Pianura Padana, non si respira più! Ma non interessa a nessuno

da | 15 Gen 2018

La Pianura Padana ha conquistato il primato di area con l’atmosfera più malsana d’Europa. Un triste record di cui però c’è poco da stupirsi visto i ripetuti allarmi lanciati dalle autorità nazionali e internazionali (tra gli ultimi avvertimenti quello del Consiglio Nazionale delle Ricerche e dell’Agenzia Spaziale Europea) e visto l’assenza di qualsiasi presa di coscienza a riguardo.

Come se il problema dello smog non fosse una delle prime cause di morte al mondo: tre volte più dell’effetto combinato di Aids, tubercolosi e malaria e 15 volte più di tutti conflitti armati e delle altre forme di violenza. L’inquinamento uccide più di tutti gli incidenti stradali Ma a quanto pare poco importa. Non importa nemmeno che l’Italia sia ai primi posti anche di questa triste classifica: con circa 91.000 morti premature all’anno per inquinamento atmosferico, battiamo le 86.000 della Germania, le 54.000 della Francia, le 50.000 del Regno Unito e, di molto, le 30.000 della Spagna. Una strage silenziosa che si consuma ogni giorno ma che purtroppo, agli occhi di molti, lascia il tempo che trova.

Abbiamo trasformato in discarica il sottile strato d’aria in cui viviamo e respiriamo, come d’altra parte tutti gli altri ambienti terrestri fino agli oceani e ai ghiacciai polari – ha denunciato nei giorni scorsi Luca Mercalli dalle pagine de La Stampa, aggiungendo – Tra automobili, riscaldamenti domestici accesi nonostante il caldo tardivo e disastrosi incendi boschivi nelle valli alpine, in ottobre l’intera pianura Padana si è trasformata in una camera a gas.

Certo, l’inquinamento è ovunque, ma in altre situazioni geografiche più favorevoli basta poco a disperderlo: una brezza marittima, un temporale, un po’ di vento. In Valle Padana no. Qui, a causa della sua ubicazione chiusa tra Alpi e Appennini, e dalle precipitazioni sempre più rare, elementi come polveri sottili, ossidi di azoto, benzene e monossido di carbonio fanno fatica ad abbandonare l’area.

Qui inoltre si trovano le città più trafficate e industriali d’Italia e la maggior parte delle campagne ospitano coltivazioni e allevamenti intensivi (basti pensare che nel 2015 – dati Ispra – il settore agricolo con un bel 43% è stato la maggior fonte di emissioni di metano, per rendersi conto di quanto questa campagna sia davvero poco salutare).

Per tutti questi motivi è ormai ovvio che qualche giorno di blocco del traffico, un po’ di consigli sull’utilizzo dei mezzi pubblici, sull’abbassare di un grado il termostato in casa o altre esortazioni del genere siano tanto vane quanto inascoltate, per risolvere la questione. Soprattutto se le istituzioni per prime non sensibilizzano le popolazioni sul tema. Basti pensare che a gennaio diverse città hanno rimandato il blocco del traffico per favorire l’apertura della settimana di soldi per intuire quali siano le priorità di tante amministrazioni.

“Il segnale che ci porta il fumo padano è forte e chiaro: non possiamo più aggiungere, crescere, produrre, consumare e scaricare a oltranza, costruire case, autostrade, capannoni e viaggiare compulsivamente su mezzi alimentati a combustibili fossili. Abbiamo raggiunto la saturazione, dobbiamo al più presto rallentare la corsa e stabilizzarci in una condizione sostenibile” ha aggiunto Mercalli.

E per farlo bisogna rivedere da subito il modello economico dei consumi e dei trasporti. L’alternativa? Il modello cinese. In Cina negli ultimi anni ha preso piede il business dei “rifugiati” dello smog. La nuova classe media satura degli ambienti malsani e dell’inquinamento metropolitano si sposta sempre più verso zone in cui si può ancora respirare una boccata d’aria fresca.

Purtroppo si tratta, ancora una volta, di una finta soluzione: da un lato perché l’arrivo di un numero sempre maggiore di visitatori ha già attirato palazzinari, traffico e commercio mettendo sotto pressione i luoghi prima incontaminati; dall’altro perché solo le classi più benestanti possono permettersi questo viaggetto di benessere. Un lusso, il respirare aria pulita, che ben presto sarà sempre più caro e che sempre meno persone si potranno permettere.  

Che fare quindi per evitare questa triste deriva? Iniziare, magari, dalle proprie abitudini… optare per la bicicletta, i  mezzi pubblici, i servizi di car sharing e di bike sharing, le auto elettriche, condividere la propria macchina, fare educazione ecologica attivamente, partendo dalle scuole e dalle famiglie. Ma anche mangiare meno carne, comprare biologico, limitare i prodotti che percorrono lunghe distanze, soprattutto se su ruota o in aereo. In generale consumare di meno, sotto ogni aspetto. E muoversi di più! Nell’attesa di un cambio generale delle pianificazioni politiche in materie di agricoltura e produzione industriale. Si tratta di soluzioni concrete, che si possono attuare, in parte, da subito, anche senza un’imposizione dall’alto. Ma soprattutto si tratta di soluzioni che, comunque vadano le cose, non potranno che migliorare la nostra quotidianità!

di Elena Tioli