Green New Deal: una proposta di ecologia popolare

da | 5 Nov 2020

Un contributo di Riccardo Mastini (ricercatore in ecologia politica all’Università Autonoma di Barcellona)

In occasione del ciclo di webinar “Per una giustizia economica e sociale”, vi proponiamo il video della prima assemblea pubblica – organizzata dal Gruppo Tematico “Economia e Decrescita” di MDF in collaborazione con gli amici di Extinction Rebellion – dal titolo  “Green New Deal: una proposta di ecologia popolare”. Il video è accessibile a questo link:

https://bit.ly/3g59XIE

Qui di seguito una breve nota introduttiva:

Nel 2018 un nuovo approccio alla conversione ecologica è stato articolato negli Stati Uniti da un’alleanza fra movimenti ecologisti e progressisti. Si tratta del Green New Deal. Tale discorso esprime un netto rifiuto dell’approccio neoliberista nel fronteggiare la crisi ecologica e postula che quest’ultima è il risultato della deregolamentazione del mercato negli ultimi 30 anni. Ne consegue che l’aspirazione neoliberista di lasciar briglia sciolta al mercato si è rivelata distruttiva sia per il tessuto sociale che per l’ambiente naturale. Politicizzare l’emergenza climatica è quindi il primo passo per cominciare a prenderla sul serio.

Nel discorso del Green New Deal l’enfasi viene posta sulla necessità dell’intervento pubblico per la trasformazione delle infrastrutture energetiche e dei trasporti; per l’efficientamento e la decarbonizzazione di tutti i settori economici; e per aiutare i lavoratori a navigare questa transizione attraverso programmi di formazione e riqualificazione. Insomma, di uno “Stato imprenditore”. Ma i movimenti per la giustizia climatica d’oltreoceano affermano anche che il Green New Deal deve prevedere un’espansione del welfare per assicurare protezione sociale ed accesso ai servizi essenziali a tutti i cittadini in un tempo di profonda trasformazione economica e di più frequenti disastri ambientali.

Quando parliamo di decarbonizzare la nostra economia, tuttavia, non dobbiamo trascurare un aspetto fondamentale: meno energia una società utilizza, più facile è completare la transizione. Infatti, sebbene negli ultimi anni il tasso di installazione di impianti rinnovabili sia cresciuto, il loro contributo alla decarbonizzazione del sistema energetico è rimasto limitato in quanto consumiamo sempre più energia.

Decarbonizzare la nostra società significa molto di più che investire in energie rinnovabili. Significa innanzitutto diminuire il consumo di combustibili fossili e ciò risulta fattibile solo se riduciamo al contempo l’uso aggregato di energia.

Se poi allarghiamo lo sguardo e prendiamo in considerazione anche altri aspetti della crisi ecologica oltre alla dimensione climatica — l’estinzione di massa di specie animali, la cementificazione del territorio, l’esaurimento delle falde acquifere, l’inquinamento dell’aria e dei fiumi, etc. — risulta evidente che affinché il discorso del Green New Deal possa rappresentare una risposta adeguata allora è necessario che metta in discussione il nostro modello di sviluppo produttivista.

Vi è, infatti, nella comunità scientifica un consenso sempre più ampio sulla scarsità di prove empiriche a sostegno dell’esistenza di un disaccoppiamento fra crescita economica e pressioni ambientali in misura anche solo vicina a ciò che servirebbe per affrontare il collasso ecologico. Ma ancora più importante, sembra improbabile che tale disaccoppiamento si verifichi in futuro. Non è che gli aumenti dell’efficienza e lo sviluppo di nuove tecnologie non siano necessari, ma è irrealistico aspettarsi che possano scollegare in modo assoluto, globale, e permanente dalla sua base biofisica un metabolismo economico in costante crescita. Basarsi soltanto su questo per risolvere i problemi ambientali è estremamente rischioso e irresponsabile.

Quindi mentre il “capitalismo verde” pensa di poter affrontare solo con cambiamenti tecnologici la crisi ecologica, i movimenti per la giustizia climatica devono affermare con forza che la vera sfida è la riduzione dei consumi aggregati accompagnata da una ridistribuzione dei consumi fra classi sociali. Dobbiamo riorganizzare il modo in cui produciamo e consumiamo così da permettere a tutti di vivere dignitosamente utilizzando poche risorse, producendo pochi rifiuti, e garantendo l’inclusione lavorativa. Solo così il Green New Deal può diventare un autentico programma di emancipazione sociale e di giustizia ambientale, sia all’interno della nostra società che fra popoli.

Una proposta in tale direzione è quella recentemente articolata da Riccardo Mastini, Giorgos Kallis, e Jason Hickel sotto il nome di ‘Green New Deal without growth’.