Breve storia della Decrescita in Italia

da | 11 Lug 2023

Traduciamo e pubblichiamo il paragrafo che Timothée Parrique ha dedicato alla decrescita in Italia nella sua tesi di dottorato “The political economy of degrowth”.

La Decrescita in Italia (Da “The political economy of degrowth” di Timothée Parrique, pag. 185-188)

Traduzione di Mario Sassi del Gruppo Internazionale.

Si può dire che l’Italia è il Paese con il movimento della decrescita più vivace. Ne è prova il fatto che in Italia esistono non uno, ma ben due movimenti per la decrescita. Tra il 2002 e il 2004, la décroissance francese ha ispirato un certo numero di attivisti e studiosi a discutere criticamente la crescita economica, per poi creare i due gruppi (L’Associazione per la decrescita nel 2005 e il Movimento per la Decrescita Felice nel 2007) che oggi guidano il dibattito in Italia. Come spesso accade nella storia della decrescita, tutto ha inizio con Serge Latouche; o meglio, con un incontro inaspettato tra Serge Latouche e Mauro Bonaiuti. Mauro Bonaiuti è un economista, esperto di bioeconomia di Georgescu-Roegen, allievo di Stefano Zamagni e discepolo della scuola italiana di economia civile. Nel maggio 2001, Bonaiuti ha incontrato Latouche in occasione di un convegno organizzato a Lecce dall’Associazione Italiana per la Storia del Pensiero Economico sul tema “Lo sviluppo non sostenibile: il sottosviluppo mondiale nella storia del pensiero economico”.

Nel suo intervento, Latouche ha presentato le idee che avrebbe poi pubblicato in “Abbasso lo sviluppo sostenibile! Viva la decrescita sostenibile!” (la presentazione era intitolata così). Nella prefazione che Latouche scrisse per La grande transizione (2013) di Bonaiuti, affermò che allora era la prima volta che usava pubblicamente la parola “decrescita” in Italia. L’anno successivo, Latouche ha invitato Bonaiuti a contribuire al numero 280 della rivista francese S!lence, intitolato “Alla ricerca dei beni relazionali”, l’articolo di Bonaiuti (2002: 13, mt) si concludeva con una frase caratteristica della decrescita di tipo 3: “o la decrescita materiale porterà benefici spirituali e relazionali, o non avrà mai luogo “. (1)

Nel 2004, in occasione di una Summer School italiana sul tema dell’economia solidale, un gruppo di trenta studiosi (tra cui Bonaiuti) e attivisti decise di formare un gruppo dedicato alla decrescita: la Rete per la decrescita, che un anno dopo divenne L’Associazione per la Decrescita. Sul suo sito web, L’Associazione per la Decrescita descrive il suo scopo come il ripensamento critico dei paradigmi della crescita economica e dello sviluppo, nonché l’esplorazione nel pensiero e nella pratica del “cambiamento democratico nella direzione della sostenibilità ambientale, dell’equità sociale e della costruzione di forme di economia basate sul senso del limite e sul principio di solidarietà” (Rete per la decrescita, 2019) (2). L’Associazione ha invece organizzato 15 edizioni di una Scuola estiva per “Decrescita ed economia solidale”.

Il primo libro sul tema disponibile in italiano è stata la traduzione del francese Objectif décroissance nel 2004. In quel periodo è stato tradotto anche il Manifesto della Rete francese degli obiettori alla crescita per il post-sviluppo (ROCADe) che Serge Latouche aveva scritto nel marzo 2003. Tra tutti i Paesi in cui la décroissance si è diffusa, è in Italia che Latouche è stato più attivo. Diversi libri di Latouche sono stati addirittura pubblicati in italiano prima di arrivare nelle librerie francesi (3).

Nel 2004, Maurizio Pallante, professore di letteratura, saggista e consulente per l’efficienza energetica del Ministero dell’Ambiente, ha pubblicato “La decrescita felice”, suscitando una certa attenzione tra gli attivisti e gli studiosi. Per Aillon (2019I), Pallante ha portato alcune idee che non erano ancora presenti nella décroissance francese, come ad esempio la distinzione tra beni e merci (4). Nel dicembre 2006, Pallante ha pubblicato il Manifesto per la decrescita felice, strutturato intorno alla storia di uno yogurt fatto in casa (5). Ispirandosi a questi testi, nel dicembre 2007 un gruppo di persone guidate da Pallante ha creato una propria organizzazione: il Movimento per la Decrescita Felice (MDF).

