articoli 1 e 47 della Costituzione, a favore dell’attuale Banca centrale europea (BCE) che si pone l’obiettivo di mantenere i prezzi stabili e l’inflazione al di sotto del 2%.

Negli anni ’80 e ’90 le banche commerciali cominciano a trasformarsi in industrie finanziarie abdicando al tradizionale ruolo di custodi del risparmio. La priorità di una banca di oggi è prestare il denaro dei risparmiatori col sistema della riserva frazionaria. «L’attuale creazione di denaro dal nulla operata dal sistema bancario è identica alla creazione di moneta da parte di falsari. La sola differenza è che sono diversi coloro che ne traggono profitto» (Maurice Allais, premio nobel per l’economia). La più grande quantità di moneta si produce con formule matematiche, scommesse, ed il peso di questi strumenti supera di gran lunga l’economia reale. Si stima che gli strumenti finanziari siano 12,5 volte il PIL mondiale.

Nell’Unione Europea, che non è l’Europa, sono 17 gli Stati che ricorrono all’indebitamento attraverso il “mercato libero” per avere una moneta (l’euro), e l’effetto di questa scelta politica, cessione di sovranità monetaria, ha pesanti ripercussioni sui salari che perdono, anno dopo anno, il loro potere d’acquisto. Nel luglio del 2008 il Parlamento italiano, senza indire referendum consultivo, approva il Trattato di Lisbona che in diversi principi sovverte i principi della nostra Costituzione. La nostra carta Costituzionale (139 articoli) è ideata per uno Stato di diritto e uno Stato sociale, il Trattato di Lisbona (358 articoli) è ideato per il libero mercato delle SpA, due paradigmi opposti e contrastanti. Inoltre l’UE per violazione del principio di separazione dei poteri non è neanche un’organizzazione democratica rappresentativa, poiché il potere dell’organo esecutivo è maggiore del Parlamento.

L’assenza di una politica monetaria per l’interesse pubblico è la prova di una scelta politica incostituzionale e immorale, poiché l’avidità delle SpA, che acquistano i Titoli di Stato, rappresenta un potere di ricatto sui popoli che non riescono a soddisfare i bisogni primari, mentre gli Enti locali, seppur virtuosi sono schiacciati dal Patto di Stabilità, non riescono a garantire i servizi pubblici.

L’intero sistema europeo non soddisfa i paesi “periferici”, denominati PIIGS, e le politiche dell’austerità – riduzione della spesa pubblica per far quadrare il bilancio – impoveriscono maggiormente i ceti meno abbienti, si riducono le opportunità di nuovi impieghi anche per le politiche virtuose sui temi dell’uso razionale dell’energia, del riuso e del riciclo perché le banche commerciali optano per una chiusura del credito consigliata dalla BCE. La stessa immissione di liquidità passa dalla BCE alla banche al’1% di interesse e dalle banche ai cittadini al 4%. Le banche cosa fanno? Ripagano i loro debiti e comprano Titoli di Stato. Le famiglie? Rimangono senza credito e lavoro ed aumenta la povertà.

La cessione di sovranità monetaria non è avvenuta in maniera paritaria come prevede la Costituzione italiana, perché l’UE è composta da 27 stati membri, 17 usano l’euro mentre la Gran Brategna, conserva la sterlina ed i membri della sua banca centrale siedono nel consiglio di amministrazione della BCE, ponendosi in evidente vantaggio rispetto agli altri membri dell’UE.

I criteri di rigore dell’UE, Patto di Stabilità e fiscal compact, sono più adeguati ai paesi come la Germania, l’Olanda, l’Austria e molto meno a Paesi come l’Italia per il semplice motivo che tali criteri non sono compatibili fra Nazioni culturalmente e strutturalmente diverse, se non addirittura opposte. Inoltre è altrettanto banale evidenziare che il noto fenomeno della delocalizzazione peggiora l’indicatore debito/PIL. Sembra persino palese mostrare che l’Italia è un paese colonizzato e saccheggiato dalle SpA (privatizzazioni), mentre la sua economia fiorente ha caratteristiche strutturali evidenti, l’arte, la storia, il cibo, la natura, l’artigianato, l’elettronica (“saccheggiata”); tali peculiarità hanno bisogno di un piano di prevenzione e rilancio. Invece i partiti ottocenteschi e novecenteschi obbediscono alle indicazioni dei think tank neoliberisti scegliendo l’austerità depressiva che obbedisce alle regole della crescita preferendo l’acquisto di armi inutili a scapito di investimenti nell’istruzione pubblica, nella ricerca scientifica, nell’innovazione, e nelle scienze applicate. Persino l’evasione fiscale è tollerata a danno della sanità pubblica, invidiata persino dagli USA. Con un nuovo sistema economico e con la moneta sovrana si possono avere nuovi e importanti investimenti sulla prevenzione primaria per i fenomeni di dissesto idrogeologico e riduzione del rischio sismico, investimenti sulla conservazione del patrimonio culturale e l’adeguamento delle scuole sono impossibili col sistema del Patto di Stabilità e del fiscal compact. Eppure è un obbligo applicare la Costituzione italiana, non un’opinione. Senza dimenticare che è necessario bonificare i siti inquinati dai grandi complessi industriali. Oggi è di moda la mobilità sostenibile, quella intelligente, essa emerge anche grazie alla consapevolezza del picco del petrolio. Il nostro Paese è straordinario nella sua creatività e l’industria manifatturiera della bicicletta ha una grande e lunga tradizione. Un’economia fiorente e in forte crescita è senza dubbio il sistema pedelec – pedalata assistita – e l’Italia può essere primatista assoluto.

