Di Karl Krahmer.
Come Decrescita abbiamo sempre criticato le misure del Green Deal per due motivi principali:
Da un lato perché erano troppo poco radicali, cioè andavano troppo poco al fondo delle questioni ambientali non smontando appunto l’ossessione per la crescita continuativa e illimitata di produzione e consumo
Dall’altro lato perché non consideravano a sufficienza la questione dell’equità sociale sia in sé che nel percorso di transizione ecologica, sia localmente che globalmente.
Ora però assistiamo a un attacco al Green Deal da destra che invece lo vede soltanto come un ostacolo.
È preoccupante che adesso la Commissione Europea stia annunciando lo smantellamento di norme sociali ed ecologiche seppur minime che sono state introdotte negli ultimi anni. Queste norme saranno anche insufficienti ma comunque hanno fatto alcuni passi in avanti.
In particolare sono sotto attacco la direttiva europea per la “due diligence” che è stata approvata ma deve ancora entrare in vigore, che ha previsto l’introduzione di un principio molto importante, cioè che le imprese che operano commercialmente in Unione Europea, sono responsabili per violazioni di diritti umani e di standard ambientali in tutta la loro filiera produttiva, anche quella che viene al di fuori dell’Unione Europea. E questo seppur con degli standard minimi, però introducendo appunto un importante principio che contrasta la logica dello scambio ecologico diseguale e dell’esternalizzazione dei costi ambientali e sociali al di fuori dell’Unione Europea.
Altrettanto sotto attacco la direttiva gemella che invece prevedeva di applicare ai prodotti importati una tassazione all’ingresso, per così dire, dell’Unione Europea per compensare per il fatto che producendo fuori dell’Unione Europea non pagavano i costi della CO2 che invece paga chi produce dentro l’Unione Europea, che è un costo assolutamente insufficiente e che è anche un meccanismo criticabile, un meccanismo economicista per regolare la questione del clima. Me era comunque un principio importante per pensare un po’ diversamente la logica del commercio internazionale, oltre alla dinamica continuativa di esternalizzazione.
È preoccupante che la Commissione Europea definisca questi provvedimenti come un peso burocratico, come se non fossero orientati a garantire degli standard ambientali e sociali almeno minimi.