Il Senso del Limite: Ferro e Fuoco (il racconto di Gemma e Cosimo)

da | 18 Apr 2025

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«Nè la rivoluzione nè la riforma possono, in ultima istanza,
cambiare una società, senza che ci sia da raccontare una storia nuova e potente,
tanto persuasiva da bloccare i vecchi miti e trasformarsi nella storia preferita…
Se si vuole cambiare una società si deve narrare una storia alternativa».
IVAN ILLICH

 

Ferro e fuoco

(il racconto di Gemma e Cosimo)

I

I limitesi dovettero attendere un giorno prima di ascoltare il racconto dei due. Erano talmente stanchi che quella sera tutti convennero che era meglio lasciarli riposare. La mattina seguente dormirono fino a tardi, mentre gli altri attendevano al lavoro dei campi. Soltanto nel pomeriggio si riunirono tutti, e Gemma e Cosimo presero a raccontare quanto era accaduto loro.

«La situazione giù in pianura è molto peggiorata dall’ultima volta che siamo scesi». La voce di Cosimo era tremolante. Mai a Limite lo si era sentito parlare a quel modo. Cosimo era quello che si suol dire un uomo tutto d’un pezzo, un gran lavoratore, umile, sempre sereno. Udire quella sfumatura nella sua voce fu un colpo per molti dei presenti. «Abbiamo notato subito qualcosa di diverso negli sguardi della gente di pianura».

«Non sono mai stati particolarmente espansivi con noi limitesi – aggiunse Gemma – Ma stavolta è stata davvero dura. Nei loro occhi per la prima volta c’era… diffidenza».

«Gemma ha ragione – proseguì Cosimo non senza difficoltà – E ci siamo accorti subito di cosa stesse accadendo. Hanno cominciato subito a tirare sui prezzi. Per le cose che abbiamo portato con noi offrivano sempre di meno, e per il ferro chiedevano sempre di più. Abbiamo capito subito che non avremmo ottenuto un granchè. “Poco male” ci siamo detti “Ci fermeremo qualche giorno per lavorare un poco”. Come è sempre avvenuto in passato…» tutti si accorsero che Cosimo non riusciva a proseguire nel suo racconto.

Gemma si fece coraggio e prese la parola: «In quel momento è arrivata la prima doccia fredda. Ci hanno detto che c’era una nuova legge: nessuna famiglia poteva ospitare più di un forestiero. La polizia – dicevano – era particolarmente rigida su questo. Sembra che ci siano stati anche degli arresti. Abbiamo capito che avremmo dovuto separarci… Come siamo soliti fare tutte le volte che scendiamo in pianura, avevamo convenuto un appuntamento di lì a una settimana, nel luogo dove avevamo nascosto i cavalli, nel caso ci fossimo persi di vista, per sicurezza. Se non fosse stato per questa precauzione, non so come sarebbe andata a finire».

«Ma non capisco… – chiese Nunzio – se avevate concordato per una settimana, perchè ce ne avete messe due? Che cosa è accaduto?»

«Non puoi immaginare Nunzio – sospirò Gemma – Angherie e soprusi come mai ce n’erano stati»

Mentre la donna parlava, Cosimo aveva estratto dalla tasca un foglio di carta spiegazzato, che aveva porto a Nunzio.

«E questo che cos’è Cosimo?» disse il vecchio dopo aver gettato una rapida occhiata. Gemma notò che le sue mani tremavano leggermente.

«Un lasciapassare» la voce di Cosimo era poco più di un soffio. Gli altri, allibiti, si lasciarono scappare più di un’imprecazione.

«Ora per muoversi, serve un lasciapassare. Cioè… a noi limitesi intendo. Gli altri si possono spostare liberamente, ma noi no. E non è tutto! Ci sono pure delle fasce orarie in cui non si può uscire, ci sono luoghi in cui non ci è permesso andare… una follia».

«E perchè hanno introdotto queste misure?» chiese Sura. Cosimo si strinse nelle spalle: «Non lo so. Abbiamo provato a chiedere… macché! Non siamo riusciti a sapere niente. Giri di parole, risposte evasive… io non ho nemmeno capito se fingevano di non sapere o se davvero neanche loro avevano compreso bene le regole che veniva chiesto loro di rispettare».

