Le crescenti richieste agli ecosistemi della regione mediterranea minacciano le basi del suo stesso benessere economico e sociale. Ad illustrare i risultati di uno studio di due anni su questo tema è stato il think tank internazionale Global Footprint Network in una conferenza internazionale tenutasi a Venezia l’1 e 2 ottobre scorsi.
Il rapporto del Global Footprint Network dal titolo “Andamento dell’Impronta Ecologica nel Mediterraneo” (Mediterranean Ecological Footprints Trends) mostra che il deficit ecologico è in continua crescita.
Tra il 1961 e il 2008, gli anni più recenti per i quali esistono dati disponibili, a causa della crescita della popolazione e della tendenza al consumo, la domanda di risorse rinnovabili e di servizi ecologici nella regione mediterranea è triplicata.
Dal 2008, l’impronta ecologica della regione mediterranea, – cioè la domanda di bioproduttività sulle aree agricole e marine della terra – ha superato le locali risorse ecologiche disponibili in percentuale superiore al 150%.
“L’accessibilità del Mediterraneo a risorse e servizi ecologici che sono essenziali alla vita è sempre più a rischio”, ha detto Mathis Wackernagel, Presidente del Global Footprint Network e co-creatore dell’impronta ecologica, uno strumento di contabilità delle risorse. È nell’interesse di ogni paese combattere il deficit ecologico in modo rapido ed aggressivo.
“Questo rapporto mostra chiaramente come una domanda crescente sugli ecosistemi della regione del Mediterraneo minacci le fondamenta del suo benessere sociale ed economico”.
In un contesto internazionale caratterizzato da rapidi cambiamenti e nuove sfide, il nostro direttore generale dell’UNESCO Irina Bokova, ha indicato tre direzioni strategiche per l’UNESCO per promuovere la cooperazione tra le persone, contribuire alla pace e allo sviluppo sostenibile, e alla realizzazione delle attività nel campo dell’istruzione, delle scienze e della cultura:
• imparare a vivere insieme in un’epoca di diversità;
• imparare a sviluppare sostenibilità in un’epoca di limitazioni;
• l’innovazione per la costruzione della pace e della società della conoscenza.
“L’istruzione, ma anche le scienze naturali e sociali sono fattori chiave per raggiungere la sostenibilità. Siamo anche convinti che il calcolo dell’Impronta Ecologica, applicato a scuole e università, abbia un grande potenziale educativo”, ha affermato Yolanda Valle-Neff , Direttore dell’Ufficio Regionale dell’UNESCO per la Scienza e la Cultura in Europa (Venezia).
Global Footprint Network e UNESCO, con il sostegno della Fondazione MAVA e in collaborazione con Plan Bleu e WWF, l’1 Ottobre 2012 hanno presentato i risultati dello studio.
Con forse una sola eccezione, tutti i paesi della regione mediterranea sono passati dallo status di creditore ecologico allo status di debitore avendo una domanda di risorse rinnovabili superiore a quelle disponibili localmente. I paesi soddisfano i loro deficit ecologici attraverso il commercio e lo sfruttamento dei loro ecosistemi.
Le implicazioni sono di vasta portata. Virtualmente ogni attività economica e la vita stessa, dipende dall’accesso alle risorse ecologiche. Ma di pari passo all’umanità è cresciuta anche l’impronta ecologica, ed il mondo intero ha spinto ulteriormente verso il sovra sfruttamento. Le risorse del globo scarseggiano sempre più, cresce la concorrenza per queste stesse risorse e aumenta il rischio di interruzioni dell’approvvigionamento o di costi non prevedibili.
Dallo studio del Global Footprint Network è emerso che in meno di 50 anni, la regione mediterranea ha quasi triplicato le sue richieste di servizi e risorse ecologiche aumentando il suo deficit ecologico del 230%.
La ricerca ha poi evidenziato come maggiore il reddito di un paese, maggiore la richiesta di servizi e risorse ecologiche (e più alto il consumo pro capite).
Nel 2008 tre paesi da soli hanno inciso per più del 50 % sull’impronta totale della regione mediterranea: Francia (21%), Italia (18%) e Spagna (14%).
L’Algeria ha sperimentato il più grande cambiamento nell’equilibrio nazionale delle risorse ecologiche, passando da una grande riserva nel 1961 ad un grande deficit ecologico nel 2008. Siria, Tunisia e Turchia sono passati dallo status di creditore ecologico allo status di debitore durante questo stesso periodo, mentre altri paesi del Mediterraneo hanno visto un peggioramento del loro deficit ecologico. Cipro ha sperimentato il più grande aumento del disavanzo e la Giordania il più piccolo. Il Montenegro rimane probabilmente l’unico creditore ecologico della regione (anche se i dati sul Montenegro sono incompleti), ma la sua riserva si sta riducendo.
Nel 2008, i cinque paesi del Mediterraneo con il più alto deficit ecologico totale erano Italia, Spagna, Francia, Turchia ed Egitto. Il Portogallo era l’unico paese della regione mediterranea ad aver notevolmente ridotto il proprio deficit ecologico negli ultimi anni (tra il 1998 ed il 2008 è avvenuta una diminuzione del 18% pro capite). Ma il deficit pro capite nazionale è ancora superiore alla media regionale.
Dal 2008, l’impronta ecologica totale della regione ha superato la biocapacità locale – la possibilità degli ecosistemi di fornire risorse e servizi utili per gli esseri umani è stata superata più del 150 %.
Il rapporto e i suoi maggiori risultati Why Are Resource Limits Undermining Economic Performance?.
di Redazione Il Cambiamento