Hans Magnus Enzensberger: «Da un bel po’ di tempo in qua, i paesi europei non sono più governati da istituzioni legittimamente democratiche. Ma da tutta una serie di sigle che ne hanno preso il posto. Sono sigle come Efsf, Efsm, Bce, Eba o Fmi che ormai determinano qui in Europa il corso degli eventi.»

Qual’é il punto? Vi sono evidenti e palesi incongruenze, violazioni del diritto costituzionale, usurpazioni di poteri e truffe, come rivela la stessa Corte dei Conti che indaga sulle agenzie di rating che valutano i debiti sovrani, paventando un danno all’erario di ben 120 miliardi di euro.

L’attuale sistema di misura della ricchezza adotta criteri e metodi palesemente sbagliati, immorali e irrazionali, non scientifici (PIL, espansione monetaria e petrolio). L’essere umano è collegato al sistema natura, la Terra, e la distruzione degli ecosistemi incoraggiata da politiche sbagliate mette in crisi la sopravvivenza del genere umano, questo ragionamento appare persino banale.

Il sistema dei partiti politici, indottrinato dai think tank neoliberisti, ha preferito divulgare un criterio economico che non tiene conto né dell’entropia e né dell’uso razionale delle risorse, e certi indicatori economici non hanno un fondamento scientifico, ma rappresentano solo l’interesse di un’élite degenerata che ha saputo condizionare buona parte del sistema educativo scolastico ed universitario prendendo il controllo del sistema bancario e del sistema mediatico globale.

La soluzione ai problemi è altrettanto banale, bisogna proporre un nuovo paradigma culturale e metterlo in pratica partendo non più dall’opinione di un’economia irreale (la finanza), o da opinioni truffaldine come i fantasiosi concetti di crescita e competitività. I dati dimostrano che la crescita del PIL non crea necessariamente nuova occupazione, ma addirittura un certa competitività crea disoccupazione.

Basti ricordare che in un mondo di risorse finite la mera crescita materiale quantitativa non è la risposta ai problemi se questa produce inquinamento, e tanto meno l’obsoleta competitività e/o l’immorale obsolescenza pianificata dalle SpA, che producono merci poco durevoli per mantenere una dipendenza monetaria. Sarebbe meglio transitare da una crescita quantitativa ad una crescita qualitativa dettata dall’economia reale e dalla bioeconomia, sarebbe più saggio produrre meno e meglio. In quest’ottica è auspicabile un piano nazionale di decrescita felice perché pone come priorità assoluta la crescita materiale e spirituale dell’essere umano in armonia con la natura partendo da informazioni determinanti come l’ambiente, la salute, lo stato psicofisico dell’individuo etc. La decrescita felice prevede un’evoluzione attraverso la trasformazione dei processi produttivi a tutela dell’ambiente e della salute umana grazie ad una virtuosa innovazione tecnologica, la cancellazione degli sprechi nel settore energetico e l’uso delle fonti alternative in un sistema intelligente (smart grid), l’adozione di un piano nazionale di riciclo totale delle materie prime seconde (rifiuti) e un approccio olistico all’uso delle risorse finite.

Un altro obiettivo strategico è senza dubbio la rinascita del sistema agricolo contadino, passando per la sovranità alimentare, e puntando allo sviluppo della civiltà contadina modernizzata.

Le pubbliche istituzioni possono mettere in pratica questa transizione partendo dall’adozione del Benessere Equo e Sostenibile (BES) e l’introduzione di piani e strategie ispirandosi alla decrescita felice, che non è la rinuncia a qualcosa come alcuni maliziosamente lasciando intendere, ma è l’evoluzione a un sistema di comunità autosufficienti, libere e rispettose del territorio per garantire risorse alle future generazioni.

In “Qualcosa” che non va, pag.28 : Proposta economica

Una maggioranza politica intellettualmente onesta e a servizio del popolo può intraprendere la strada legale del debito odioso[1]. L’Italia può valutare l’azione legale nei confronti di chi ha truffato e rubato ricchezza al popolo sovrano e “congelare” il debito estero per negoziare la giusta somma da pagare.

Applicando la sovranità monetaria lo Stato può avviare una contabilità parallela a quella esistente per sostenere importanti capitoli di spesa pubblica (i diritti inviolabili) come: sussidi alle famiglie meno abbienti e alle imprese che sviluppano le energie rinnovabili o tutelano il territorio e il paesaggio. Tali investimenti possono essere misurati con moneta della Repubblica italiana quindi fuori dal bilancio attuale e liberi dal debito poiché creati senza emettere obbligazioni.

E’ sufficiente un software informatico per applicare questa semplice proposta ed accreditare moneta ai ceti meno abbienti, alle imprese. Col medesimo sistema lo Stato, a credito e senza creare debito, può avviare programmi di prevenzione primaria per la salute pubblica. Si tratta di un sistema di economia reale molto noto già in uso in Sud America, in Asia ed in misura ridotta persino in Europa tramite le monete complementari non convertibili con l’euro. Il sistema non dipende né dalla Banca Mondiale, né del FMI, né dalle borse telematiche, né dalle banche commerciali, né dalle banche centrali privatizzate, ma funziona unicamente dalla fonte primaria di misura del valore, cioè dalla condivisione di conoscenze socialmente utili (uso razionale dell’energia e beni comuni) che crea relazioni e fiducia nelle comunità e quindi scambi: economia reale.


[1] Fonte wikipedia: Per debito odioso si intende quella teoria di diritto internazionale riguardante la successione tra Stati nel debito pubblico. Con esso ci si riferisce al debito nazionale assunto per perseguire interessi diversi da quelli nazionali nella piena consapevolezza dei creditori e nell’incoscienza dei cittadini.

di Peppe Carpentieri