«Bè, non sarebbe la prima volta! sbottò Nunzio Quanto a rispettare regole assurde che nessuno capisce… insomma, i più anziani tra di noi ne avrebbero di cose da raccontare sulla gente di pianura. Già a quel tempo… ma non è il momento di divagare, prosegui Cosimo, ti prego. Quindi, dicevate, vi siete dovuti separare?».

«Non c’era altro da fare, se volevamo recuperare un po’ più di ferro»

«Mmmm… – riflettè Sura tra sè – Quindi se Jacopo e Rodolfo si sono cambiati d’abito è probabile che siano potuti sfuggire a queste imposizioni?»

«Credo di sì Sura – rispose Gemma – Infatti le voci che abbiamo sentito dicevano di averli visti insieme, con il loro carro… Ma non è possibile che sapessero in anticipo di questa nuova legge, se è quello che stai pensando. Probabilmente avevano pianificato di fuggire, questo sì. Il fatto che gli abiti abbiano permesso loro di non separarsi deve essere stata niente più che una fatalità…»

II

Il racconto proseguì con toni ugualmente drammatici.

Dopo aver venduto ciò che avevano portato con loro, i quattro si recarono alla discarica più vicina per acquistare del ferro, e anche qui ebbero la sensazione che all’improvviso tutti cercassero di approfittarsi di loro. Cosimo, complice sempre la sua stazza, riuscì a contenere il danno, ma il ferro che riuscirono ad ottenere era pur sempre una miseria. Fu subito evidente che avrebbero dovuto trattenersi per provare a lavorare e raggranellare qualcosa, ma questo significava separarsi. Quella fu l’ultima volta che videro Rodolfo e Jacopo. Era ormai sera, Gemma e Cosimo trovarono ospitalità presso due famiglie che non erano troppo distanti tra di loro. Con un po’ di fortuna e di arguzia riuscivano persino a vedersi, di tanto in tanto, di lontano. Incontrarsi era ogni giorno più difficile. Avevano la sensazione che tutte quelle leggi venissero cambiate ogni notte, solo per vanificare i loro espedienti per aggirarle! Era frustrante. Cosimo tenne per sè il carro, e si offrì di lavorare come falegname. Gemma grazie alle sue conoscenze erboristiche ebbe modo di dare una mano in una farmacia, una delle poche che ancora offriva anche alcuni preparati naturali. Gli altri due dovettero allontanarsi e così vennero persi di vista.

Nei giorni seguenti la situazione andò sempre peggiorando. I prezzi che riuscivano a strappare per i loro servigi non permettevano comunque loro di fare cassa, perché ogni volta c’era qualche nuova spesa imprevista cui far fronte. Il cibo, l’alloggio, tutto quello che un tempo era a buon mercato, ora aumentava di prezzo giorno per giorno. E i lasciapassare e tutte quelle regole sugli spostamenti, avevano complicazioni burocratiche che erano, pure quelle, costose. Un vero inferno.

Quando pensavano di aver toccato il fondo, le regole sugli spostamenti vennero di nuovo cambiate, di fatto impedendo loro di incontrarsi liberamente. Al termine della prima settimana, pur senza essersi potuti mai incontrare, i due avevano entrambi maturato la decisione di partire, indipendentemente dalla quantità di ferro che avrebbero potuto rimediare.

Purtroppo per loro, tra le altre cose era stato istituito un coprifuoco nelle ore serali, e l’appuntamento concordato era appunto di sera, così loro malgrado non poterono rispettare l’impegno preso. Il che voleva dire aspettare un’altra settimana. Se non fossero riusciti a parlarsi, il che era sempre più improbabile, avrebbero dovuto attendere sette giorni per il secondo appuntamento concordato. Quindi, a meno che il coprifuoco serale non venisse revocato, avevano sette giorni per pensare a come eludere quel divieto.

Per Cosimo in realtà non fu molto difficile. La sua grande abilità gli era subito valsa una certa fiducia, se non in quanto limitese, almeno in quanto falegname. Fu sufficiente proporre, per un lavoro che stava facendo, una soluzione tecnica che richiedeva alcune parti in ferro, che chiaramente Cosimo si offrì di andare a cercare alla discarica. Ovviamente fece progredire il lavoro in modo da averne bisogno esattamente il giorno in cui avrebbe dovuto incontrarsi con Gemma alla cascina. Studiando bene il tragitto e il tempo di percorrenza, riuscì a trovarsi sulla strada del ritorno poco prima dello scattare del coprifuoco, trasportando con il suo carro tutto il ferro che era riuscito a recuperare con i pochi soldi che il suo lavoro gli aveva fruttato. Deviando dalla via che portava alla falegnameria, uscì di città e raggiunse la cascina senza problemi. Ma quando fu lì, vide che purtroppo Gemma non c’era.

