Nuovi modelli di produzione e consumo per un cibo sano ed etico: l’economia solidale e la decrescita felice.
*Un articolo di Lucia Cuffaro, co-presidente del Movimento per la Decrescita Felice uscito sulla rivista Vita & Salute, coordinata da Ennio Battista con la direzione scientifica del Dott. Dott. Franco Berrino
L’importanza di un’alimentazione salutare è fondamentale per rafforzare il nostro sistema immunitario: l’esperienza di questi mesi ce l’ha reso ancor più evidente.
Sempre più consumatori, infatti, cercano fonti di produzione di cibo naturale, di stagione, a km zero e senza fertilizzanti tossici.
In Italia però sono ancora 130 mila le tonnellate di pesticidi che ogni anno vengono sversate nei suoli agricoli (ISDE). Si tratta di sostanze chimiche utilizzate nell’agricoltura intensiva per eliminare massivamente parassiti delle piante e insetti.
Un cibo spazzatura, non solo potenzialmente cancerogeno per colpa dei pesticidi, ma povero di nutrienti. Gli scienziati sono ormai concordi che rispetto a 50 anni fa gli ortaggi hanno perso la metà dei nutrienti, per una concausa di fattori: terra sempre più infertile, inquinamento dell’aria e delle acque, filiere lunghe con trasporti alimentari che durano anche settimane, tecniche di conservazione industriali, e tanto altro.
Con il diffondersi di questo genere di informazioni finalmente la consapevolezza di quanto un cibo sano possa influire sul benessere è sempre più diffusa.
Il nostro Paese si può fregiare del primato green europeo per numero di operatori biologici con il 15,5% delle coltivazioni e 2 milioni di ettari (Ministero delle Politiche Agricole). Una crescita che ha portato in 10 anni a raddoppiare il numero di aziende di produzione e di trasformazione di prodotti bio – circa 80.000 – e a incrementare del 60% gli ettari dedicati (ISMEA). Tante piccole imprese che nascono o che trasformano la loro dinamica da intensiva in biologica e che si localizzano soprattutto al Sud (Sicilia con 385.356 ettari, Puglia con 263.653 ettari e Calabria con 200.904 ettari).
In questa rivoluzione verde stanno trovando spazio nuovi modelli etici di produzione e consumo. Un rinnovato senso di comunità e di mutuo aiuto che si esplica in tanti progetti nati per usufruire di un cibo sano e per supportare i coraggiosi produttori che nell’epoca dell’intensivo utilizzano con caparbietà metodi di coltivazione naturale.
Piccoli Davide in lotta ogni giorno con i Golia della grande distribuzione organizzata.
Quando si è piccoli, la via migliore è sempre quella di mettersi assieme, per rafforzarsi ed essere visibili. È il caso Rete Italiana dell’Economia Solidale (RIES), nata all’inizio del 2020 con lo scopo di collegare le realtà di altra economia del Paese: i Gruppi d’Acquisto Solidali (GAS) e i Distretti di Economia Solidale (DES), in cui sono presenti i produttori, i fornitori e le associazioni, in circuiti di idee, informazioni, prodotti e servizi per le persone.
Riccardo Troisi, ricercatore universitario di economia sociale e solidale, commenta: “Oggi più che mai queste forme di resistenza, sempre più diffuse e multiformi, devono dimostrare di saper realizzare una nuova economia fuori dall’economia di mercato, a partire dal livello locale, dove si possano sperimentare non progettualità testimoniali e residuali ma modelli alternativi di produzione, distribuzione, consumo e risparmio e dove le persone, l’ambiente e le comunità sono rimesse al centro del processo di soddisfazione delle proprie necessità. Tra le molte altre cose, ci sarà naturalmente bisogno di costruire una nuova narrazione del concetto di economia, magari riportandolo a una dimensione primaria, quella della soddisfazione delle necessità essenziali per una comunità. Una metamorfosi dell’agire economico non può non essere intimamente legata al nostro essere sociale, se non riusciremo a riappropriarci di quella dimensione, non potremo dare risposte alle domande di equità e giustizia sociale e ambientale che, giorno dopo giorno, stanno diventando più urgenti e davvero essenziali in tutto il pianeta”.
E per quanto riguarda i prodotti che non hanno possibilità di essere coltivati in Italia, come il tè o il cioccolato? Il Commercio equo e solidale è una risposta. Molte botteghe hanno scelto questa forma di economia, che garantisce un prezzo giusto ai lavoratori anche dei Paesi più instabili, assicurando la protezione del territorio, in netto contrasto alla massimizzazione del profitto praticata dalle Multinazionali.
Il tanto amato caffè, viene però messo nel carrello senza troppi pensieri per le dinamiche di sfruttamento che lo caratterizzano. Per ovviare a questo, si è diffuso il progetto Tatawelo che ha come scopo il sostegno economico dei produttori, attraverso una campagna di prefinanziamento; in poche parole, si paga in anticipo tutto il caffè che serve per un anno, e questo denaro servirà alle cooperative del Chiapas e del centro America per produrlo nel giusto prezzo e quantitativo.
Il prefinanziamento è una caratteristica anche dei progetti “Adotta…”: adotta un campo di grano, adotta un alveare, adotta un uliveto. Un’adozione a distanza che permette, quando sarà il tempo giusto della raccolta, di avere in cambio prodotti sani, con legami di fiducia e sostegno reciproco.
Per comprare in modo responsabile un’altra opportunità è data da L’Alveare che dice Sì, una Rete che permette di ordinare on line tutti i prodotti necessari e a km 0, con consegne a domicilio o presso i punti di distribuzione.
