L’economia sostenibile: rimettere al centro relazioni e fiducia

da | 24 Giu 2013

Una decina di giorni fa un papà ha lasciato per molte ore il proprio bambino di 2 anni nel passeggino in auto. Doveva portarlo all’asilo, ma non si è ricordato. Uscito di casa come sempre alle 7.30 del mattino, non si è fermato all’asilo ad accompagnare il proprio bambino ma è corso direttamente in ufficio a lavorare. Il piccolo, rimasto in auto per ore ed ore sotto il sole ed il caldo, non ce l’ha fatta ed è morto.

I mezzi di comunicazione hanno dato grande eco alla notizia, ricordando che anche negli anni scorsi sono successi casi simili. L’anno scorso solamente negli Stati uniti sono morti in questo modo più di 100 bambini. Tutti hanno pensato ad un tragico incidente: sì, è vero, è stato un tragico incidente e ora una famiglia è distrutta dal dolore, ma, se riflettiamo per un attimo, ci accorgiamo che possiamo “catalogare” anche questo triste episodio tra le tante conseguenze del sistema all’interno del quale siamo inseriti.

Il ritmo frenetico di ogni giorno ha talmente coinvolto le persone, le famiglie e le nostre comunità, che molto spesso queste “tragiche casualità” rappresentano un evidente campanello d’allarme. Un forte segnale che sta ad indicare che non possiamo più continuare in questo modo: la nostra società è inserita all’interno di un grande “frullatore” che ci chiede e richiede sempre di più.

Più attenzione, più produttività, un sistema di vita che sacrifica sull’altare della massimizzazione del profitto valori importantissimi, quali la fiducia, la speranza, le relazioni tra le persone, il tempo per noi e per gli altri. E spesso ci costringe a continuare a correre, correre, sempre più forte e rapidamente, ma verso dove? Verso chi?

E così anche le stesse imprese, come le acciaierie di Taranto, che costringono migliaia di cittadini a “vendere” la propria salute in cambio di un lavoro, e così miliardi di persone che sopravvivono con meno di 2 dollari al giorno sono condannati ad una vita di stenti e di fatiche, e così molti bambini sono abbandonati e senza un futuro a cui aggrapparsi. “Effetti collaterali”, commenta qualche cinico economista, un sistema non perfetto, che produce situazioni spiacevoli. Potremo citarne centinaia, migliaia di queste “situazioni spiacevoli”, mentre questa nostra società sta sempre più sprofondando nell’indifferenza, nella paura. Credo che questo episodio possa rappresentare l’inizio di un riscatto.

Non si può lasciare solo un padre, che è entrato nella “macchina che frantuma ogni cosa” e si è trovato da solo, come soli sono molti anziani, e molte famiglie. Questa nostra società ha bisogno di un riscatto. È per questo che, caro Santo Padre, desidero con questo mio commento farle un appello perché anche attraverso il suo autorevole pensiero si possa riflettere sui principali mali di questo sistema, della nostra economia, della nostra finanza, e si possa iniziare un lento ma necessario e progressivo cammino di cambiamento.

La finanza che oggi domina le sorti del nostro pianeta va regolamentata e cambiata, resa più etica ed umana: il migliore esempio potrebbe essere portato con un’enciclica, un discorso, una posizione chiara sulla finanza riformata e sul ruolo centrale che potrebbe avere un microcredito per imprese e famiglie. Si pensi quale risposta potrebbe rappresentare se dalla Sua posizione si levassero consigli e posizioni tese al cambiamento sempre più necessario.

Se oggi questo sistema economico è ripiegato su se stesso è molto spesso a causa delle regole che non ci sono o che sono ad esclusivo vantaggio di pochi, nei confronti di molti che non ce la fanno più. Siamo in una fase di grandi cambiamenti e una delle poche autorità che mantiene una indiscussa immagine di “padre”, e allo stesso tempo di figlio del nostro tempo, è proprio Lei.

Cerchiamo quindi di umanizzare la nostra società, di essere più “fratelli” fra di noi, di volerci bene, di condividere ed essere più solidali, di far scaturire da questi valori un nuovo pensiero economico che rimetta al centro la relazione e la fiducia. Con questi pensieri ridiamo fiducia e speranza a molte persone che oggi soffrono, con questo auspicio possiamo realizzare quel cambiamento così necessario alla nostra società.

Fabio Salviato

Fonte: Romasette.it