Allora iniziarono i dubbi. Forse le era successo qualcosa, o più probabilmente – anche senza cedere all’allarmismo – non aveva trovato il modo di allontanarsi e di raggiungere la cascina. Lo scoramento ebbe il sopravvento su Cosimo, solo l’idea di dover attendere un’altra settimana lo gettò nello sconforto più totale.

Mentre era assorto nei suoi pensieri udì chiaramente dei rumori provenienti dalla strada alle sue spalle. Passi affrettati, e un rumore di oggetti metallici. Qualcuno che stava arrivando di corsa trasportando del ferro! Il suo cuore ebbe un sussulto, sicuro che fosse Gemma. Quando voltandosi si trovò davanti una dottoressa bionda (Gemma aveva i capelli castano scuro) restò per un attimo interdetto. L’oscurità che ormai era scesa non lo aiutava molto a intuire il suo volto. Dopo una manciata di secondi che parvero un’eternità la donna in divisa proruppe in un: «Cosimo, sono io!» al che l’uomo corse ad abbracciarla imprecando tra sè.

«Che diavolo ci fai combinata così? E….» indicò i capelli.

«Acqua ossigenata! E ho rubato una divisa in farmacia, e pure un tesserino di riconoscimento. Ho deciso di uscire di sera spacciandomi per un medico che ha ricevuto una chiamata urgente… »

«Ha funzionato?»

«Non lo scopriremo mai. Non ho incontrato nessuno fortunatamente, cioè nessuno mi ha fermato per chiedermi spiegazioni».

«E il ferro? Dove lo hai trovato? Non sarai andata a piedi fino alla discarica….»

«No infatti – disse lei gettando a terra un sacco di modeste dimensioni – Non è granché come vedi… vicino alla farmacia c’era un rigattiere, ho preso quello che ho potuto. Di più sarebbe stato rischioso, pensavo che avrei dato troppo nell’occhio e… non lo so Cosimo, ero già parecchio nervosa per questo “travestimento”… volevo solo arrivare qui più in fretta possibile. A te è andata un pochino meglio vedo» aggiunse indicando il carro.

«Insomma…» scosse le spalle l’uomo. Effettivamente il carico era ben al di sotto di quello che avevano in mente quando erano partiti da Limite. In quel momento dal retro della cascina arrivò nitido il nitrito dei cavalli, che probabilmente già si erano accorti del loro arrivo. Solo allora Cosimo si rese conto che era talmente preso dai suoi pensieri e dalla paura che Gemma non arrivasse, che non aveva minimamente pensato agli animali. Corse ad accarezzarli. Il fieno che avevano lasciato era stato sufficiente per fortuna. Il fatto che ci fossero tutti e due voleva dire che anche Rodolfo e Jacopo erano ancora in città.

«Pensi anche tu quello che sto pensando io?» chiese Cosimo a Gemma. La donna sospirò alzando gli occhi al cielo. A rigor di logica, la presenza del secondo cavallo avrebbe potuto essere spiegata in mille modi.

«Come possiamo avere la certezza che le cose siano andate davvero come abbiamo sentito dire? – disse infine la donna, mentre slegava il primo dei cavalli per attaccarlo al carro – Cosa ti dice il cuore?» chiese poi a Cosimo. L’uomo, che pure aveva preso a slegare l’altro cavallo, si bloccò per un istante.

«Non saprei… sono molto confuso. Sono stati giorni molto impegnativi. Non ero abituato a tensioni di questo tipo. Davvero non credo di essere così lucido da poterti rispondere».

Continuarono a sistemare i cavalli in silenzio.