Tra i progetti più innovativi ci sono poi le Food Coop: Camilla a Bologna, Mesa Noa a Cagliari, Stadera a Ravenna, Oltrefood a Parma, che hanno seguito l’esempio della prima creatasi a New York nel 1973. Una Food Coop è un vero e proprio supermercato consapevole, un emporio di comunità autogestito. Non solo si compra, ma si partecipa attivamente all’approvvigionamento, alla distribuzione e alla vendita. Una responsabilizzazione del consumatore socio che partecipa a tutte le scelte.
Il presidente di Mesa Noa, Massimo Planta, riferisce: “Negli ultimi mesi il coinvolgimento dei soci e delle socie si è allargato alle consegne a domicilio in giornata con ordini per telefono o e-mail: un servizio prestato gratuitamente dai volontari con tutte le precauzioni (protezioni individuali e distanze di sicurezza) per supportare la cittadinanza in periodi di apprensione e difficoltà”.
In un’ottica ancora più avanzata di compartecipazione, è nata il modello CSA, la Comunità che Supporta l’Agricoltura, ovvero una collettività nata per coltivare direttamente il proprio cibo in modo sostenibile, locale e sano.
Tante esperienze sul territorio: dal primo esperimento italiano Arvaia, la CSA di Bologna, alla romana Semi di Comunità, dalla CSA Veneto alla senese OrtoMangione, le tante altre CSA attraversano tutta la Penisola. Un impegno reciproco senza differenza tra consumatore e produttore che avviene attraverso molteplici aspetti. I soci finanziano con una quota annuale (che si determina in base al bilancio preventivo) la produzione di cibo, che viene raccolto, diviso in parti uguali e distribuito settimanalmente. Un prefinanziamento che avviene attraverso il meccanismo dell’asta delle quote in cui ognuno offre quanto può permettersi con variazioni sulla quota media consigliata. Questo determina una compartecipazione al rischio di impresa: se il raccolto va male ci perdono tutti. “In un mondo in cui il rischio non è mai collettivizzato, ma casca sempre sull’ultima ruota del carro, il modello delle CSA ribalta il meccanismo che si è installato tra compratore e venditore, mettendo tutti sullo stesso piano per redistribuire il rischio socialmente. Questo permette nel concreto di eliminare il concetto di prezzo, mettendo invece al centro quello di costo. Quindi non andiamo più a seguire e a pagare prezzi di mercato imposti dal Mercato, ma tutto va a cadere nel costo, tutto si parifica ed è allo stesso livello. A seconda delle annate andremo a mangiare quantità e qualità diverse di prodotti con costi e rischio che si distribuiscono equamente, creando sia una società agricola, sia una comunità che un modello sociale equo” racconta Riccardo Razionale, socio lavoratore della Csa di Roma Semi di Comunità. Attraverso la formazione di specifici gruppi volontari vi è poi il supporto al lavoro nei campi, alla distribuzione delle cassette e all’implementazione delle strutture produttive.
Tutti progetti che accendono l’entusiasmo, innovativi e dirompenti. C’è un mondo da scoprire fatto di prodotti sani e relazioni. L’alternativa etica alla grande distribuzione organizzata c’è, a costi equi per tutti.
Rifiuti zero, autoproduzione e coltivazione diretta
Per fare la spesa è bene prendersi tempo, pensando ai reali bisogni famigliari per evitare sprechi di denaro e materia. In Italia si stima che ogni anno 15 miliardi di euro di cibo vengano gettati nel cassonetto. È per questo fondamentale comprare nelle giuste quantità e volendo anche senza imballaggi.
Questa possibilità è data dalle botteghe dello sfuso, come per i punti della catena Negozio Leggero, che permettono di avvicinarsi alla filosofia zero waste. Tutti i prodotti sono venduti senza imballaggi o con il vuoto a rendere. Si può arrivare con le proprie ciotole e andare via felici, per un risparmio del 30%.
Si può sperimentare anche l’autoproduzione attraverso la coltivazione diretta di frutta e ortaggi. Una tendenza del Bel Pese è la grande diffusione di orti urbani: sono migliaia le persone che zappettano la terra raccogliendo con soddisfazione prodotti ricchi di nutrienti.
Per noi Italiani si sa, il cibo è qualcosa di viscerale e possiamo provare a dare un nuovo senso al nostro stile di consumo, uscendo da una filiera di bisogni indotti, di spreco, di prodotti spazzatura e di sfruttamento. È il momento giusto per iniziare un nuovo affascinante percorso fatto di reti solidali, gruppi d’acquisto, prodotti senza imballaggi, autoproduzione, mercati contadini, consumo etico e libera consapevolezza per avere nel piatto un cibo senza sostanze artificiali, che rendono la nostra Terra a lungo andare infertile e ne avvelenano i suoi esseri viventi.
Contatti e approfondimenti
Per trovare lo snodo più vicino della Rete di Economia Solidale si può consultare il portale www.economiasolidale.net con i GAS, i DES e le Food Coop.
C’è anche la mappa Vivere Senza Supermercato di Elena Tioli su https://www.viveresenzasupermercato.it/mappa/, dove scoprire tante realtà per gli acquisti consapevoli.
Sul sito https://alvearechedichedicesi.it/it de L’Alveare che dice Sì sono presenti tutti i punti di distribuzione presenti in Italia.
Per la CSA di Roma Semi di Comunità l’email di riferimento è semidicomunita.roma@gmail.com. Le informazioni per diventare soci sono su www.semidicomunita.it.