La pasta madre come stile di vita. È questa l’idea rivoluzionaria che mi è venuta in mente frequentando per poche ore un contadino cinquantenne delle mia zona.Ma andiamo con ordine. Cosa c’entrano farina, acqua un po’ di miele o zucchero e dei sani batteri, con la nostra vita? Molto più di quanto possiamo immaginare.
Per prima cosa mettiamo da parte le proprietà organiche che questo mix di enzimi può apportare alle nostre vite. Di questo vi è abbondante letteratura. Piuttosto cerchiamo di scendere un tantino in profondità e capire cosa c’è “dietro” la pasta madre.
La cosa importante da sapere è che la pasta madre o lievito madre non è stata inventata ora. Anzi è antica quasi quando il mondo. E questo dovrebbe dirci già quanto importante sia. Fino al cosiddetto boom economico, che tanto benessere doveva regalarci, il lievito madre veniva trasmesso da madre in figlia, come un sapere prezioso e da tramandare. Quasi come un tesoro di inestimabile valore. E in effetti avere del buon pane sulle nostre tavole, non era e non è cosa così scontata e piccola.
Ma non finisce qui. Anzi, dobbiamo ancora iniziare. Chi ha sperimentato in casa l’uso del lievito madre sa benissimo alcune cose.
Primo fra tutto sa che esso richiede una cura e un’attenzione quotidiana e costante. È un giornaliero mettersi in gioco da parte di chi vuole nutrire se stesso e i suoi cari con del pane sano e genuino. Questo prendersi cura del lievito madre è anche un sano esercizio alla pazienza. Un rispettare i tempi, un non adulterare gli elementi naturali con apporti chimici esterni.
Una piccola scuola di vita perché ci insegna anche a non consumarlo tutto, a tenerne da parte un pezzo se si vuole già oggi avere un pegno per il futuro. Ecco il pane fatto con pasta madre mi sembra una buona metafora per questi nostri tempi. Abbiamo spesso, per decenni, preferito pane lievitato con surrogati. Abbiamo alimentato le nostre vite senza la pazienza della giusta lievitazione, rendendole “simili” a quelle di qualità ma non pienamente di qualità. Proprio come il pane fatto con “scorciatoie” che è “quasi” come quello naturale, ma mai “come quello”.
Siam cresciuti e abbiamo fatto crescere generazioni – spesso in buona fede – come fossero del pane secco o indurito. Vi abbiamo messo lievito di veloce lievitazione ma di durata scarsa e di qualità inferiore.
Ci siamo fatti una piccola ubriacatura di benessere a basso costo. Ci può stare e l’importante è saper e voler rimediare. Ancora di più è volerlo.
E da dove partire? Direi dal farsi alcune salutari domande, magari un po’ scomode ma come si dice? “per aspera ad Astra”, no? Dove è finita, nel nostro quotidiano, la qualità della vita? Dove e’ finita l’arte vera dell’insegnare a vivere da esseri umani in questo mondo?
Il lievito naturale nella sua piccolezza è capace di crescere dismisura. Basta osservarlo lievitare. Non a caso da sempre il lievito e usato come metafora e simbolo per indicare la possibilità di spostare enormi masse.
Ma noi, di questo lievito che è simbolo offertoci dalla natura della qualità di vita, che ne abbiamo fatto? Siamo in grado di recuperarlo e di trasmetterlo? Vi è in gioco,la qualità della nostra vita, la nostra gioia e quella delle generazioni immediatamente a venire.
Tutta questa cultura e sapienza è possibile ancora recuperarla, basta appunto volerlo.
Ma ora lasciate che vi sveli il segreto dei segreti, quello che può permetterci di rimetterci sempre in carreggiata. La regola che ho imparato è questa: per imparare bisogna soprattutto osservare la natura, restarvi in contatto e osservare. Li c’è tutto quello che i libri possono solo accennare.
Buona rivoluzione a tutti.
Alessandro Lauro
Fonte: GreenMe.it