Fu subito evidente che quanto avevano dovuto sopportare negli ultimi giorni aveva prodotto in loro conseguenze totalmente diverse. Cosimo, grande e grosso com’era, ora pareva un bambino spaventato. Aveva perduto tutta la sua forza d’animo e anche se la forza – e la presenza – fisica erano immutate, ora si sentiva molto più vulnerabile. Gemma invece si era fatta ancora più riflessiva di quanto non fosse già. Tutto era per lei uno stimolo per ragionare a fondo e cercare di capire. Così, mentre Cosimo si era fatto molto più silenzioso di un tempo, quando presero a camminare verso l’altopiano, Gemma divenne sorprendentemente loquace. Cosimo avvertì forte in lei il bisogno di confrontarsi, quasi che il suo fosse un pensare ad alta voce, per far più chiarezza. E il suo ragionamento era molto lucido.

«Le cose sono cambiate molto negli ultimi tempi – aveva detto ad un certo punto – Prima c’era più tolleranza. Certo, persone come noi che hanno fatto una scelta così radicale erano sempre giudicate un po’ strane. Quando qualcuno, non a parole, ma con il suo comportamento, mette in discussione tutto ciò in cui tu credi, una certa avversione è normale. Ma abbiamo sempre avuto una freccia importante al nostro arco: la qualità dei nostri prodotti, che comunque tutti in pianura riconoscevano. Puoi anche vederci come pazzi per aver scelto questo modo di vivere, ma quando assaggi il nostro formaggio, le nostre composte, i nostri legumi, allora devi ammettere che forse non abbiamo tutti i torti.

Non so se questo li disturbasse particolarmente, forse in ciò vedevano una implicita critica al loro mondo. La qualità dei nostri prodotti era la prova del loro errore, e questo probabilmente non riuscivano a tollerarlo. O forse molto più semplicemente volevano impedire che altri seguissero il nostro esempio, perché se in molti facessero come noi, il loro sistema imploderebbe. Così hanno cominciato a pensare in che modo contenere questo fenomeno. I dazi sui nostri prodotti e la guerra dei prezzi sono stati la prima arma, poi sono arrivate le limitazioni agli spostamenti, i lasciapassare e tutto il resto. Un pezzettino alla volta ci hanno reclusi in uno spazio di libertà sempre più angusto. Il perché ora mi sembra evidente: per impedire ad altri di capire che siamo molto più liberi di loro».

Cosimo non riusciva ad essere così obiettivo nel suo ragionamento, ma dovette ammettere che, in ogni caso, le parole di Gemma riuscirono a tranquillizzarlo molto. Mentre camminavano, Cosimo aveva preso le briglie del cavallo che trainava il carro, mentre Gemma lo seguiva con l’altro cavallo, assciurandosi che il carico fosse ben sistemato e che nulla potesse cadere dal retro del carro. Non era molto il ferro che erano riusciti ad ottenere, non potevano permettersi di perder neanche un singolo pezzo. Non avevano fatto che un breve tratto di strada quando all’improvviso la donna disse: «Cosimo aspetta! Fermo!»

«Cosa c’è?» chiese lui voltandosi. L’espressione sul volto di Gemma lo stupì alquanto.

«Torniamo indietro! Dobbiamo lasciare un cavallo alla cascina…»

«Lasciare un cavallo… e perché?»

«Solo un presentimento… lo so, forse sarà inutile. Ma di fieno ce ne rimane ancora un po’. Per alcuni giorni sarà sufficiente. Uno di noi non ci metterebbe molto a scendere cavalcando. Se tra qualche giorno non ci sono novità, scendiamo e riprendiamo anche l’altro cavallo…»

Cosimo si strinse nelle spalle: «Se questo ti rende più tranquilla… d’accordo allora».

Così fecero, e ripresero la via verso l’altopiano con un solo cavallo e con il loro modesto carico di ferro. Il peso assai ridotto consentì loro di muoversi spediti, e di raggiungere Limite in poco tempo.

Questo fu, più o meno, il racconto che fecero agli altri limitesi.

Mentre i due parlavano, il coinvolgimento emotivo di tutti i presenti era tale che la narrazione li assorbì totalmente. Nessuno notò i rumori che provenivano dall’esterno. Furono, di nuovo, i bambini ad accorgersi di quello che, inequivocabilmente era definibile come rumore di ferraglie unito al ritmo di zoccoli su un selciato di pietre. Uno sguardo fuori fu più che sufficiente per confermare quello che i bambini avevano già intuito.

«Correte! – gridarono, precipitandosi fuori – Venite a vedere, Rodolfo e Jacopo sono tornati!».

***

Il racconto continua tra due mesi. Non mancare!