Il nostro discorso in occasione del presidio per la partenza della Global Sumud Flotilla

da | 3 Set 2025

Di seguito il discorso pronunciato da Pasquale Luiso, socio di MDF, in occasione del presidio per la partenza della Global Sumud Flotilla a Genova.

Buongiorno a tutti e tutte. Noi, come Movimento per la Decrescita Felice, aderiamo alla Global Sumud Flotilla, questa iniziativa internazionale nonviolenta che vedrà la partenza di decine di imbarcazioni dal Mediterraneo, con l’obiettivo di rompere il blocco imposto da Israele sulla Striscia di Gaza.
Sappiamo bene che questa è un’iniziativa senza precedenti, così come la catastrofe umanitaria in corso a Gaza e che la Global Sumud Flotilla rappresenta una risposta dal basso: un’azione di resistenza pacifica, globale e civile, che unisce attivisti e attiviste, associazioni e comunità diverse.
Siamo ben consci che rappresenta un atto politico che mira ad affermare il diritto dei popoli a resistere all’oppressione.
Il Movimento per la Decrescita Felice aderisce, perché vede riconosciuti in questa mobilitazione internazionale i propri valori:

  • La critica alla logica del dominio e della crescita infinita: la guerra in corso a Gaza è espressione di un modello di sviluppo fondato sulla violenza, l’accaparramento di risorse e l’indifferenza per la vita. La decrescita propone l’opposto: un’economia del limite, del rispetto e della cooperazione. Partecipare significa rifiutare questo modello di sviluppo, che finisce inevitabilmente per generare conflitti armati.
  • La nonviolenza come pratica politica. Riconosciamo che la Global Sumud Flotilla vuole agire politicamente senza riprodurre logiche di aggressione
  • L’interdipendenza dei popoli: la decrescita si fonda sul concetto di comunità in relazione solidale con altri popoli. Gaza al momento è priva dei beni fondamentali, gli stessi beni che la decrescita riconosce come diritti e non merci
  • Come decrescita critichiamo il consumismo e pratichiamo resistenza con soluzioni dal basso. Le popolazioni palestinesi resistono e difendono la propria identità nonostante l’occupazione e le privazioni

 

Pur essendo una organizzazione italiana che si occupa di diffondere e praticare i principi e i valori della decrescita nella nostra nazione, crediamo, anzi siamo fermamente convinti, che la transizione verso un mondo più giusto non possa fermarsi ai confini nazionali né essere neutrale di fronte a genocidi e violazioni sistematiche dei diritti umani.
Questi sono i motivi che ci hanno portato come Movimento ad aderire e dare il nostro contributo a questa straordinaria iniziativa.
Vorrei però approfittare di questo spazio per lasciarvi alcune riflessioni sul contesto in cui questa catastrofe umanitaria, assieme ad altre meno visibili ma non per questo meno importanti, sta avvenendo. Che è il mondo consumista/capitalista/colonialista/imperialista e soprattutto patriarcale nel quale noi tutti viviamo, dal quale siamo circondati e alle cui regole ci sembra così difficile sottrarci.
Se pensiamo all’orizzonte temporale a breve termine la Sumud Flotilla è senza dubbio una risposta giusta ed efficace. Ma vorrei che ci fermassimo un minuto a riflettere sul contesto in cui questa emergenza è nata. Perchè quando questo orrore finirà, se torneremo alla nostra vita normale e non ci impegneremo per cambiare questo sistema, ci saranno sempre altre Gaza, altri Sudsudan, altre Libie, altri posti dove la sopraffazione sarà regola.

Il sistema di cui parlo è quello consumista-capitalista, fondato sulla crescita continua. E mi rendo perfettamente conto di quanto, agli occhi dei più, sia utopico pensare di cambiarlo.

