Per conoscere meglio la decrescita felice e tutto il suo mondo che vi ruota intorno è sempre bene informarsi. Il modo migliore per farlo è quello di leggere buoni libri, scritti da chi la decrescita la vive e la studia contemporaneamente.
Per questo riportiamo di seguito la recensione di Alessandro Pertosa al nuovo libro di Filippo Schillaci “Un pianeta a tavola. Decrescita e transizione agroalimentare” edizioni per la decrescita felice, 2013.
Oltre alla recensione del libro, aggiungiamo anche l’introduzione dello stesso.
Buona lettura.
Un pianeta a tavola
“Un pianeta a tavola. Decrescita e transizione agroalimentare” è il titolo del nuovo libro realizzato da Filippo Schillaci, e pubblicato dalle Edizioni per la Decrescita Felice.
“Nella mia qualità di esperto di nulla – scrive l’autore nelle sue note conclusive – il mio compito nella realizzazione di questa ricerca sulla sostenibilità alimentare è stato quello di porre domande; e credo di poter dire che il lungo viaggio fra biblioteche, luoghi e persone che ho compiuto nell’inseguire le risposte abbia infine dato i suoi frutti.
Si parte da un qualsiasi negozio e da te che entri e vi compri qualcosa, si giunge a sondare i meandri dell’inconscio, dove si annidano le vere ragioni delle nostre scelte alimentari (e delle tenaci resistenze al loro cambiamento). Fra questa partenza e questo arrivo (se arrivo è) ci sono molte, molte pagine di dati e deduzioni, alcune in fondo già note, altre sorprendenti”.
Filippo Schillaci si occupa da oltre un decennio di decrescita, ecologismo e critica dell’antropocentrismo. Dal 1996 vive in campagna, ove produce gran parte dell’acqua, del cibo e dell’energia che utilizza facendo ricorso alle risorse del luogo.
Al centro del suo libro vi sono le azioni che vengono compiute sul mondo quando la merce che noi acquistiamo è il nostro cibo. Il testo cerca quindi di individuare delle vie affinché tali azioni siano il più possibile leggere e affinché i loro effetti collaterali siano tali da rendere migliore il pianeta in cui viviamo.
“Senti spesso parlare dell’enorme potere delle multinazionali.” è scritto nell’introduzione “Ma in cosa consiste questo potere? Dove sono i carri armati di Monsanto? Dove sono i bombardieri di McDonald’s? Non esistono. Il loro potere, dirai tu, sta nei soldi, un’enorme quantità di soldi. Giusto. Ma da dove vengono questi soldi? Ovvio: dalle tue tasche. Ecco dunque in che mani è l’enorme potere delle multinazionali: nelle tue”.
Nel libro vengono riportati dati numerici ed esperienze concrete che dimostrano come imprimere alle nostre scelte in campo alimentare una direzione che riesca a rendere il mondo migliore sia, almeno secondo ragione, effettivamente molto più facile di quanto non si immagini e soprattutto di quanto “loro” non vogliano farci credere. “Convincersene significa essere già oltre la metà del cammino. Vediamo ora di percorrerlo tutto”.
(Alessandro Pertosa)
Introduzione
Il luogo è una qualsiasi strada della megalopoli, della cittadina di provincia o del paesino sperduto sui monti in cui vivi. Il protagonista sei tu: eccoti inquadrato mentre cammini lungo la via. Entri in un negozio, scegli una merce, paghi la commessa ed esci. Sei di nuovo in strada e stai tornando verso casa. Stop. Fermiamo la moviola e analizziamo ciò che hai fatto.
Quando entriamo in un qualsiasi negozio e compriamo una qualsiasi merce null’altro facciamo che pagare qualcuno affinché compia per nostro conto un’azione sul mondo. Spesso si tratta di un insieme piuttosto numeroso di persone e di un insieme piuttosto complesso di azioni concatenate che hanno preso il nome di “filiera produttiva”. Il fatto che tali azioni siano a noi invisibili non le rende meno reali e il fatto che di esse vediamo un solo effetto, il prodotto finito, la merce che abbiamo comprato, non le esime dal produrre allo stesso tempo un numero spesso rilevante di “effetti collaterali”, indesiderati e spesso indesiderabili. Non ce ne accorgiamo ma essi, una volta nati, si propagano nel mondo reale lungo una rete molto complessa di percorsi chiusi (anelli di retroazione li chiamano) alcuni dei quali passano per quel pezzetto del mondo in cui vivi tu. Possono manifestarsi sotto la forma di un aumento della bolletta dell’acqua o del prezzo della benzina, l’improvvisa apparizione di un capannone di cemento armato lì dove fino a un attimo prima c’era un frutteto o molte altre cose che mai penseresti di mettere in relazione con quella merce che hai comprato, con quell’azione di cui sei stato il mandante e che ha reso peggiore, cioè più grigio e morto, il tuo stesso mondo.