Diffuso in tutta Italia e gestito per lo più da volontari, il Movimento è organizzato in circoli o gruppi locali (circoli) che “offrono ai suoi sostenitori l’opportunità di incontrarsi, discutere, elaborare ulteriormente il concetto e – soprattutto – metterlo in pratica, qui e ora!” (Decrescita Felice, 2019a). Avendo come simbolo “Pilli”, un’ape gioiosa che tira giù una curva del PIL, Decrescita Felice si concentra su quattro temi (stili di vita, tecnologie, politica e cultura). Nel modo in cui descrivono il loro lavoro, i primi tre sono intesi come le gambe di uno sgabello che sostiene il quarto: “il paradigma culturale della decrescita” (Decrescita Felice, 2019b). Tra le iniziative del movimento: una casa editrice (Edizioni per la decrescita felice), l’organizzazione periodica di conferenze, una “Università del saper fare” dedicata alle competenze del fai-da-te, i Gruppi di Ortofrutta, l’organizzazione del Degrowth Bike Tour, un progetto “Medici per la decrescita” e un’altra iniziativa chiamata “Ristorante della decrescita felice” che mappa i ristoranti che hanno abbracciato la decrescita.

I due movimenti italiani usano lo stesso termine ma con aspirazioni diverse. Per Latouche (2013: 21-22), la differenza è da ricercare nella loro posizione nei confronti della politica e del ruolo della ricerca teorica (6).

Il Movimento adotta un “approccio pragmatico al concetto di decrescita” cercando di rispondere alle domande che occupano i lettori di qualsiasi libro sulla decrescita: “Teoria interessante, ma cosa posso fare concretamente nel mio piccolo?” (Decrescita Felice, 2019). In quanto tale, si concentra su cambiamenti pratici su piccola scala, come l’autoproduzione o la semplicità volontaria, in particolare per quanto riguarda la vita senza combustibili fossili (quindi abbastanza vicino al Transition Movement britannico).

L’Associazione, invece, è più accademica in quanto si occupa di questioni astratte, come le strutture sociali e politiche (Domeneghini, 2018I). È inoltre strettamente legata alla sinistra radicale e ai verdi. Mentre il Movimento è radicato in territori più piccoli, l’Associazione si rivolge più a discussioni e azioni nazionali.

Per quanto riguarda i temi, Deriu (2018) attribuisce argomenti diversi a ciascuna organizzazione.

  • Per l’Associazione: ecologia politica; decrescita, politica e democrazia; beni comuni; economia solidale e monete complementari; cambiamenti climatici e conflitti ambientali; ecologia e salute; cibo, biodiversità e agricoltura sostenibile; lavoro e cura; ecofemminismo e genere; relazioni Nord-Sud, migrazioni e cooperazione.
  • Per il Movimento: efficienza energetica e risparmio energetico; autoproduzione; beni vs. merci; critica del PIL; decrescita e salute; decrescita e arte; imprenditori per la decrescita; decrescita, territorio e insediamenti umani; decrescita e agricoltura; famiglia (7) come nucleo fondamentale della comunità e luogo naturale di apprendimento di valori non utilitaristici.

Il Movimento per la Decrescita Felice ha acquisito maggiore popolarità rispetto all’Associazione per la Decrescita con la frequente apparizione di Pallante nei media.

La divergenza nell’ultimo decennio può essere in parte spiegata da faide personali (ad esempio tra Pallante il “fabbricante di yogurt” e Bonaiuti lo “studioso della torre d’avorio”). Secondo Aillon (2019I), tuttavia, i due movimenti stanno convergendo, soprattutto dopo la conferenza di Venezia del 2012. A Torino, che aveva uno dei circoli locali più attivi a sostegno della decrescita (creato nel 2010, ha raggiunto il picco di un centinaio di soci nel 2012 per poi scendere a circa 30 oggi), i due movimenti si sono già fusi. I due movimenti fanno entrambi parte dal 2014 della Rete Sostenibilità e Salute (8) e dal 2017 della Rete delle reti (9); nel 2019 Bonaiuti è entrato a far parte del comitato scientifico del Movimento.

La prima pagina di Wikipedia dedicata alla “decrescita” è stata creata nell’aprile 2006 da un contributore anonimo con lo pseudonimo di “Riboeri”. Lunga solo un paragrafo, definiva la decrescita come: “un termine inventato da Nicholas Georgescu-Roegen […]. La decrescita descrive un sistema economico basato su principi diversi da quelli che governano i sistemi basati sulla crescita. L’ipotesi principale è che le risorse naturali siano limitate e che quindi non si possa immaginare un sistema dedicato alla crescita infinita. Il miglioramento delle condizioni di vita deve quindi essere ottenuto non aumentando i consumi, ma con altri mezzi”. Questa definizione è caratteristica della prima nozione di decrescita, intesa come diminuzione del consumo di materiali ed energia. La pagina continuerà a essere sviluppata nel corso degli anni fino a definire, nel 2019, la decrescita come “una corrente di pensiero politico, economico e sociale a favore di una riduzione controllata, selettiva e volontaria della produzione economica e del consumo, che garantisca l’equilibrio tra l’uomo e la natura o uno sviluppo sostenibile che consideri i limiti dello sviluppo stesso e l’equità tra gli esseri umani”.