Il filosofo Mark Fisher ha detto “E’ più facile immaginare la fine del mondo che non la fine del capitalismo”.
Mi sono chiesto il perché, perché per tutti noi è così difficile immaginare un mondo altro, con regole diverse. Perchè invece per noi della Decrescita “un altro modo è possibile”. Badate, dico un altro “modo”, perché per arrivare ad un altro “mondo” dobbiamo per forza riuscire ad applicare alle relazioni, che siano sociali od economiche, un altro *modo”.
Insomma, perché è così difficile?
Immaginate di essere una zebra nata e cresciuta in uno zoo, nella sua gabbia, magari grande, magari con degli alberi, un piccolo stagno, dove ogni giorno vi danno da mangiare e da bere, dove i leoni sono minacciosi, ma stanno ben lontani in un’altra gabbia. Visto da fuori, il mondo di questa zebra è così strano e strambo e paradossale che lei sente di amare il suo aguzzino, quello che ha le chiavi della sua gabbia, perché è la stessa persona che le porta da mangiare tutti i giorni.
Ora arriviamo noi e le diciamo: “Guarda, la tua vera vita non è qui, tu dovresti stare nella savana, un posto grande, senza sbarre, dove puoi correre libera, dove ci sono alberi giganteschi e grandi fiumi e tutto è diverso.” Siamo sicuri che lei ci crederebbe? Probabilmente ci prenderebbe per matti. Così come sono presi per matti me e voi e tutti quelli che non vogliono piegarsi alle regole di questo sistema. Ma ammettiamo che la zebra ci creda. E chiede:
– Ma senti come è organizzato per il cibo nella savana? Chi è che ti porta da mangiare e da bere tutti i giorni?
– Eh no, lì devi trovare una radura dove ci siano erba ed alberi, ti metti lì e mangi. Poi quando finisci magari devi andare in un altro posto, magari ti fai una passeggiata di qualche km e trovi un’altro posto dove puoi mangiare
– Ah, devo fare qualche km… Uhm, e per bere, che qui tutti i giorni ci riempiono la vasca e noi possiamo bere?
– Ah per bere lì ci sono tanti stagni. Solo che quando c’è la stagione della siccità gli stagni si prosciugano e bisogna per forza andare a bere ai fiumi, bisogna fare qualche km per trovare quelli con l’acqua.
– Ah, pure trovare da bere è una fatica – dice la zebra
– E senti, leoni, tigri, leopardi e coccodrilli, che sono tutti chiusi in quelle gabbie lì nella savana dove sono chiusi?
– Eh no, nella savana non sono chiusi, sono liberi anche loro, difatti quando mangi l’erba o bevi al fiume devi sempre stare attenta che non ne esca uno fuori da un cespuglio e ti salti addosso.
– Azz – dice la zebra – non so se mi conviene.

Ecco qual è il problema. Come ho detto prima il mondo della zebra è paradossale “visto da fuori”, ma pochissimi sono capaci di vedersi o immaginarsi” da fuori”. E poi tanti di noi sono così assuefatti alle comodità, (a volte finte, tantissime volte ben più che superflue) del mondo in cui viviamo, che non sono più capaci di credere e capire che il mondo che gli appartiene ed a cui loro apparteniamo non è questo. Ditelo ai vostri amici e conoscenti. E’ duro da dire ed accettare, è duro sentirselo dire. Ma voi ditelo, siamo e siamo circondati, chi più chi meno, da zebre in gabbia. Che nemmeno tentano di uscire.

Ma noi non ci vogliamo arrendere. Se siamo qui a celebrare la Global Sumud Flotilla è perchè non ci vogliamo arrendere.
Non ci vogliamo arrendere alla narrazione della guerra come unica soluzione dei dissidi tra stati, prima che tra popoli, ed anzi opponiamo a questa visione un’altra visione, anch’essa percepita come utopica, una visione che è fatta di accordi di demilitarizzazione, una visione fatta di cooperazione, di creazione di corpi di pace, di persone preparate a permettere una risoluzione non violenta dei conflitti.

Noi non ci vogliamo e non ci dobbiamo arrendere nemmeno alla narrazione del sistema capitalista come unico possibile. Quello che la Decrescita propone è un sistema possibile, basato sul lavoro civico, su un’economia circolare, su una programmazione partecipata delle necessità della produzione delle merci, su un’ampliamento dei beni e dei servizi a cui una persona ha diritto in quanto tale, cose che porterebbero naturalmente sia ad una diminuzione delle disuguaglianze che della pressione antropica sul pianeta.

Un’ultima cosa che qui dico solo di sfuggita. Il cambiamento climatico, o come qualcuno preferisce definirlo, il riscaldamento globale o come qualcun altro ancora dice, il disastro climatico, sappiamo bene che anche questo è, e sarà sempre più, causa di migrazioni quando non di sfollamenti forzati e guerre per l’accaparramento delle risorse. Ne abbiamo già qualche esempio. E sappiamo anche che la causa di tutto questo non è l’uomo in sè, la specie umana in quanto tale intendo, ma la modalità del suo agire attuale, un agire che è storicamente definito, non è immutabile nè insito nella nostra natura.

Insomma ci potrebbe sembrare di essere in un circolo vizioso che porterà al collasso della civiltà umana. Siamo in questo circolo, sicuramente, ma invertire la rotta è possibile e doveroso.

Quindi ora è sicuramente il momento di fare qualcosa per dare immediatamente una risposta alla crisi umanitaria in corso a Gaza. Da domani io vorrei che tutti e tutte ci impegnassimo per far sì che questo genere di tragedie non si ripetano più. Questo impegno passa per tante vie, personali e collettive. Passa per strade che afferiscono alla sfera sociale, spirituale, economica.
Si tratta però sia di pensare ad una strada diversa da percorrere, sia di farlo insieme.

Alex Langer diceva:
“Né la rivoluzione né la riforma possono cambiare una società, senza che ci sia da raccontare una storia nuova e potente”
Ecco, se vogliamo che i nostri figli e nipoti possano raccontare questa storia nuova dobbiamo cominciare ad immaginarla e costruirla.