Una scelta di vita ecosostenibile? E’ un inferno. Ce lo dice Ilaria Sacchettoni che ci ha provato, o così afferma, per una settimana piena (così tanto?) e ce ne racconta le conseguenti disavventure, giornata dopo giornata, lungo un’intera pagina del Corriere della Sera.
L’esordio o, come si dice in intellettualese, l’incipit, è il ritratto di una vita da bolgia infernale: «In una settimana ho fatto duemilaseicentosessanta scalini condominiali e quattro bucati a mano» (quattro! Ci pensate?) «Mi sono spostata in bici e ho abbassato i termosifoni, limitato il consumo di carne bovina» (ed è ancora viva?) «Ho tenuto il latte sul davanzale e conservato il pesce per le gatte nel frigo formato famiglia dei vicini» e via così, orrore dopo orrore, per giungere a un lapidario e desolato: «Insomma, ci ho provato».
Segue la cronistoria delle sette giornate. Ripercorriamo insieme, compassionevolmente, il suo calvario di donna di buona volontà e martire dell’ecologismo.
Lunedì. Protagonista della prima giornata, dopo una rapida, anzi frenetica rassegna di comportamenti sbagliati (oddio, ma quanti sono?), è il lavaggio dei denti. Scopro che anche lei è incappata nell’austero censore del rubinetto lasciato aperto mentre si dà di gomito con lo spazzolino e sto quasi per esserle solidale [rimando il lettore che vuol sapere perché al mio Quattro obiettivi marginali] quando scopro che la gentil donzella è fra coloro che da tempo ormai non danno più di gomito (fatica? Rischio di slogature?) bensì lasciano che sia un motorino elettrico a farlo per loro con conseguente tormentone su pile ricaricabili al posto di quelle usa e getta. Ogni tentazione di solidarizzare svanisce d’incanto.
Martedì. Avendo seguito il consiglio di non abbassare troppo la temperatura del frigo per evitare eccessivi consumi energetici la sventurata scopre di averne provocato lo sbrinamento (ma non usava il frigo dei vicini?). Si applica certosinamente a separare una linguetta di plastica dal resto di una confezione di latte e passa poi alla doccia, cronometro alla mano per carità, per non consumare troppa acqua.
Mercoledì. Si dedica al parrucchiere e al cibo per le gatte. E qui devo dire che di fronte ai panegirici ecologisti imbastiti attorno all’impatto ambientale dei consumi di carne del gatto di casa, provo per madamigella Sacchettoni un’improvvisa simpatia. Anche a me infatti, davanti all’ecologista che, bistecca nel piatto, pontifica contro la pappa del gatto, capita di provare l’irresistibile voglia di metter mano alla lupara (perché anche Gandhi sosteneva che quando ci vuole ci vuole!)
Giovedì. All’eco(in)sostenibilità dello smalto per le unghie e del relativo solvente la giornalista dedica questa intera giornata, segno che per lei è un prodotto di estrema importanza. E se si facesse spiegare dalle sue gatte come si fa a vivere senza? Anch’io che (ahimè!) non sono un gatto, in fondo non l’ho mai usato (giuro!) eppure sto benissimo.
Venerdì. L’impavida esploratrice di quel mondo sconosciuto e irto di pericoli che è l’ecostenibilità affronta i detersivi biologici e scopre che costano il triplo di quelli della grande distribuzione. Sarà anche vero tuttavia anche qui non riesco a esserle solidale. Perché non posso fare a meno di notare che è sempre su ben diversi, e più trionfali, toni che i suoi colleghi giornalisti ci informano che una BMW costa il triplo di una 500. Passando a creme e saponi si lascia sfuggire due parole di apprezzamento (nessuno è perfetto) per un «sapone alla mandorla abbastanza cremoso e profumato» e «una crema lenitiva per la notte» che incrinano il quadro raccapricciante di questa settimana da incubo.
Sabato. Cominciano i primi cedimenti che si incarnano nel cubicolo dell’ascensore “sbadatamente” preso al posto delle scale. E si passa a disquisire sull’alimentazione che in questi giorni, manco a dirlo, è peggiorata. Eppure l’incauta era stata avvertita: «Non ci si può improvvisare vegetariani! Meglio un passaggio lento e graduale» (Parole sacrosante. Io infatti ci ho messo ben ventiquattr’ore a diventarlo). L’impavida giornalista è comunque con ciò arrivata a un traguardo da cui l’ecologista tipo pare essere ancora lontanissimo: che una scelta di vita ecosostenibile implica una scelta alimentare vegetariana. Ma vi è giunta da par sua, e infatti, messa da parte la carne, ripiega… sui formaggi, lamentandosi a questo punto, ovviamente, degli alti livelli di grassi e dell’impatto… sul peso forma. Quando si dice aver capito tutto!
Domenica. Manca. Ovviamente. E’ un giorno festivo, maledizione! Volete far lavorare la poveretta anche di domenica?
L’articolo è finito. Siamo sul Corriere della Sera del 27 novembre 2010, a pagina 33. Le 8 pagine seguenti sono tutte dedicate al tema dell’ecosostenibilità, ma a questo punto chi ha più voglia di leggerle? Saltiamole a piè pari e andiamo a pagina 42 dove ci rinfranchiamo davanti a un’ariosa pubblicità della Granarolo con tanto di mucca e allevatore stile John Wayne su rasserenante sfondo di verdi campi sconfinati. Tutto vero.
Un ultimo pensiero rivolto all’acuta giornalista. Dove avrà sbagliato? Forse semplicemente nel non aver capito che ciò che doveva fare per essere “ecosostenibile” era una cosa semplice e chiara: cambiar vita. Lei invece ha tentato di esserlo continuando a fare la vita di sempre. La schizofrenia ne doveva essere l’esito obbligato. E lo è stato. Riposi in pace.