Nel 2012, la città di Venezia ha ospitato la Terza Conferenza Internazionale della Decrescita sul tema “La Grande Transizione: La decrescita come passaggio di civiltà” (maggiori dettagli sulla conferenza nella sezione successiva). È stata l’Associazione a organizzare la conferenza, anche se il Movimento è stato partner e ha avuto diversi relatori di spicco presenti all’evento. Un’altra conferenza degna di nota è “Decrescita, sostenibilità e salute”, tenutasi al Parlamento italiano nell’ottobre 2013, che ha portato al Manifesto di Bologna per la sostenibilità e la salute nel 2014, il quale, pur senza utilizzare la parola “decrescita”, ne ha tratto grande ispirazione (Aillon, 2019I).

Sulla scena politica, la decrescita è stata legata al Movimento 5 Stelle. Il suo fondatore Beppe Grillo, ex comico che ha collaborato con Maurizio Pallante prima di entrare in politica, già negli anni ’90 nei suoi spettacoli comici faceva riferimento ai limiti della crescita e agli effetti disumanizzanti della società contemporanea. Alle elezioni del 2018, il Movimento 5 Stelle ha difeso una rivalutazione di tutti i grandi progetti infrastrutturali (compreso il controverso progetto TAV dell’alta velocità). Lorenzo Fioramonti, un affermato economista critico della crescita spesso citato nella letteratura sulla decrescita, è stato proposto dal partito come Ministro dello Sviluppo Economico (10). Diversi membri dei diversi circoli locali della decrescita sono entrati anche in politica (come deputati, senatori o sindaci), portando ciascuno pezzi dell’idea sulla scena politica.

(1) Bonaiuti ha poi continuato ad approfondire la rete della decrescita francese. Nell’ottobre 2003, l’autore italiano è intervenuto al simposio “La décroissance soutenable” a Lione. Nel 2004 ha incontrato Vincent Cheynet, cofondatore della rivista La décroissance, pensando alla possibilità di creare una versione italiana simile del periodico.

(2) Nel 2019 nel movimento erano attivi cinque gruppi di lavoro: “decrescita, lavoro e globalizzazione”, “agricoltura e salute”, “ambiente ed energia”, “democrazia e cultura della decrescita” e “sito web e comunicazione”.

(3) Latouche sta attualmente coordinando la stessa collana sui precursori della decrescita, anche se con un focus su autori italiani come Enrico Berlinguer (pubblicato nel 2014), Tiziano Terzani (2014), Pier Paolo Pasolini (2014) e Laura Conti (2016).

(4) La differenza tra “merci” e “beni” può dare origine a quattro tipi di relazioni. In primo luogo, ci sono beni che possono esistere solo sotto forma di merci, in quanto richiedono una tecnologia avanzata. In secondo luogo, ci sono beni che possono essere qualcosa di diverso dalle merci, in quanto possono essere autoprodotti o scambiati nel contesto di relazioni comunitarie nel dare e ricevere doni. In terzo luogo, i beni che non possono essere merci: ad esempio, i beni relazionali e, infine, le merci che non possono essere considerate tali in quanto non rispondono a un bisogno o non soddisfano alcun desiderio (rifiuti)” (Pallante, 2013).

(5) Nella sua prefazione alla traduzione francese del libro di Pallante, Latouche (2011b: 16) ipotizza che potrebbe essere stata la traduzione in italiano, nel 2003, del manifesto della rete francese ROCADe a spingere Pallante a scrivere il Manifesto per la decrescita felice.

(6) “Maurizio Pallante si è da tempo specializzato nei problemi della riduzione degli sprechi energetici e delle possibili alternative alla prospettiva della fine del petrolio. […] Per (M. Pallante) non si tratta tanto di uno slogan provocatorio per significare una rottura con la società della crescita, quanto piuttosto di un insieme concreto di pratiche già applicabili oggi. […] Mauro Bonaiuti è invece più orientato verso la teoria astratta da cui trae conclusioni più radicali a livello politico” (Latouche, 2013: 21-22). Latouche S., 2013. Prefazione. In: Bonaiuti M. La grande transizione. Dal declino alla società della decrescita, pp. 8-47. Bollati Boringhieri.

(7) NdT: nello statuto di MDF ci si riferisce alla “famiglia comunque composta purché intergenerazionale”

(8) Scuola estiva sulla transizione verso la decrescita a Torino (2015) dal titolo “Tra sostenibilità e sussistenza: ripensare il lavoro ripensando la città e il territorio”.

(9) Scuola estiva delle reti delle reti di giugno 2018 a Venaus Val Susa sul tema “Fare Comunità Oggi. Autonomia e Autogoverno”

(10) Il Movimento 5 Stelle ha vinto le elezioni politiche del 2018 e ha formato un governo di coalizione con il partito politico regionalista di destra Lega Nord. Tuttavia, a Fioramonti è stato assegnato solo l’incarico di viceministro dell’Istruzione, il che ha limitato la sua capacità di promuovere un’agenda per la decrescita (anche se ha comunque organizzato periodicamente dibattiti pubblici sul tema).