Forse non è come uno se lo sarebbe aspettato ma il tempo della decrescita felice è proprio questo. Il fallimento di tutte le politiche economiche, da quelle di destra a quelle di sinistra, passando per le attuali chiamate di austerity, sanciscono con i loro disastrosi risultati, l’ingresso in punta di piedi della decrescita nel mondo contemporaneo.
Si, lo so che sono oramai diversi anni che gruppi sempre maggiori di persone, vivono secondo i principi della decrescita pur non sapendolo o coscienti di farlo. Quello che però oggi si impone è il ruolo guida che un movimento come questo può assumere all’interno del vivere quotidiano. Guida intesa come stili di vita che diventino sempre più una consuetudine acclarata.
Sono sotto gli occhi di tutti le sempre minori tutele dei lavoratori. Sempre più schiavi di un sistema economico che ingabbia e costringe a scegliere tra lavoro precario a tempo indeterminato (oggi è questo quello che offre il mercato in Italia ed in Europa, compresa la “magnifica” Germania!) e gli affetti familiari o cari dell’unica esistenza che ci è concessa.
Il termine esistenza o vita può divenire anche un eufemismo di questo passo. Se anche le poche persone che possono vantare un posto fisso ai famosi mille euro al mese, devono inventarsi altro per poter provvedere a se stessi e alle loro famiglie, lascia poco spazio all’immaginazione la situazione di coloro che tale posto fisso non lo posseggono e che devono combattere con la famigerata flessibilità che tanto benessere e progresso sta portando e porterà nelle case di ogni europeo.
Basta farsi un giro in Italia o nella avanzatissima Germania, fatte le debite eccezioni di proporzione ovviamente. Si diventa sempre più poveri dal punto di vista del potere di acquisto. Ora se è genuinamente vero che povero non è colui che non può comprarsi tutto ma colui che deve comprarsi tutto perché diventato incapace di fare niente, resta altrettanto vero che diverse cose hanno bisogno – al momento – della moneta.
Alcuni tipi di impoverimento formano un domino molto pericoloso per tutti.
Penso al reparto sanitario. Non è un caso – tra l’altro drammatico – che nell’impoverita Grecia sotto la cura dell’austerità, siano aumentati i casi di tubercolosi per le scarse condizioni igieniche e una cattiva alimentazione collegata all’impossibilità di potersi permettere un cibo sano e dignitoso.
A questo circolo vizioso – che è ampliabile come un domino su larga scala – associo anche la sempre maggiore incapacità per le giovani generazioni di intravedere un futuro a medio e lungo termine. La società liquida di Bauman prende sempre più visibilità e si rischia una pericolosa assuefazione. La barbarie non è alle porte ma è già nel nostro quotidiano.
Malcontento e disagio interiore saranno sempre crescenti anche a causa di un sempre maggior impoverimento della dimensione spirituale delle persone, ritenuta da questa nostra epoca post-moderna, poco rilevante e importante ai fini della produzione. Sicuramente vi è negli ultimi anni un tentativo di recupero di tale dimensione ma non al punto da essere indirizzato autenticamente per la costruzione di una società “altra” ma spesso per asservire al concetto di progresso come fino ad oggi inteso.
Accenno solo a queste brevi tematiche non per riempirci di pessimismo ma al contrario per corroborare e aumentare la convinzione che un ruolo chiave lo giocheranno sempre di più le donne e gli uomini che avranno il coraggio di scegliere una vita di versa e non di subirla.
Ci sarà sempre un maggior bisogno di donne e uomini con una robusta formazione interiore. Sana e forte. Donne e uomini con sguardo lungimirante e certo in un’epoca sempre di più in tempesta. Il Timone dovrà essere retto da più mani, insieme, e tenuto dritto!
Ci sarà sempre di più bisogno di donne e uomini capaci di costruire anche dal nulla comunità autentiche condivisione e convivenza pacifica e costruttiva. Molto spazio dovrà essere riservato alla creatività e all’immaginazione.
Molto coraggio sarà necessario per accettare le diversità e saperle coniugare in armonia sempre crescente. E altrettanto coraggio sarà richiesto per iniziare nuove vie educative per le già presenti generazioni. L’educazione non dovrà più essere solo di stampo ideologico ma essenzialmente pratico. Dove tale praticità vede una giusta coniugazione tra il sapere e il saper fare. Solo così si formeranno persone autonome da certi sistemi diabolici, cioè divisori!
Esperienze valide come gli eco villaggi o gli agrivillaggi dovranno diventare non l’eccezione ma la norma. Una maggiore umanizzazione della società e un ricollocamento dell’importanza del denaro come mezzo e non come fine dell’esistenza. E’ qui che è il nocciolo della questione.
Donne e uomini saranno sempre di fronte al bivio di scegliere tra l’umanizzazione di se stessi o l’asservimento loro e di chi hanno intorno all’idolo di turno.
Saremo sempre di più spinti a scegliere se condividere – con coloro che incontriamo nelle nostre vite – ciò che abbiamo a livello materiale e spirituale o se tenercelo caro per noi. La prima scelta darà speranza di vita e di futuro. La seconda alimenterà il mostro che ci sta divorando.
Non sono scelte facili e di comodo. Lo so. Sono scelte che – se avessimo il coraggio di fermarci un po’ durante il giorno (forse per questo tutto è costruito per correre sempre di più) – si impongono molto più di quanto pensiamo.
Sono le domande radicali dell’uomo, di ogni tempo. Domande alle quali da troppo tempo abbiamo smesso di porre attenzione e alle quali abbiamo dato risposte molto sommarie. Condite con molti luoghi comuni e scarsa profondità. Sono domande scomode. Perché ci impegnano in prima persona. Perché impongono una messa in discussione. Minano alle fondamenta alcune nostre comode certezze. Perché ci chiedono di uscire dai nostri gusci sicuri (casomai ne avessimo) e perché non danno garanzia di successo.
Ci fanno sentire un po’ degli estranei in un mondo dove anche se si sta andando a rotoli, sembra sempre che tutto vada bene. Sono le domande dei grandi intellettuali, scamparsi oramai, ai quali il mondo e la sorte ha riservato solo ricordi postumi e mai troppo grandi, per non disturbare il quieto pensare comune.
Il movimento per la decrescita felice nasce in ambito economico come critica al concetto di PIL ma travalica subito nel campo filosofico, pratico, di vita concreta. Perché esso è innanzitutto una scuola di vita e una scuola di umanizzazione. Almeno così la intendo personalmente.
Forse neanche il nostro movimento potrà risolvere la crisi economica. Potrà apporre qualche solido rimedio se molti fattori saranno in grado di convergere tutti insieme. Potrà farlo altrimenti nella migliore delle ipotesi a macchia di leopardo.
Ma quello che non può fallire il nostro movimento è il recupero dell’aspetto umano e umanizzante della vita. E’ questa la vera partita da vincere. E’ su questo campo che ci si gioca tutto.
Alessandro Lauro