La dottrina del progresso, che postula un’illimitata evoluzione tecnologica come parte integrante di un cammino progressivo verso il “meglio”, non include nella propria visione la prospettiva di doversi confrontare con qualsivoglia limite, incluse le condizioni economiche sfavorevoli in cui oggi si trova la maggior parte delle nazioni. La strada verso il “meglio” è considerata parallela a quella verso il “più”: il progresso e la crescita economica sono considerati come gemelli siamesi che procedono inseparabili verso un luminoso futuro.
Quest’idea di progresso ha plasmato anche la moderna concezione di ars medica, che non conosce limiti all’evoluzione tecnologica delle pratiche diagnostiche e terapeutiche.
Nel corso dell’ultimo secolo la medicina moderna è stata protagonista di clamorosi successi: ha debellato molte malattie che erano tra le maggiori cause di morte del passato, è stata responsabile del drammatico aumento dell’aspettativa di vita e della diminuzione della mortalità infantile che si sono verificate nelle nazioni industrializzate (e, in misura minore, nel resto del mondo). Tuttavia, oggi, i moderni sistemi sanitari stanno affrontando crescenti difficoltà, non solo nel migliorare la propria efficacia nelle cure della salute, ma anche, semplicemente nel mantenersi ai livelli del recente passato.
Il progresso illimitato e la limitatezza delle risorse
La concezione moderna di progresso illimitato ha portato inoltre ad una idea di medicina che non pone limiti alle possibilità di miglioramento della “salute”: qualunque sia il risultato che si ottiene, esso non sarà mai sufficiente a soddisfare le aspettative. Quest’attitudine conduce inevitabilmente allo scontro tra questo tipo di “esigenze”, che è illimitata, con i limiti delle risorse a disposizione per soddisfarla.
Di fatto, la sostenibilità dei Sistemi Sanitari in tutto il mondo è messa a dura prova di fronte agli oneri economici ed organizzativi che queste “esigenze” comportano. L’introduzione di tecnologie sempre nuove e sempre più costose comporta sempre crescenti, così la richiesta da parte della popolazione, di un aumento della quantità delle cure e di un continuo miglioramento della loro qualità, inoltre la continua pressione della ricerca e dell’industria verso l’adozione di pratiche terapeutiche sempre più innovative (ma non sempre più efficaci) che, al contempo, comportano un aumento esponenziale dei costi a carico della collettività.
In passato, la sostenibilità finanziaria del sistema era consentita dalla crescita economica continua, ma cosa succede se quest’ultima non si verifica? Il modello che presuppone un progresso illimitato finanziato da una crescita economica infinita è estremamente pericoloso, perché presuppone un andamento lineare e prevedibile di un sistema complesso quale sono le moderne società e le moderne economie, che non è affatto certo o scontato.
Una crisi severa che colpisca un sistema socio-economico si ripercuote gravemente sui sistemi sanitari, nonché influisce sulle altre condizioni (alimentazione, igiene, stile di vita) che sono fondamentali per la cura della salute. Non solo, ma ci mostra anche che, quanto più l’organizzazione di un sistema sanitario è complessa e costosa, tanto meno è resiliente nei confronti delle eventuali crisi.
Sostenibilità e contabilità
Il discorso sulla sostenibilità delle cure, non è volto ad auspicare un ritorno al passato o stimolato dai richiami al contenimento dei costi da parte di autorità politico economiche (“ce lo chiede l’Europa”), che fanno riferimento soltanto ad un determinismo di natura contabile, che è segno di un’abdicazione da parte della sfera politica a favore di quella economica.
Un esempio è quello del recente annuncio del presidente del “governo tecnico” (che ha però un’attitudine assai politica nel privilegiare determinare alcune entità socio-economiche, piuttosto che altre), che mette in dubbio la sostenibilità del SSN nel lungo periodo, secondo motivazioni strumentali all’orientamento politico che vuole dare al Paese. L’annuncio è nel puro stile della Shock doctrine, ben descritto da Naomi Klein, nel quale si proclamano annunci ad effetto, volti a spaventare l’opinione pubblica circa il rischio di collasso di un servizio essenziale, poi, quando questo è divenuto un dato assodato, è più facile far accettare il ridimensionamento o la liquidazione del servizio in oggetto.
È da tempo che si può osservare un progressivo “svuotamento” dei servizi sanitari: molte delle prestazioni sono diventate onerose, e gli operatori vengono messi sempre più in difficoltà da tagli indiscriminati, che non entrano affatto nel merito degli interventi davvero utili per razionalizzare un sistema complesso come quello della cura della salute.
Non v’è dubbio che la spesa sanitaria italiana rischi di andare fuori controllo, così come non v’è dubbio che le risorse disponibili potrebbero essere utilizzate per il miglioramento delle cure e per offrire servizi migliori. Ad esempio nel campo della prevenzione primaria e nella promozione di stili di vita più consoni al mantenimento della salute. Prevenire, si sa, è meglio che curare, e costa pure meno!
Temiamo tuttavia che non siano queste le motivazioni che ispirano il pensiero dell’algido burocrate a capo del cosiddetto “governo tecnico”, i cui ragionamenti sono ispirati da semplici considerazioni contabili secondo le quali è necessario ridurre tout court la spesa sanitaria per “rassicurare i mercati” perché “ce lo chiede l’Europa”. L’Europa ci chiede anche di lasciare più spazio ai privati, che sulla salute potranno fare lucrosi affari, forse senza neppure assicurare una sufficiente qualità delle cure e sicuramente ingaggiando personale sanitario mediante una pericolosa licitazione al ribasso. In realtà il Servizio Sanitario Italiano è uno dei meno costosi tra i paesi occidentali (WHO: Global Health Expenditure Atlas 2011, OECD Health Data 2012) e uno dei più efficaci ed efficienti a livello mondiale (WHO: World Health Statistics 2012). I gridi d’allarme lanciati ad arte ci sembrano pertanto capziosi e strumentali, ma assolutamente inappropriati ad affrontare la questione nel merito.
Conclusioni
Il tema è assai più complesso rispetto ciò che vorrebbe la banalizzazione contabile, e si riferisce all’incompatibilità logica tra aspirazioni infinite e risorse finite, tra l’astrazione delle speranze e la concretezza della realtà fattuale.
Attualmente, nel mondo non vi è alcun sistema sanitario che sia sostenibile a lungo termine e, se un sistema non è sostenibile, non potrà mai essere equo ed efficiente.
È necessario riconsiderare l’idea di progresso infinito e di innovazione e tecnologica incontrollata. Questo comporta la ridefinizione di salute e malattia, nonché quella di cure e terapia.
Questo è un compito sia scientifico che organizzativo. Ma soprattutto etico. Se non lo fanno coloro che sono preposti alle cure, lo faranno altri, con criteri astrattamente contabili o di altro genere che non saranno certo quelli corretti ed appropriati per affrontare adeguatamente i problemi che abbiamo di fronte.
di Pier Paolo Dal Monte