Se quanto ho scritto ha avuto l’effetto di farti sentire colpevole dei mali della Terra, allora siamo sulla strada sbagliata. Adesso hai compreso che nelle tue azioni c’è il potere di alterare lo stato delle cose intorno a te, ma questo cosa significa? Significa che, così come in esse c’è il potere di peggiorare il mondo, c’è anche il potere di migliorarlo. Ed essere consapevoli di questo significa uscire dal fatalismo e dall’inerzia, dal pessimismo e dalla non speranza.
Senti spesso parlare dell’enorme potere delle multinazionali. Ma in cosa consiste questo potere? Dove sono i carri armati di Monsanto? Dove sono i bombardieri di McDonald’s? Non esistono. Il loro potere, dirai tu, sta nei soldi, un’enorme quantità di soldi. Giusto. Ma da dove vengono questi soldi? Ovvio: dalle tue tasche. Ecco dunque in che mani è l’enorme potere delle multinazionali: nelle tue.
Questo libro parla delle azioni che vengono compiute sul mondo quando la merce che noi acquistiamo è il nostro cibo e cerca di individuare delle vie affinché esse siano il più possibile leggere e affinché i loro effetti collaterali siano tali da rendere migliore, cioè più verde e vivo, il pianeta. Dati numerici ed esperienze concrete ci mostreranno che imprimere alle nostre scelte in campo alimentare una direzione che riesca a rendere il mondo migliore è, almeno secondo ragione, effettivamente molto più facile di quanto non si immagini e soprattutto di quanto “loro” non vogliano farci credere. Convincersene significa essere già oltre la metà del cammino. Vediamo ora di percorrerlo tutto.
Parlare di alimentazione significa parlare di tre cose: quali cibi produrre, in che modo produrli e in che modo farli arrivare a chi li consuma (quando, s’intende, produttore e consumatore non sono la stessa persona). Ho creduto bene di dedicare molto spazio al primo tema perché, come vedremo, esso è quello cruciale dal punto di vista del peso sull’ambiente, soprattutto con riferimento alla recente sfrenata tendenza dei paesi industrializzati, vecchi e nuovi, a orientare le proprie scelte alimentari verso i cibi di origine animale. Uno spazio rilevante occupa pertanto la questione zootecnica, non perché questo sia un libro sulla zootecnia o meglio contro la zootecnia, ma perché essa rappresenta oggi, insieme agli OGM, uno degli aspetti più drammatici della questione alimentare mondiale. Inoltre, proprio la questione zootecnica è quella in cui esiste oggi il più vertiginoso divario fra l’importanza devastante del problema e l’inconsistente grado di consapevolezza e disponibilità all’attenzione non solo fra l’opinione pubblica generica ma perfino fra coloro che hanno più a cuore le tematiche della sostenibilità ambientale. Al contrario, almeno fra questi ultimi, sugli altri temi che costituiscono la questione alimentare possiamo dire che esiste un maturo grado di attenzione, da cui non è esclusa, in misura ovviamente minore, l’opinione pubblica generica. Si pensi alla crescente disponibilità di prodotti biologici a prezzi non più di elite o all’attenzione che riscuote il cosiddetto “cibo a Km zero”, in questo caso perfino esagerata dato che, parlando di impatto ambientale, vedremo che è l’ultima fra le cose di cui preoccuparsi.
Il discorso fatto per la zootecnia vale ancor più per la pesca e l’acquacoltura, che devono l’irrisorio spazio a esse dedicato soltanto alla mia iniziale ignoranza della vastità e gravità del problema. Una trattazione adeguata avrebbe richiesto uno spazio superiore a quanto ne è stato dato alla zootecnia.
Il libro è diviso in tre parti. La prima è dedicata alla descrizione del presente e a delineare il quadro, ormai allarmante, della sua insostenibilità. La seconda, basandosi esclusivamente su argomenti di sostenibilità ambientale, analizza criticamente i possibili scenari alternativi ricercando fra essi quello ottimale. Un assunto la domina: che la questione alimentare sia una faccenda puramente oggettiva, che per avviare un cambiamento sia sufficiente un compiuto insieme di argomenti razionali che ne mostrino la necessità e indichino una possibile via per attuarlo. Questo assunto, tuttavia, sappiamo bene che è una pura astrazione. La terza parte dunque prenderà l’avvio da quest’ultima constatazione ed esaminerà un ulteriore aspetto della questione alimentare: quello culturale, ovvero le metamorfosi che subisce la nostra immagine del mondo reale quando esso viene visto attraverso le lenti deformanti dell’immaginario umano. Prescindere dal peso decisivo di ciò infatti rischia di vanificare ogni sforzo e farci rimanere privi di strumenti interpretativi di fronte alle fin troppo prevedibili resistenze al cambiamento. Tenteremo, sulla base di queste considerazioni, di delineare un percorso realistico che conduca allo scenario ipotizzato nella parte precedente.
Filippo Schillaci